Relic: il significato dell'horror di Natalie E. James

Con Relic, la registra australiana Natalie Erika James offre allo spettatore un horror che va oltre la volontà di terrorizzare, indagando su una malattia insidiosa come l'Alzheimer e sul rapporto tra generazioni.

Autore: Giulia Vitellaro ,

Non è una novità che l’horror sia un genere dalle mille interpretazioni, spesso usato sul piano metaforico per parlare di problematiche sociali o psicologiche. È attraverso questo versatile strumento narrativo che il rifiuto del lutto si trasforma in una depressione innominabile dalle sembianze di un mostro, come in Babadook, o che il razzismo assuma le sembianze di una cordialissima e filantropica famiglia bianca americana, come in Get Out. 

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Sam, Kay ed Edna in un'immagine promozionale di Relict

Con Relict, la regista Natalie Erika James immerge lo spettatore in un tetro viaggio nella mente e nella memoria umana, riuscendo a girare un film che è terrificante e allo stesso tempo profondo.

La trama

Edna (Robyn Nevin), un’anziana e gentile vedova, scompare dalla propria casa per qualche giorno. Preoccupate, la figlia Kay (Emily Mortimer) e la nipote Sam (Bella Heathcote) si mettono in viaggio verso la sua casa di campagna, nel tentativo di capire cosa le sia successo. Si introducono in casa (la cui porta era chiusa dall’esterno) per trovare uno scenario particolare: alcuni punti della casa sono coperti da una strana muffa nera e buona parte dell’arredamento della casa è cosparso di post-it con dei piccoli promemoria scritti da Edna per se stessa.

La stessa sera le due donne continuano le ricerche; il vicino di cui Edna soleva occuparsi, il piccolo Jamie (un ragazzo affetto da sindrome di Down), confessa a Sam di non avere sue notizie, e di non andare a trovare la signora da un po’ di tempo, perché proibitogli dal padre. Kay e Sam tornano a casa scoraggiate, e decidono di dormire lì, ignorando il fatto che dalla soffitta e dai muri provengono rumori sinistri, e che la strana muffa nera inizia gradualmente a comparire in altri punti della casa.

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La casa in cui si svolge il film Relic, immersa nel verde e apparentemente innocua

La notte non scorre tranquilla: Kay si sveglia da un incubo con davanti una stramba visione: Edna è tornata. È sporca di fango ovunque e con un grande livido scuro in pieno petto, ma sembra perfettamente in grado di intendere e di volere, solo un po' spaesata. 

L'indomani mattina, davanti una Edna che sembra ignorare completamente l'evidenza, Kay inizia a pensare che per sua madre sia arrivato il momento di trasferirsi in una casa di riposo, e comunica alla figlia le proprie intenzioni, andando incontro al suo disappunto.

Non sono le uniche cose insolite ad accadere in quei giorni: Edna e Sam condividono un momento molto dolce tra nonna e nipote, in cui la donna regala alla ragazza un suo vecchio e prezioso anello. Tutto sembra tornare a posto e la ragazza è sempre più convinta che la nonna non sia in condizioni tragiche, e le propone di vivere insieme come alternativa alle cure della casa di riposo. Il giorno dopo deve già ricredersi: dopo che le due, immerse in un'atmosfera calma e rilassata, hanno ballato insieme, Edna vede l’anello sulla mano della nipote e ha uno scatto d’ira incredibile, accusandola di averlo rubato. Sam prova a ricordarle che è stata lei stessa a donarglielo, ma senza successo. 

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Sam nella camera della nonna

Dopo un altro scatto violento da parte della nonna, (caccia Kay da una stanza minacciandola con un coltello) Sam si reca a casa di Jamie (il bambino di cui Edna soleva occuparsi) per chiedere al padre, Alex, come mai abbia proibito al ragazzo di continuare a frequentare casa di Edna. A quanto pare, mentre giocavano a nascondino come loro solito, Edna aveva chiuso per errore Jamie nello sgabuzzino e se lo era dimenticato lì. Mentre Sam parla con Alex, Kay trova nel bosco Edna, intenta a divorare vecchie foto di famiglia. La donna, colta sul fatto, la morde e scappa a seppellire l’album nel bosco, giustificandosi col fatto che lì “sarà più al sicuro”, per poi scoppiare in lacrime in preda allo sconforto, cosciente di mancare della lucidità necessaria per continuare a vivere da sola.

Poco tempo dopo Sam scopre una sorta di passaggio segreto nello sgabuzzino che porta in una zona nascosta della casa (all’interno dei muri), ingombra di oggetti e post-it; man a mano che si addentra in uno strettissimo corridoio, si rende conto di non riuscire più a uscirne.

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Edna, dissociata, si rifiuta di mangiare di fronte a una tavola apparecchiata

Mentre Sam rimane a vagare per i sempre più inquietanti corridoi segreti, Edna sembra peggiorare repentinamente: dubita di Kay, si rifiuta di mangiare e non controlla più la propria vescica, tanto da avere un episodio di incontinenza. Durante un successivo necessario bagno, riesce a chiudersi a chiave chiudendo fuori Kay e lasciando scorrere l'acqua; lì inizia a scorticare il punto del petto dove prima si trovava il livido e in cui adesso si trovano solo dei lembi di pelle nera e putrefatta. L’acqua fuoriesce dalla vasca causando un cortocircuito. Tutta la casa, ora, è al buio. Edna, strisciando per terra, tenta di attaccare la figlia. Inizia un inseguimento dal ritmo serrato.

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Kay e Sam guardano in alto durante la fuga da Edna

Sam continua a farsi strada tra i corridoi nascosti e senza via d’uscita, il cui soffritto tende ad abbassarsi ad ogni passo, forzandola a procedere carponi. Kay nel mentre fugge da una Edna ormai fuori controllo, che accoltella se stessa furiosamente e contemporaneamente insegue la figlia sussurrando di non conoscerla. Mentre Kay fugge, Sam riesce a distruggere un muro consumato dalla muffa. Le due si ricongiungono, in fuga da una Edna ormai irriconoscibile: è sfigurata, putrefatta, e si contorce inseguendo con rabbia la figlia e la nipote. Raggiunge Sam, ma Kay riesce a colpirla.

Il finale

Continuando a putrefarsi, ormai inerme al suolo, Edna indica uno dei suoi post-it memento finito per terra: “Sono amata”. La muffa nei muri è scomparsa. Le due donne, sopravvissute, escono da casa con l’intento di scappare ma Kay, all’ultimo minuto, ci ripensa e rientra, raggiungendo Edna agonizzante. Lì, mette sua madre (a malapena cosciente) a letto, e la aiuta a liberarsi dei capelli, e a rimuovere pochi lembi di carne rimasti attaccati al suo corpo. La scena è spaventosa e dolcissima al tempo stesso. A poco a poco, lembo di pelle dopo lembo di pelle, sotto la superficie di Edna si rivela una sorta di piccolo cadavere completamente rinsecchito, inscurito, silenzioso, che respira a malapena. Kay bacia il capo della creatura e si sdraia nel letto insieme a lei e a Sam, che nel mentre le ha raggiunte.

Kay abbraccia Edna e Sam abbraccia Kay. L’incubo, in qualche modo, è finito. Questa potrebbe essere l’ultima scena del film, non fosse per un dettaglio: mentre Sam accarezza il collo della madre, nota sulla base della sua nuca un piccolo livido scuro.

Il significato del film e del suo finale

Sin dai primi momenti in cui la casa di Edna viene inquadrata, è ben chiaro che lì stia accadendo qualcosa di terribile. L'atmosfera dentro l'abitazione di campagna verte tra i grigi e i verdi, e tutti i fiochi accenni di colore e luce naturale sono visibili solo nei momenti in cui Edna è lucida e serena. Lì, seppellita tra i propri post-it, la donna sta combattendo una singolare battaglia contro il proprio corpo, alla ricerca costante della propria memoria perduta.

Chi è venuto a contatto con l'Alzheimer avrà sicuramente riconosciuto i sintomi di questa malattia già dalle prime inquadrature; non tanto i post-it (piccole dimenticanze sono comuni dopo una certa età), quanto gli scatti repentini d'umore, l'impressione che alcuni oggetti vengano rubati (come l'anello dato in dono a Sam), la graduale chiusura in se stessi

Relic, per stessa ammissione della regista, prima ancora di essere un horror psicologico è la storia di tre generazioni di donne che si ritrovano a dover combattere un male difficile da comprendere ed accettare, implacabile, silenzioso. 

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Edna (ormai un cadavere mummificato), Kay e Sam nell'ultima scena del film

Malgrado nelle ultime scene Edna sembri intenzionata a nuocere alla figlia e alla nipote, il cambiamento di cui lo spettatore è testimone è graduale. In alcuni momenti, Edna è sempre la solita: è preoccupata, scherza con la nipote. Non a caso, il momento in cui la vediamo più serena è quello in cui balla con Sam, uno dei pochi momenti in cui la luce della casa non è opprimente: la memoria motoria è la più complicata da intaccare ed è spesso usata nelle terapie contro la malattia. 

Ma presto Sam è costretta a confrontarsi con la verità, con la deperibilità della memoria della sua amata nonna, con l'ineluttabilità della malattia. I corridoi nascosti della casa, stretti, pieni di oggetti e post-it, ben rappresentano il disordine mentale di Edna; lì sono presenti oggetti e ricordi della sua vita, ma sono in ordine sparso, distribuiti in un labirinto senza soluzione di continuità, nel buio più completo, in un loop spaventoso da cui sembra quasi impossibile uscire.

Una malattia neurodegenerativa cambia il modo di agire esteriore di una persona: può sembrare che la Edna che Sam e Kay avevano conosciuto non esista più, e al suo posto si trovi un essere pieno di odio, confuso, assassino, con solo occasionali sprazzi di dolcezza e serenità. Ma non è così: lì, sotto la pelle putrefatta, si trova qualcosa di innominabile e fragile, innocente, spaventato. Edna.

Sotto la superficie, sotto la pelle in decomposizione di Edna (il "corpo" con cui combatte), si trova la sua anima, quella che non deve ricordarsi nulla ma che sa una cosa sola, quella scritta nell'ultimo post-it inquadrato: lei è amata.

Per stessa ammissione della regista, l'ispirazione per la trama horror di Relic viene direttamente dalla sua esperienza biografica:

"Relic" ha origine da un'esperienza molto personale: è stato ispirato da mia nonna e dalla sua strenua battaglia contro l'Alzheimer, oltre che alla sua relazione con mia madre. Come film di genere, ci sono un sacco di elementi che ho esagerato, ma la sceneggiatura per me viene sempre da una verità emotiva venutami dalle esperienze che ho avuto e le storie che le altre persone hanno voluto condividere con me. Credo sia impossibile non scrivere di cosa ritieni importante nella tua vita.

Per quanto riguarda invece la singolare ambientazione del film, anche quella ha più o meno la stessa origine: la casa in cui viveva la nonna di Natalie E. James, era infatti un'abitazione tradizionale giapponese inquietante e scura, in cui la regista ha passato molte estati da bambina e di cui ha sempre avuto molta paura. 

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Edna si guarda il livido scuro sul petto

Ma Relic non è soltanto un film che affronta attraverso i simboli il decorso di una malattia. È una riflessione sul rapporto con la morte in ambito familiare, sull'esperienza, tragica ma profonda, di ritrovarsi ad avere cura per chi ha avuto cura di noi in passato.

Ho riflettuto molto sul momento in cui devi affrontare l'idea della mortalità dei tuoi genitori, l'inversione del ruolo genitore-figlio. Quando inizi a pensarci, e realizzi la mortalità dei tuoi nonni, pensi automaticamente ai tuoi genitori e a che cosa andrai incontro, L'ho pensato come un horror esistenziale costruito su più livelli. Mia nonna ha avuto l'Alzheimer e questa esperienza mi ha turbata. Penso a quello che aspetta mia madre, forse anche a me. È qualcosa con cui convivere.

E proprio in queste parole della regista australiana si trova il senso dell'ultima scena di Relic, in cui Sam, abbracciata a Kay (che abbraccia a sua volta quella che un tempo sarebbe dovuta essere Edna) vede sul retro della nuca della madre una piccola macchiolina scura, come quelle della nonna. La prima, timida avvisaglia di un destino terribile e misterioso che forse potrebbe prendere sua madre come ha preso sua nonna. E la possibilità che anche a lei, un giorno, sia riservata la stessa faticosa e ineluttabile battaglia. L'ultimo fotogramma è la vetrata della porta d'ingresso della casa di Edna, su cui sta ricrescendo la misteriosa muffa nera. Un'ombra che incombe sulla casa e su tutta la famiglia, una minaccia e un triste presagio.

Relic è un film del 2020 diretto da Natalie Erika James con Emily Mortimer, Bella Heathcote e Robyn Nevin.

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