Marrowbone, memoria e dolore: la recensione

Autore: Maico Morellini ,

Marrowbone. Ovvero midollo osseo. Il tessuto del corpo umano destinato, tra le altre cose, al sostentamento del nostro sistema immunitario. Produce linfociti - i globuli bianchi - ma il suo funzionamento è fondamentale anche per la produzione dei globuli rossi. Di più: è ricettacolo di cellule staminali multipotenti, quel tipo di cellule che possono trasformarsi in ciò che serve all'organismo. Il midollo osseo perciò, in più di qualche modo, è chiave di volta dell'adattabilità del nostro organismo, della sua capacità di cambiare e sopravvivere.

La storia raccontata da Sergio G. Sánchez nel suo Marrowbone è proprio questo: adattabilità, sopravvivenza ma anche sangue, malattia e memoria.

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Marrowbone Marrowbone Quattro fratelli hanno appena perso la madre. Dopo la sua morte, temono di essere separati e per proteggersi ed evitare che ciò accada decidono di nascondersi in una fattoria abbandonata. ... Apri scheda

I semi del male

È il 1969. L'anno dello sbarco della Luna. L'anno di "un piccolo passo per l'uomo, un grande passo per l'umanità". L'anno in cui Rose (Nicola Harrison) e i suoi quattro figli George, Charlie, Jane e Sam (interpretati in maniera convincente da George MacKay, Charlie Heaton, Mia Goth e Matthew Stagg) compiono il loro "grande passo" tornando in America per lasciarsi alle spalle le londinesi ombre oscure proiettate dal marito di Rose, un uomo violento i cui contorni neri verranno definiti con precisione solo più tardi.

Sono mesi felici. Mesi in cui Rose riprende il suo vecchio nome da nubile, Marrowbone, e lo cuce attorno ai figli. Un nome, quello della tenuta rurale in cui i cinque vivono, che è insieme rinascita e resilienza. Come il midollo osseo da cui prende il nome, la famiglia prova a ricostruirsi, crea nuovi anticorpi, permette a un sangue ossigenato e puro di scorrere riportando serenità dove prima c'erano terrore e sofferenza

Belén Atienza, Álvaro Augustín, Ghislain Barrois
Nicola Harrison, George MacKay, Charlie Heaton, Mia Goth e Matthew Stagg sono gli interpreti di Marrowbone

Ma Rose si ammala di un male che non lascia scampo. Si ammala e affida a George la cura dei fratelli. Affida al figlio maggiore la scatola che ha portato con sé dall'Inghilterra. Una scatola che sembra tramite e talismano, che attira il male ma che al tempo stesso lo tiene lontano. Passano altri sei mei e qualcuno raggiunge Marrowbone. Un'ombra dal passato, il male che germoglia tra i semi della malattia e il contenuto misterioso della scatola.

Specchi, fortezze e speranze

Da qui, dalla morte della madre e dall'arrivo dell'ombra trascorrono altri sei mesi. Ed ecco che Sergio G. Sánchez sfodera tutte le armi più classiche di quella che potrebbe sembrare la canonica ghost story da casa infestata. Marrowbone diventa un posto malevolo. La decadenza che fino a qualche tempo prima sembrava solo l'abito un po' sdrucito della rinascita adesso diventa minaccia. È minacciosa quella macchia sul soffitto che non se ne vuole andare. Sono minacciosi gli specchi coperti per tenere lontano il fantasma. Sono minacciosi i rumori in soffitta, spariti e poi tornati.

Belén Atienza, Álvaro Augustín, Ghislain Barrois
Mia Goth, Charlie Heaton e George MacKay interpretano Jane, Billy e George Marrowbone

Ma il midollo osseo resiste. Si rigenera. C'è armonia. E c'è speranza, una speranza incarnata dalla normalità. Una speranza che ha il volto di Allie (la regina degli scacchi Anya Taylor-Joy), che ha i colori argento della fotografia scattata in riva al mare dove i quattro fratelli erano, per una volta, felici. E c'è una possibilità di amore, di redenzione. L'opportunità di essere migliori. Sergio G. Sánchez gioca con i clichè anche quando imbastisce l'improbabile fortezza dei giovani Marrowbone. Un non-luogo, un locus amoenus ritagliato tra le ombre del locus horridus incarnato dall'inquieta tenuta in cui i ragazzi vivono. 

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Basterebbe setacciare il passato di Sergio G. Sánchez per scoprire che sua è la mano dietro la sceneggiatura del bello e terribile The Orphanage (2007), pellicola diretta da J. A. Bayona qui in veste di produttore. Basterebbe fare questo per capire che come Rose, anche Sergio G. Sánchez sembra non potersi allontanare dal suo passato, dai semi del male di quell'orfanotrofio. Non può, non vuole. E quindi gioca con lo spettatore il suo gioco terribile: di nuovo ombre, specchi, speranze.

Belén Atienza, Álvaro Augustín, Ghislain Barrois
Mia Goth, Matthew Stagg e Charlie Heaton interpretano i fratelli Marrowbone

Il ritorno dell'ombra

Marrowbone. Midollo osseo. L'oscurità torna, come una recidiva cancerosa. Come una metastasi del male che ha ucciso la povera Rose e che continua a infestare le viscere della casa. Torna scatenato dalla miscela di burocrazia e gelosia. Torna veicolato da Tom Porter (Kyle Soller), innamorato di Allie, avvocato ambizioso e poco prudente che si interessa troppo alle ombre del passato dei Marrowbone. Un Icaro che si avvicina troppo alla soffitta, che volo troppo vicino al sole nero.

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Sergio G. Sánchez ci seduce con una serie di domande: la fuga è un'opportunità? Si possono seminare le ombre o queste troveranno sempre la strada per tornare a tormentarci? il male può essere eluso o va affrontato in ogni sua forma per evitare che possa germogliare di nuovo? Il regista ci ha lusingato facendo nostra la felicità dei Marrowbone che vediamo sorridenti in quella foto luminosa ma adesso l'ombra presenta il suo terribile conto e l'illusione si frantuma. Come uno specchio spezzato, come lo specchio spezzato sulle scale di Marrowbone, la normalità si rivela menzogna e ogni frammento fratturato viene distillato in dolore e perdita.

Belén Atienza, Álvaro Augustín, Ghislain Barrois
Charlie Heaton interpreta Billy Marrowbone

È a questo punto che Sánchez rinuncia alla sua trama di inganni e ci spiega il perché di tutti quegli specchi coperti. Ci spiega il senso dei divieti che George imponeva ai suoi fratelli, ci racconta il perché di quella cicatrice sulla fronte del fratello maggiore, il motivo dei suoi mal di testa e l'essenza della maledizione che accompagnava la scatola portata da Rose da Londra. Una maledizione del tutto teorica perché il male non ha bisogno di un motivo per essere male: lo è, e basta.

Il palazzo della memoria 

Di nuovo Sánchez gioca con le ombre e con gli specchi, gioca una partita con e contro il sé stesso del 2007 e forse questo è uno dei pochi difetti del film: l'autocitazione. Se in The Orphange la rivelazione era catarsi e accettazione, qui il regista (e sceneggiatore) presta fede al nome Marrowbone. Al midollo osseo e alle sue capacità di adattamento. Memoria e ricordi sono come cellule staminali multipotenti. Possono adattarsi. Possono rigenerarsi ed essere trapiantate nel passato, sviluppandosi in felicità, accettazione e nella patinata menzogna di un presente che non può essere e che non può divenire.

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Ma è sbagliato? È davvero sbagliato cercare in tutti i modi la felicità? È sbagliato aggrapparsi a ciò che si aveva e che ci è stato tolto, a quelle ombre e quegli specchi che rendono il nostro presente luminoso come una fotografia scattata in riva al mare? Sánchez non può (non vuole?) rispondere. Non gli interessa e forse, alla fine, non dovrebbe interessare nemmeno a noi.

Belén Atienza, Álvaro Augustín, Ghislain Barrois
Allie è interpretata da Anya Taylor-Joy

La memoria di Marrowbone non è un luogo cristallizzato, immutabile e scolpito nel passato. La memoria di Marrowbone è ciò che scegliamo di essere, e di vedere. È una famiglia sfortunata che ha cercato di scappare dal male, che ha trovato una nuova felicità e che ha deciso in tutti i modi - a tutti i costi - di preservarla. Non c'è peccato in questa negazione. Non c'è codardia. C'è solo l'adattabilità alla vita, il desiderio di una normalità che si può ottenere solo con la menzogna perché la verità, quella vera, è semplicemente insostenibile. 

Marrowbone è un film perfetto? No, non lo è. A volte è troppo didascalico della sua interpretazione della casa infestata ma è un piccolo peccato che si perdona facilmente perché Marrowbone non è un film horror. Non nel senso classico del termine. È un film sull'orrore, su un orrore, fin troppo umano.

Commento

cpop.it

75

Sergio G. Sánchez non confeziona un film perfetto. A volte gioca troppo con i generi ma poi dimostra una sincerità che non può lasciare indifferenti. L'orrore nell'horror è sempre affascinante.

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