Luca Guadagnino racconta We Are Who We Are: "la mia prima volta seriale è ermafrodita, bifronte e politica"

Dal casting degli attori alla ricerca dei set in Veneto fino alle feste del cast, Luca Guadagnino racconta i 94 giorni sul set di We Are Who We Are e si dice pronto al bis dopo il suo esordio seriale.

Autore: Elisa Giudici ,

È un'esperienza che davvero non consiglio: questo è il commento di Luca Guadagnino quando qualcuno suggerisce estasiato che tutti vorrebbero vivere su un set di un suo progetto. Anche se scherza sul suo sadismo di regista e su come abbia tenuto per una notte lo scrittore Paolo Giordano (co-sceneggiatore della serie) nel bel mezzo di un campo appena concimato durante le riprese di We Are Who We Are, risulta difficile credere al regista italiano più cosmopolita in attività.

Alla sua prima prova seriale Guadagnino ha riscosso un discreto successo di critica, ma soprattutto ha scaldato il cuore delle persone che hanno lavorato con lui sul set. Anche considerando l'atmosfera amichevole di una conferenza stampa, non sfugge la frequenza con cui ricorra l'appellativo di "genio" nei commenti degli attori della serie targata HBO e Sky, in attivo in Italia a partire dal 9 ottobre 2020

Alla presentazione italiana della serie ci sono proprio tutti: il regista italiano diventato una star internazionale grazie a Chiamami col tuo nome, gli sceneggiatori Paolo Giordano e Francesca Manieri, il produttore Lorenzo Mieli e gran parte del cast, a partire dei protagonisti adolescenti Jack Dylan Grazer e Jordan Kristine Seamón (al suo esordio). Tutti sono pronti a celebrare un successo collettivo che viene ricondotto innanzitutto al tocco di Luca Guadagnino. Eppure il regista di Io sono l'amore entra solo a cose fatte nel progetto.

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Infatti per lungo tempo We Are Who We Are è stato lo scritto "tracotante" di Giordano e Manieri (definizione loro), che hanno trovato da subito in Mieli una sponda interessata. Il produttore ha lottato per questa storia per anni, in attesa di trovare il momento giusto per realizzare una serie incentrata sulla trasformazione sessuale di una ragazza adolescente che sogna di essere un ragazzo. 

Il progetto aveva già una sua direzione precisa, ma con l'arrivo di Luca Guadagnino sembra aver assunto la sua dimensione finale.

Il tocco di Luca Guadagnino

È lui per esempio a pensare all'ambientazione in una base militare statunitense a Chioggia, un microcosmo ideale per raccontare una storia universale, un pezzo di America calato in una realtà italiana che i giovani accolgono, gli adulti un po' meno. È ancora lui, insieme alla responsabile del casting Carmen Cuba, a scovare tutta una serie di nomi che vanno a comporre un cast davvero non banale. A partire da Jack Dylan Grazer, per cui Guadagnino ha un'enorme stima: 

Jack riflette come una persona che è arrivata alla fine della sua vita, ha quel tipo di saggezza. Per me è uno dei migliori attori viventi.

Considerando che il giovane attore ha già dato ampia prova delle sue capacità nel cast di It, Shazam! e Beautiful Boy (al fianco di una scoperta guadagniniana come Timothée Chalamet) non deve stato poi così difficile per il regista individuarlo. Jordan Kristine Seamón invece è un'assoluta esordiente, scovata grazie a un video provino in cui recitava una scena tratta dal quinto episodio della serie. Impressionato dalla sua perspicacia nell'intuire le sfumature di quella scena, Guadagnino dichiara di aver considerato la scelta dell'attrice per il ruolo di Caitlin inevitabile: 

Il suo viso è così enigmatico, aperto e chiuso allo stesso tempo. Ha un grande ventaglio di emozioni possibili.

Abituato com'è a concedersi collaboratori che sono amici, il regista italiano non si è lasciato sfuggire l'occasione di chiamare al suo fianco due attrici che ammira da tempo come Chloë Sevigny e Alice Braga, scovando volti giovani e ancora non entrati nell'immaginario collettivo come quello di Francesca Scorsese, Tom Mercier e Spence Moore II.

Sky
Fraiser e Caitlin ascoltano la musica
Luca Guadagnino ha seguito tutto il processo di casting della serie

I tempi sono cambiati

Una volta messo insieme il cast, bisognava trovare la base militare in cui girare la serie. Ancora una volta l'intuizione giusta ce l'ha il regista: 

Abbiamo visitato la piccolissima base che si trova a Bagnoli di Sopra, tra Padova e Chioggia. Sin dal primo sopralluogo è sembrato evidente che quella sarebbe stata la nostro base, anche se poi sono passati mesi, milioni di euro e ore di lavoro di effetti speciali e scenografi per trasformarla in ciò che vediamo nella serie.

L'ambientazione ha poi richiesto un considerevole uso del dialetto locale, che Guadagnino liquida come una scelta obbligata, ottenuta grazie allo studio degli attori o al coinvolgimento della popolazione locale. Nonostante il gran lavoro di produzione e post produzione, il regista punta il dito ai cieli veneti, rimasti autentici,  così come sono. Si dice anzi affascinato dall'est italiano, commenta: "il Veneto praticamente è un'isola". Ci sarebbe molto da dire anche sul profilo politico, ma con un sorriso si astiene dall'andare oltre.

Non che Guadagnino sia mai stato timido, come prova la stessa We Are Who We Are. Ambientata nel 2006, la serie si svolge nel semestre della compagna elettorale statunitense che porta Donald Trump alla Casa Bianca. Una scelta temporale "ghiotta" e non casuale:

Per me per parlare di contemporaneità ci vuole una distanza minima. Quante volte vediamo film contemporanei che non hanno nulla a che vedere con le nostre vite quotidiane? La serie mostra come ogni personaggio ignora o reagisce all’elezione di Trump. Come dice Sarah: “i tempi sono cambiati, piacciono le decisioni forti”.

Fiducia ai giovani

Il risultato di tanti sforzi congiunti è una serie d'autore ibrida, che alterna il gusto episodico della serialità a quello intramontabile del cinema puro. Lo stesso realizzatore spiega di aver visto We Are Who We Are sia divisa in episodi sia come un unico film di 8 ore, trovando che funzionasse in entrambe le modalità. Non manca poi di sottolineare la sua fiducia nelle giovani generazioni: da produttore cinematografico con Frenesy ha sostenuto tanti progetti di firme giovanissime, ora da regista seriale mette in pausa la sua lunghissima collaborazione con il montatore Walter Fasano per dare una chance al collega Marco Costa, che di anni ne ha solo 26. 

Gli attori della serie, giovani e adulti, ripetono a più riprese di come Guadagnino li faccia sentire a loro agio sul set, di come sia attento al loro benessere pur lasciando ampio margine d'interpretazione dei loro ruoli. Lui scherza, rivela che le tante feste che si vedono nella serie sono state affiancate da altrettanti party tra i membri del cast più giovani. I giovani interpreti infatti ci hanno messo poco a formare una vera comitiva che mangiava tutti i giorni nello stesso ristorantino di Sottomarina, come un grande famiglia. 

Sky
Tutti i protagonisti in piedi durante l'inno americano
La serie è stata girata in una piccola base militare veneta rimessa a nuovo dalla produzione della serie e dagli effetti speciali

Sarà davvero così terribile stare su un set di Guadagnino? Il dubbio viene, considerando che il regista conferma che Timothée Chalamet e altri collaboratori del passato (Armie Hammer?) sono passati a trovarlo sul set e lui ha colto l'occasione per far fare loro qualche cameo, che invita il pubblico a scovare. Qualcuno su Twitter gli ha mostrato che Timothée era già stato individuato e lui non fa troppo mistero del fatto che non sia finita qui. Probabilmente quello che subisce di più "l'inferno del set" è proprio lui, che rispetto alle proprie intenzioni durante la lavorazione della serie commenta: 

Quando dirigi non hai molto tempo di ragionare sui massimi sistemi, ti devi confrontare con otto ore di lavorazione al giorno, con le esigenze del cast e della troupe. 

Considerando che raramente mantiene il riserbo su qualche aspetto dei propri progetti, qualcuno fa una domanda di rito: ci sarà una seconda stagione? Come previsto, Guadagnino non schiva il fendente, ma conferma convinto: a patto di rimettere insieme la strana famiglia riunita dal suo carisma, è pronto a continuare a raccontare la storia di Fraser e Caitlin. 

We Are Who We Are avrà una seconda stagione?

Secondo il regista Luca Guadagnino è possibile che venga realizzata una seconda stagione della serie. A patto di poter riunire tutti i protagonisti e la squadra tecnica della prima stagione, dal canto suo si dice pronto a dirigere anche la successiva.

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