Colazioni, taxi e storie d'amore: le serie e il film a New York prima dell’11 settembre

Sembra quasi impossibile, ma è esistita un’epoca prima dell’11 settembre, in cui non solo si portava lo shampoo in volo ma si conosceva una New York antecedente alla paura. Ecco i film e le serie che l'hanno raccontata prima degli attentati.

Autore: Alice Grisa ,

C’era una volta New York.

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Era una New York nevrotica, naïfe e (dis)incantata quella che il cinema e le serie TV avevano raccontato prima che gli attentati dell’11 settembre 2001 colpissero non solo il cuore degli Stati Uniti, ma anche dell'intera cultura occidentale.

Un enorme conglomerato e melting pot, una metropoli chic e modaiola, un terreno fertile per intellettualismi e nuove letterature, una superficie sfavillante con un sottobosco criminale, un insieme di parchi e ristoranti, un simbolo dell’Occidente popolato da mafiosi, alieni o fantasmi: prima dell'11 settembre, New York era stata raccontata in tanti modi.

E, se è vero che qualche volta la realtà supera la fantasia, in questo caso nessuno avrebbe mai immaginato quello che sarebbe successo al World Trade Center in una mattina come tante.

E quello che è successo è troppo forte per essere raccontato senza perplessità. Ci hanno provato in tanti, ci ha provato Sean Penn nel suo capitolo del film corale 11 settembre 2001, con un'allegoria che ha scelto il paradosso per raccontare l’attacco fatale al World Trade Center: un giorno, un anziano si accorge che un improvviso sole illumina le piantine sul suo davanzale.

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Molti non lo ricordano ma c’era un “prima dell’11 settembre”, esisteva una città ancora intatta (almeno rispetto agli attacchi esterni) che è stata raccontata dal cinema o dalle serie TV sotto forma di tante chiavi di lettura e tanti generi.

In occasione del triste anniversario, facciamo un salto indietro e proviamo a ricordare la Grande Mela prima di Al-Qaeda e i film che l’hanno scolpita nell’immaginario e nelle generazioni negli ultimi decenni

Giphy
New York in GIF
New York tra splendori e nostalgie
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Gli anni ’90: i libri di C’è posta per te, le tazze di caffè di Friends e i flirt di Sex and the City.

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I Millennial nostalgici ricordano la New York anni ’90 raccontata da Friends e dalle grandi storie d’amore.

La città era immensa, colorata, possibilista, un buffet gigantesco di umanità, cibo e humor pre-social.

C’era spazio un po’ per tutti: per gli amanti inconsapevoli (e grandi scrittori di mail) di C'è posta per te (1998), Kathleen Kelly e Joe Fox, rivali nella vita professionale e anime gemelle online. È tra deliziosi locali, cespugli di fiori, scaffali di libri e posta elettronica che si sviluppa la loro storia d’amore.

Brinkley è il mio cane. Noi amiamo le strade di New York. Anche se a lui, il cibo, piace trovarlo sui marciapiedi. […] Non adori New York in autunno? Mi fa venir voglia di comprare roba per la scuola!

E proprio i locali e le strade sono una minuscola fetta di quella enorme e maestosa torta che è ed è stato #Sex and the City (1998-2004) per le donne e gli uomini che hanno deciso di "saltare nel nuovo millennio" insieme alle quattro single 30enni.

Trasgressiva, poetica, scintillante, chiaroscurale e introspettiva, la New York pre-11 settembre per Carrie e le altre è il porto sicuro che (apparentemente) nessuna relazione sentimentale riesce a conquistare: la certezza, la bellezza e anche la pace, una pace fragorosa che scorre tra ristoranti, brunch, feste, eventi, cocktail, club, party a un ritmo sfrenato. 

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New York è la città dei sogni e del postfemminismo: una donna può usare il forno come armadio per le clutch senza sentirsi inadeguata e può sperimentare sessualmente senza sentirsi addosso la lettera scarlatta. 

Benvenuti nell'era dell'anti-innocenza, nessuno fa colazione da Tiffany e nessuno ha storie da ricordare. Facciamo colazione alle 7 e abbiamo storie che cerchiamo di dimenticare il più in fretta possibile. L'autoconservazione e concludere affari hanno priorità assoluta... Cupido ha preso il volo dal condominio. Come ci siamo finite in questo pasticcio?

#Friends (1994-2004) invece, sit-com da interni, contestualizza le esilaranti gag di Monica, Rachel, Ross e gli altri rimanendo cornice onnipresente e discreta: New York è un set potente che però si trova sempre fuori dalla porta (o dagli alti finestroni di Monica) e stimola l’immaginazione su quello che di potente e reale c’è fuori dal palazzo dove abitano i protagonisti o dalla porta del Central Perk.

La città c’è, è silenziosa e assordante: è il contesto dove Rachel conquista una carriera nella moda e dove Joey colleziona provini.

Tripadvisor
Il palazzo di Friends dall'esterno
L'iconico palazzo di Friends visto dall'esterno

Paese dei balocchi spettacolare e tentacolare (con tanto di voltafaccia pericoloso) è la New York anni '90 dove si perde Kevin di Mamma ho riperso l'aereo (1992): l'hotel di lusso, l'enorme albero di Natale in Rockefeller Center e il negozio di giocattoli Duncan sono i centri d'interesse di un bambino smarrito in una grande città e che, dopo i primi giri nella metropoli incantata, dovrà difendere proprio gli incassi Duncan dai soliti malviventi.

E, attenzione, baby Kevin incontra anche Donald Trump.

Poi c’è un’altra New York, più oscura e sanguinosa: quella di American Psycho (2000), la storia (tratta dal romanzo di Bret Easton Ellis) di uno yuppie che di Manhattan ha fatto il proprio stile di vita e che non riesce a non scivolare nel proprio lato “Mr. Hyde”, quello del violento e brutale killer.

Abito all'American Gardens Building, sull'81a West, 11o piano. Mi chiamo Patrick Bateman, ho 27 anni. Credo fortemente nella cura della persona, in una dieta bilanciata, nel rigoroso e quotidiano esercizio fisico. La mattina noto in genere un certo gonfiore intorno agli occhi, mi applico un impacco di ghiaccio e passo agli esercizi di stretching; ne conosco un migliaio.

Gli anni ’80: Harry e Sally, i gangster e Madonna

La New York anni ’80 è l’espressione forte e sgargiante del reaganesimo che ha incontrato il famoso spot dell’uomo denim.

La cultura è chiassosa, l’individualismo imperante e non mancano, incastonati tra le strade e i grattacieli, sprazzi violenti e arroganti di “superomismo”.

La New York del cinema e delle serie anni ’80 è pop, anche quando racconta i chiaroscuri e le storie finite male. È la metropoli che fa amare e odiare Harry e Sally, confusi tra amicizia e amore. La coppia è protagonista di Harry ti presento Sally (1988).

Con la storia della mia vita non usciamo neanche da Chicago, mica mi è successo niente finora! Ecco perché vado a New York.

Columbia Pictures
Harry ti presento Sally a New York
Harry e Sally in giro per New York

New York è un simbolo granitico, quello dove scorrono i fiumi di soldi di Wall Street (1987) - quando le operazioni di Borsa avvenivano con il telefono che squillava continuamente - e quello attaccato dall’ectoplasma e salvato dai Ghostbusters (1984).

New York è leggera come una nuvola di zucchero filato e in Who’s That Girl (1987) racconta la storia di Nikki, interpretata da una già iconica Madonna con la chioma vaporosa e platinata.

Poi c’è la New York “proscenica” di Tootsie (1982), commedia brillante e fuori dagli schemi che presenta un inedito Dustin Hoffman nei panni di… Dorothy.

Mirage
Una scena di Tootsie
La Manhattan di Tootsie

E poi non possiamo dimenticare la New York assordante, delicata e poetica di C’era una volta in America (1984), quella della storia di Noodles che attraversa il pre e post-proibizionismo a colpi di oppio e nostalgie.

- Cosa hai fatto tutti questi anni?
- Sono andato a letto presto.

C’è il ponte di Manhattan, il quartiere Dumbo, i locali, le strade dove è stata scritta e immaginata una storia potente.

La New York anni ’80 è allo stesso tempo epica, forte, roboante e irruenta.

Gli anni ’70: Woody Allen, il postmoderno, il crimine e la febbre

Nella storia del cinema gli anni ’70 coincidono con l’esplosione del postmoderno, la presa di consapevolezza dei registi che “l’immagine pura” non esiste ma tutto è già stato fotografato, ripreso, mostrato, filmato.

E Woody Allen, con il proprio marchio ironico che non cela un pessimismo cosmico ineluttabile, racconta quella New York dei sogni spezzati, delle frustrazioni e delle disillusioni, ma sempre oggetto di un amore totale e indefinibile.

Allen racconta New York come involucro di cinema che guarda altro cinema e non fa che ripiegarsi su sé stesso, spettri teledipendenti, schiere di ansiosi e nevrotici, storie d’amore che non vogliono e non possono decollare, psicoanalisti, ipocondria, battute taglienti. È una New York bellissima e straziante quella di Woody Allen, che in Io e Annie (1977) racconta a cuore aperto il fallimento inesorabile della ricerca della felicità.

Alvy, tu sei incapace di godere la vita. Lo sai questo? La tua vita è il centro di New York: sei quel tipo di persona... sei come un'isola... sei autosufficiente...

United Artists
Una scena di Io e Annie
La New York anni '70 in Io e Annie

Ebreo e newyorchese in modo profondo, Allen ha passato la propria carriera a raccontare la Grande Mela, una metropoli parallela, immaginaria e filosofica, dove il tempo scorre portandosi via in modo crudele tutte le illusioni.

Grande capolavoro newyorchese di Woody Allen è Manhattan (1979), ricordato per la passeggiata più romantica della Grande Mela che sfocia in un'attesa dell'alba sulla panchina.

Ma gli anni ’70, travolgenti e impegnati, non hanno portato solo lucide analisi esistenziali sulla città di New York. Ci sono state anche storie forti e indimenticabili come Il Padrino (1972), capolavoro di Francis Ford Coppola che racconta la New York della mafia, della criminalità con i codici d’onore e degli omicidi di una volta. La metropoli è gigantesca e non fa altro che inglobare qualunque cosa, fagocitare immigrati, etnie, storie, sottoculture e realtà, tante diverse realtà suburbane.

Martin Scorsese invece ha regalato la New York di Taxi Driver (1976) ai posteri, quella realtà lunare (eternamente lunare) con un’oscurità che non svanisce mai e la discesa agli inferi di un uomo alla ricerca disperata di una redenzione.

Poi gli anni ’70 hanno raccontato la New York febbrile e musicale de La febbre del sabato sera (1977), che lanciò John Travolta e il suo completo bianco nel ruolo iconico di Tony Manero. La sua New York è quella delle pailettes, delle sfere da discoteca e della disco-music, quella scatenata e festaiola, musicale e ruggente.

- Io sto crescendo, sto crescendo. Tu non hai neppure idea di quanto sto crescendo!
- Mettiti le scarpe basse!

Gli anni ’60: Croissant da Tiffany, parchi e appartamenti

Gli anni ’60 nel cinema che parla di New York possono considerarsi una cerniera tra l’epoca d’oro dei classicissimi ’50 e una nuova modernità fremente.

Ecco perché gli anni ’60 insistono sulla semiotica delle geometrie, dei colori pastello e di un’estetica indimenticabile ma anche sulle storie di inadeguatezza, di cambiamento e di ribellione.

Intanto il cittadino (come lo spettatore) inizia a prendere consapevolezza di un imponente spazio urbano e a contesualizzarlo in chiave di appartamenti, locali e negozi.

La vicenda più iconica è quella di Colazione da Tiffany (1961).

Holly, un’Audrey Heburn in tubino o camicia da uomo che ha chiamato il suo gatto Gatto, ama far colazione da Tiffany, guardare le vetrine e sognare che tutta la propria vita inizi a scintillare. Ma i diamanti non sono sempre i migliori amici delle donne e la fuga esasperata da sé stessi non è detto che porti alla salvezza.

Holly lo capirà sotto la pioggia, grazie alla conoscenza con lo scrittore Paul. New York scorre bellissima e patinata nel film: c’è anche una scena alla imponente New York Public Library, la biblioteca più grande del mondo che esprime ancora una volta la letterarietà di una città così profondamente artistica.

Non ricordo di aver mai bevuto champagne di prima mattina. Con la prima colazione in molte occasioni. Ma mai prima della prima.

Un’altra storia è quelle dei neosposi Paul e Corie (Robert Redford e Jane Fonda), che devono condividere gioie e dolori in un piccolo appartamento della Grande Mela, un grattacielo senza acqua calda e ascensore. Tratto dalla pièce teatrale di Neil Simon, A piedi nudi nel parco (1967) vanta un finale poetico e indimenticabile nel Washington Square Park, al centro del Greenwich Village. 

Mi sento come se fossi morta e andata in cielo. Solo che ho dovuto arrampicarmici.

Paramount
La scena finale di A piedi nudi nel parco
La passeggiata di Redford nel parco

New York è anche il set de L’appartamento (1960) di Billy Wilder, una storia di grettezze e di ribellioni che ruota intorno a pochi locali ma che ricostruisce la città come agglomerato di opportunismi e miserie umane. La vicenda si sviluppa intorno a un appartamento ambito e alle dinamiche delle gerarchie negli ambienti di lavoro.

E Hello Dolly (1969)? Il film di Gene Kelly è una brillante commedia musicale che racconta di una vedova e sensale di matrimoni nella New York City di fine 1800 alla ricerca dell'amore.

Quali sono i vostri film e le vostre serie newyorchesi del cuore?

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