Il viaggio da favola, nei meandri delle sacche di sangue dell’ospedale C.U.R.E, si converte nella rottura brusca e inaspettata delle regole narrative per la rivelazione – molto prima del finale di stagione – dell’assassino mascherato da Green Meanie. In realtà lo svelamento è parziale, perché Green Meanie non è uno solo, ma per ora dobbiamo accontentarci di conoscere l’identità del primo.
L’iconoclastia di #Scream Queens era già nota, ma in questo episodio sfocia nella parodia grottesca.
Non si tratta più (solo) di rompere le regole, ma proprio di perdere qualunque linearità concettuale o morale. I personaggi di Scream Queens non sono esseri umani che incappano in ipotetiche trasformazioni o le respingono con coerenza: si tratta di fumetti, un po’ come Beep Beep che scappa da Willy il Coyote. Entrambi sono così, uno in fuga e l’altro inseguitore, senza condizioni, sfumature o redenzioni.
Willy il Coyote non può redimersi, non sarebbe Willy il Coyote. E lo stesso vale per #Chanel Oberlin, incarnazione simbolica della cultura pop dei grandi magazzini, degli abiti splendenti a basso costo (le Chanel sono vestite per lo più con outfit delle catene fast-fashion), dell’ironia nera, dello humor citazionista, del cinismo in rosa, di tutto ciò che è metatestuale.
Chanel è la prima a ragionare su sé stessa in quanto costrutto protagonista di un horror e, come aveva insegnato Wes Craven con Scream, il genere cinematografico (o televisivo) risponde a precise convenzioni: le ragazze bionde vengono uccise, il serial killer ha traumi irrisolti nel passato, la studentessa mora e intelligente si salva.

Proprio la padronanza del genere permette a Scream Queens 2 di giocare con gli ibridi senza smettere di replicare la propria formula. Ecco perché l’horror e il thriller scivolano nei rivoli dell’estetica pop, in una sorta di pornografia dei colori e degli oggetti, nella farsa più spinta.
L’episodio Un viaggio da favola mostra fondamentalmente due cose: la prima è che Scream Queens non rispetta nessuna regola (e nemmeno le non-regole) tanto che svela Green Meanie per caso, senza suspance, proprio mentre sta commettendo uno dei propri omicidi.
Nell’assenza di regole c’è anche la sacrificabilità dei personaggi: quando vediamo un thriller “sappiamo” (tranne casi particolari) che ci sono personaggi che non possono proprio morire, perché verrebbe meno il film stesso. Ecco, invece in Scream Queens nessuno è al sicuro.

La seconda è che la deriva parodistica ormai è preponderante rispetto al filo giallo da risolvere. Quanto pesa #Zayday, la studentessa-detective, nell’economia complessiva della storia? Quasi nulla. Quanto è stata invece politicamente scorretta, ferocemente farsesca e impressionante la “gara del sangue” promossa dall’infermiera #Ingrid Hoffel/Bean per portare a termine il suo disegno di vendetta contro le Chanel?
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A proposito di Ingrid, nel sesto episodio si scopre una carta importante: la donna non è altro che la sorella (molto poco somigliante) di Agatha Bean, la governante di Chanel uccisa (per sbaglio) nella prima stagione con una maschera di olio rovente. Ricordate il momento in cui le ragazze della confraternita bruciarono il volto della donna?
Il tema dell’episodio è il sangue, che trascina fluidamente le gag, le morti, le follie private dei vari psicotici e fa da ricettacolo di ambizioni, dedizioni e ossessioni.
Potremmo pensare che l’insistere sulle donazioni della “gara del sangue” sia un modo per sensibilizzare su un tema sanitario e sociale molto urgente: il bisogno di donatori negli ospedali, tanto che in alcuni punti le Chanel parlano anche dei gruppi sanguigni che sono più utili di altri, in quanto compatibili universalmente.
Ma Scream Queens 2, come Scream Queens 1, è davvero troppo cinico per portare pienamente messaggi di pubblicità progresso. Basti pensare a come finisce la vittima Chanel #9, già belonefobica: il concetto di quel tipo di morte è davvero terrificante anche per chi con gli aghi non ha mai avuto problemi.

In ogni caso, il fil rouge (e mai termine fu più appropriato) delle donazioni ematiche, che costituisce il motore di tutta la narrazione, si concentra sulla gara rossa delle Chanel per vincere il viaggio-premio (Chanel Oberlin è in vantaggio ma non sa che la meta è un posto terribile, dove Ingrid vuole spedirla apposta) oltre che sul caso medico di puntata, un ragazzo che vive e si comporta come se fosse un vampiro.
La farsa è ai massimi livelli, sublimati dal catfight tra Chanel e la #Munsch (che si contendono lo stesso uomo): il rallenty delle due donne che si picchiano e prendono per i capelli per il primato delle donazioni di sangue è davvero da B-movie cult. Il nonsense è ovunque e si travasa anche in #Hester, psicopatica assassina a cui il decano assegna il paziente-vampiro da curare: la mancanza di verosimiglianza costituisce il paradosso su cui si fonda la sregolatezza colorata e insanguinata di Scream Queens.

Seguendo una logica assolutamente “red-deviliana” Hester, per far passare la sindrome del vampiro al proprio paziente, pensa di provocargli una crisi di rigetto di sangue confezionandogli muffin, torte e dolcetti a base ematica.

Il filone Red Devil-vampiro è forse la sottotrama più divertente dell’episodio: a contraltarla ci pensa Zayday con le sue indagini più sobrie e lo strano rapporto con lo strano Chamberlain, mentre l’assassino è pronto a rivelarsi a Ingrid.
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In modo assolutamente surreale, il “dottore morto” #Cassidy Cascade – che sta infierendo in maniera atroce sulla povera Chanel #9 – racconta la propria identità e i propri intenti a Ingrid, che invece di giudicarlo in modo negativo pensa di canalizzare questa furia omicida nel proprio progetto personale.Ed è proprio qui che la vicenda sfocia nella parodia totale, perché Ingrid (che è sempre la Kirstie Alley di Senti chi parla, non dimentichiamolo) acquista un costume da Green Meanie e comincia a operare insieme al giovane medico (che è sempre il licantropo di Twilight, non dimentichiamolo).

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