Quando le epidemie minacciano il mondo: da Survivors a The Passage

Autore: Chiara Poli ,

La fine del mondo è uno dei temi più gettonati di cinema, TV e, naturalmente, della letteratura.

Spesso, la sua causa si riconduce a un’epidemia che stermina - o trasforma - le persone in brevissimo tempo.

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Molti degli zombie movie e delle zombie series - da 28 giorni dopo a World War Z, da Contagious a #The Walking Dead - ci raccontano un mondo dominato dai morti viventi (o creature che in qualche modo ne rappresentano un’evoluzione).

La parte relativa all’epidemia, però, nelle serie e nei film a tema zombie viene normalmente liquidata in brevissimo tempo, o addirittura mai mostrata: le origini del virus che trasforma gli uomini in zombie restano quasi sempre un mistero e ci si concentra su aspetti diversi.

In attesa dell'arrivo di The Passage, dal 28 gennaio in prima assoluta su FOX, ricordiamo quali sono i principali film e serie TV che sullo scoppio dell’epidemia hanno costruito la loro storia, ma soprattutto le tematiche centrali nel racconto, esplorate da chi è sopravvissuto o lotta per fermare l'epidemia.

The Passage, The Strain, The Stand: horror, sci-fi e fantasy in TV

Alla base della storia di #The Passage c’è un’epidemia: quella che i medici e gli scienziati del Progetto Noah cercano di scongiurare, tramite una ricerca di laboratorio. La ricerca si basa sul sangue di un uomo che, secondo una leggenda peruviana, era un vampiro, un essere che aveva più di due secoli. E che si nutriva di sangue.

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Sintetizzando il suo sangue insieme ad altre sostanze, il Progetto Noah crea di fatto un virus, la cui diffusione - in maniera illusoria - sembra inizialmente essere controllata.

Ma, come sempre accade in questi casi, presto gli scienziati perdono il controllo della loro creazione…

La salvezza è nelle mani di una bambina indifesa, Amy (Saniyya Sidney), la ragazzina rimasta sola al mondo che quegli stessi scienziati avevano voluto catturare per i loro esperimenti. 

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Non serie TV vera e propria come The Passage, bensì miniserie è invece The Stand, trasposizione del romanzo-capolavoro di #Stephen King: L’ombra dello scorpione.

Adattata dallo stesso King per la regia di Mick Garris, la storia ruota attorno ai sopravvissuti all’influenza che ha decimato la popolazione mondiale, partendo da una cittadina del Maine.

L’aspetto soprannaturale del racconto si trova nel richiamo che porta i buoni a unirsi contro il misterioso Randall Flagg, personaggio che incarna tutto il male rimasto sulla Terra…

Inevitabilmente inferiore al romanzo, che resta una delle migliori opere prodotte da King, la miniserie presenta degli aspetti interessanti, concentrandosi sul modo in cui i sopravvissuti mettono da parte paure e timori per unirsi in nome della speranza. La speranza di un futuro per l’umanità.

L’esercito delle 12 scimmie, con Bruce Willis e Brad Pitt, ci portava invece in viaggio nel tempo da un futuro in cui ciò che rimane dell’umanità è costretta a vivere sottoterra: la popolazione mondiale è stata sterminata da un virus che James Cole (Willis) cerca di fermare tornando indietro nel tempo.

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Dal film è stata tratta anche una serie TV, prodotta per 4 stagioni visto l’apprezzamento del pubblico, per raccontare la storia dell’uomo inviato in viaggio nel tempo (interpretato stavolta da Aaron Stanford, Fear The Walking Dead) alla ricerca dell’origine del virus che avrebbe trasformato la Terra in una tomba. Suggestiva, ottimamente realizzata e ricca di colpi di scena, la serie è perfetta per gli appassionati del genere. Le ultime due stagioni sono ancora inedite in Italia.

Un’altra serie sci-fi, ispirata dall’omonimo fumetto francese, è Jeremiah. Creata da J. Michael Straczynski, già dietro le quinte di Babylon 5 e futuro creatore di Sense8, la serie è ambientata circa un decennio dopo che un virus ha cancellato dal pianeta tutti quelli che avevano superato l’adolescenza.

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Ora che i sopravvissuti sono cresciuti, uno di loro - Jeremiah (Luke Perry) si mette in cerca di un luogo misterioso di cui gli parlava sempre suo padre, chiamato Valhalla…

Fra scienza e mitologia, Jeremiah - prodotta per due stagioni - è ricca di risvolti interessanti, che mescolano fantasy e sci-fi.

Largo ai giovani

Come in Jeremiah, inserita per via dei suoi risvolti “speciali” nella sezione su fantasy, sci-fi e horror, anche in molte altre serie la storia ruota attorno allo sterminio, da parte di un virus, della popolazione adulta. 

The Tribe, co-produzione britannica e neozelandese rivolta al pubblico dei teenagers e rinnovata con successo per 5 stagioni a partire dal 1999, ha generato anche uno spinoff.

I protagonisti, circa sei mesi dopo lo sterminio degli adulti da parte di un virus, trovano rifugio presso un centro commerciale e danno vita a una comunità nota come Mall Rats (che dovrebbe suonare in modo vezzeggiativi, tip: i topolini rifugiati nel centro commerciale). Ma un'altra tribù di giovani sopravvissuti, i Locos, è convinta che tutto e tutti le appartengano. Rapisce chiunque venga trovato da solo e cerca di rubare ai Mall Rats ogni risorsa che hanno conquistato.

Mescolando fantascienza, teen drama e romance, The Tribe mette in evidenza come, di fronte a circostanze che lo richiedono, i ragazzini possano comportarsi e prendere decisioni in modo molto più maturo di quanto avrebbero fatto gli adulti al posto loro.

Lo spinoff, intitolato The New Tomorrow e prodotto per una sola stagione, si concentra su altre comunità di giovani sopravvissuti, che si scontrano per la loro idea di sopravvivenza e che, al contrario dei personaggi di The Tribe, vivono nelle foreste o nelle campagne, lontano dalle città.

The Tribe anticipava i temi che avrebbero fatto la fortuna della più recente Between. Nella serie, prodotta per due stagioni e creata da Michael McGowan (I misteri di Murdoch), assistiamo alle vicende dei ragazzi di una cittadina in cui un virus ha ucciso qualsiasi abitanti sopra i 22 anni.

Mentre cercano di capire cosa sia successo e di dare alla città una parvenza di organizzazione, i ragazzi scoprono che anche i sopravvissuti, appena compiuto il 22° anno d'età, muoiono all'istante.

La città viene messa in quarantena dall'esercito: nessuno può entrare o uscire. La serie ci racconta l'avvincente lotta contro il tempo dei più grandi, mentre i piccoli sono spaventati e le risorse di cibo e acqua iniziano a scarseggiare. Scopriremo che dietro al virus potrebbe esserci una ricerca di laboratorio, per un'arma mirata...

Dall’altra parte: ReGenesis e i suoi fratelli

Oltre ai film e alle serie che ci raccontano la fine del mondo causata da un’epidemia, ci sono anche quelli incentrati su chi, il rischio di quell’epidemia, lo combatte ogni giorno.

L’esempio televisivo più riuscito è certamente ReGenesis, serie canadese in 4 stagioni che ha per protagonisti i medici e gli scienziati di una task force con il compito di scongiurare epidemie mortali, arginare armi biologiche e ogni genere di esperimento che i terroristi o gli eserciti delle altre nazioni potrebbero usare come arma.

Helix, invece, va direttamente al cuore dell’organizzazione che si occupa di combattere tutti questi rischi: il CDC (la sede di Atlanta fa da ambientazione al finale della prima stagione di The Walking Dead, mentre Corey Stoll in #The Strain interpreta un ricercatore medico del CDC).

Del Centro per il Controllo delle Malattie (Center for Disease Control and Prevention, abbreviato in CDC) fanno parte i protagonisti della serie di Cameron Porsandeh, un gruppo di scienziati pronti a tutto per isolare il focolaio di un virus letale che si sta diffondendo in una base nell’artico (e il pensiero va subito a Fortitude, ma qui il tipo di epidemia è completamente diverso...).

La ricerca della verosimiglianza, senza l’aggiunta di elementi troppo distanti dalla nostra realtà, è la caratteristica principale di Helix, che si distingue per i risvolti interessanti che propone.

Anche i sopravvissuti di The Ship (2 stagioni, trasmesse in Italia da FOX) cercano una cura per il virus che ha spazzato via oltre l’ottanta percento della popolazione mondiale.

Si tratta dell’equipaggio di una nave della Marina degli Stati Uniti, con la delicata missione di salvare il mondo. O almeno ciò che ne resta.

Dramma e sopravvivenza

Il film con Matt Damon e Kate Winslet firmato da Steven Soderbergh nel 2011 e intitolato Contagion è indubbiamente una delle migliori pellicole tematiche mai realizzate.

La trama è tanto semplice quanto efficace: quando un’epidemia mortale inizia a diffondersi rapidamente, gli esperti del CDC cercano di arginare il contagio. A costo delle loro stesse vite.

Grazie all’attenzione per i dettagli e per l’aspetto medico-scientifico del racconto - non vi toccherete mai più il viso senza pensare a questo film - Contagion punta tutto sulla facilità con cui un morbo letale potrebbe arrivare ovunque, nell’epoca del villaggio globale, senza che le autorità preposte siano in grado di fermarlo.

Il film è una sorta di evoluzione, molto più verosimile e improntata alla denuncia delle falle nel sistema, di quella che per molti anni è stata un po’ la pellicola di riferimento per il genere.

Virus letale, con Dustin Hoffman, Morgan Freeman, Kevin Spacey e un giovanissimo Patrick Dempsey (fra le vittime) è incentrato sugli scienziati che lottano disperatamente contro una forma evoluta di ebola, che dall’Africa raggiunge anche gli Stati Uniti.

Datato 1995, il film suscitò molta impressione, scatenando il dibattito sui rischi del contagio dai Paesi esotici e presentando al grande pubblico anche la tematica animalista: la diffusione del virus è infatti legata al commercio illegale di adorabili scimmiette, poi liberate nei boschi statunitensi…

Anche l’interessante The Bay, firmato nel 2012 dal grande Barry Levinson (Rain Man), è improntato - in maniera molto più decisa rispetto a Virus Letale - alla denuncia: lo scoppio di un’epidemia in una cittadina del Maryland durante i festeggiamenti del 4 luglio mostra l’esito letale dell’inquinamento e, soprattutto, del mancato rispetto delle leggi sull’ambiente e sull’allevamento.

Trasformando i contagiati in macchine assassine, controllate dal virus che vuole contagiare ogni essere vivente che gli capiti a tiro. L'evoluzione dell'epidemia, dalla moria dei pesci ai primi sintomi, fino all'aspetto horror (ma nemmeno troppo) in cui la gente si uccide a vicenda, è inesorabile e mostrata come se fosse stata documentata da chi era presente.

Nell'era della multimedialità, le testimonianze dei sopravvissuti, dei medici, dei media e delle future vittime diventano lo strumento per mostrare l'orrore in tempo reale. Senza filtri, tranne quelli che la gente si autoimpone, rifiutandosi di credere a notizie così terrifficanti.

Prima che il riscaldamento globale divenisse attuale quant’è oggi, Levinson usava lo scoppio di un’epidemia per denunciare i rischi del mancato rispetto del pianeta. Rischi che, purtroppo, sappiamo essersi trasformati in realtà. Non attraverso epidemie mortali, però, almeno finora…

Ma il capolavoro del genere non l’abbiamo visto al cinema, bensì in TV. Ed è uno solo: Survivors - I Sopravvissuti, serie britannica del 1975 in cui solo l’uno percento dell’intera popolazione mondiale viene risparmiato da un’epidemia mortale. I sopravvissuti si cercano, si uniscono in comunità e provano a ricostruire una parvenza di società civile. 

Le stagioni sono 3, il successo è mondiale e arriva anche in Italia, dove la serie va in onda con grandi ascolti sulla RAI.

Nel 2008 BBC ne ha realizzato un remake, prodotto per due stagioni ma incapace di replicare il successo del grande classico di Terry Nation (Attenti a quei due, Doctor Who).

Anziché essere tratta da un romanzo, la serie originale di Nation ha compiuto il percorso inverso: l'autore ne ha tratto un romanzo, pubblicato con successo nel 1976.

Anche per I Sopravvissuti, il virus letale sfugge al controllo di un laboratorio. Fin dagli anni '70 (ma in letteratura, in particolare con il genere fantascientifico, da molto prima) ci viene detto che controllare elementi pericolosi, potenzialmente in grado di decimare gli abitanti del pianeta, è impossibile.

Lo dimostrano le moltissime produzioni a tema, come The Flu - Il contagio, La città verrà distrutta all'alba (il capolavoro di Romero degli anni '70, perdibile il remake).

Allo stesso modo, risulta molto difficile - se non impossibile - controllare le epidemie di malattie che si diffondono periodicamente in varie parti del mondo e che spesso, con in Contagion, sono molto più veloci di noi e dei nostri protocolli di sicurezza nel varcare i confini.

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