Il filone carcerario, in letteratura e al cinema, ci ha regalato capolavori immortali. Perché è uno dei generi più sfruttati, perché indaga la natura umana rinchiusa dietro le sbarre - giustamente o ingiustamente - e perché racconta il mondo in ogni epoca.
Dalle opere di Oscar Wilde, Nelson Mandela, Antonio Gramsci, Tommaso Campanella e Alexandre Dumas, fra realtà e finzione, in tutti i periodi storici, ai capolavori cinematografici come Fuga da Alcatraz, Papillon, Le ali della libertà, Fuga di mezzanotte, ancora una volta fra realtà e invenzione e attraverso il nostro tempo e quello passato.
Le molte declinazioni del genere carcerario, dalla claustrofobia di una cella all'ingiustizia di chi è stato imprigionato ingiustamente, alla pena di morte (due titoli da recuperare: Dead Man Walking e The Life of David Gale) e naturalmente all'avventura dell'evasione, hanno offerto ad autori, lettori e spettatori tutti i punti di vista possibili.
Abbiamo avuto modo di vedere grandissimi attori recitare nei panni di carcerati rinchiusi nel braccio della morte, raccontare le (tante) storie vere di personalità ingiustamente imprigionate, mostrarci con sapienza in che modo la prigione fisica potesse diventare la prigione mentale della follia.
Ma l'arrivo di #Prison Break, nel 2005, ha cambiato le cose: raccontava la storia di un uomo innocente che si faceva arrestare per finire in carcere... Allo scopo di salvare la vita del fratello, ingiustamente condannato a morte.
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L'elemento vincente: Michael Scofield
Realizzare una serie carceraria dopo il capolavoro di Tom Fontana, Oz, la serie HBO che resta il caposaldo del genere sul piccolo schermo, non era impresa da poco.
Bisognava trovare il modo di distaccarsi dal Paradiso - così era chiamato il braccio sperimentale che faceva da ambientazione a Oz - e raccontare una storia che, nonostante Fontana avesse già detto tutto e nel migliore dei modi, catturasse l'attenzione del pubblico.
Puntare sul lato avventuroso del genere, con il tema dell'evasione, era già una scelta precisa. Ma bisognava anche metterci qualcosa di più. E quel qualcosa si chiamava Michael Scofield.
Il personaggio interpretato da Wentworth Miller è un ingegnere che ha un piano molto preciso: farsi arrestare e mettere in prigione, nello stesso carcere in cui è rinchiuso suo fratello, Lincoln Burrows (Dominic Purcell), in attesa di esecuzione nel braccio della morte per un crimine che, ovviamente, non ha commesso.
La premessa di Prison Break, quindi, è l'aspirazione al carcere. Un'aspirazione volontaria. Michael Scofield, appena lo conosciamo, ci sembra un pazzo. Episodio dopo episodio, però, la sua intelligenza ma soprattutto la sua attentissima pianificazione di ogni dettaglio, uniti al coraggio che lo mostra pronto a fare qualsiasi cosa per Lincoln, Michael ci conquista. E fa la differenza fra Prison Break e qualsiasi altra storia carceraria che avevamo già conosciuto e amato.
L'orrore del carcere
Mentre ci racconta un'avventurosa storia di evasione, Prison Break non si risparmia un atto di denuncia sulla violenza, la corruzione e le bugie da cui dipendono le vite dei carcerati. Dentro ma anche fuori dalla prigione di Fox River, carcere immaginario ideato appositamente per la serie.
L'azione resta il tema dominante ma, fra un colpo di scena e l'altro, Prison Break spinge lo spettatore a riflettere su una realtà scomoda di cui pochi vogliono occuparsi. Una realtà vista attraverso gli occhi di un protagonista che sì, certo, è un pazzo che si fa rinchiudere volontariamente, ma è anche un eroe pronto a rischiare la vita per salvare quella delle persone che ama.
Nata da un’idea di Paul Scheuring nel 2005, Prison Break è stata girata fra il l’Illinois - dove il set principale era costruito su ciò che restava dell'antica prigione di Joliet - il Texas e il Canada.
L'orrore del carcere riecheggia in tutte le sequenze realizzate all'interno di Joliet dove, fra gli altri, era stato rinchiuso il serial killer John Wayne Gacy. Le riprese di Prison Break hanno visto la luce anche nella sua cella, la stessa cella in cui Gacy aveva dipinto la maggior parte dei suoi discussi ritratti di clown (nella realtà usava il travestimento da clown per avvicinare le sue giovani vittime).
L'inizio della storia e i sequel
Fox Broadcasting Company, la compagnia che firmava la produzione della serie, inizialmente aveva pensato di raccontare la storia ideata da Paul Scheuring con una miniserie costituita al massimo da 8 o 10 episodi.
Data la natura limitata della storia - un uomo che si fa incarcerare per far evadere il fratello - il timore dei produttori era che i passaggi narrativi potessero essere limitati, nemmeno sufficienti per una stagione tradizionale di 22-24 episodi.
Si sbagliavano, anche se - e questo va detto - la prima stagione di Prison Break è un gioiello televisivo che si pone svariati gradini sopra le successive. Il motivo per cui, nonostante una terza stagione piuttosto discutibile e una quarta francamente inguardabile, Prison Break ha avuto un seguito (tanto da essere ripresa dopo molto tempo) è uno solo. Lo stesso motivo per cui è diventata un cult con la stagione 1: Michael Scofield.
Affezionandosi ai personaggi, il pubblico era disposto a passare sopra a una sceneggiatura a corto d'idee nel corso degli anni pur di continuare a seguire i propri beniamini.
Così, Wentworth Miller si sottoponeva a sedute di trucco della durata di molte ore - 5 in media - per riprodurre i complessi tatuaggi esibiti dal suo personaggio quando si trovavano al centro della trama e Stacy Keach (ex star del cult TV: Mike Hammer), per prepararsi adeguatamente al ruolo del direttore di Fox River, ha passato sei mesi negli uffici di una prigione britannica, affiancando il direttore nell sue mansioni quotidiane.
L'inizio di Prison Break ha richiesto un grandissimo lavoro di preparazione che è stato ampiamente premiato dal pubblico: su IMDb, la prima stagione di Prison Break ha una media di voti vicina al 9 (su 10).
Ecco perché, ora che è disponibile anche su Netflix, merita di essere recuperata. Per il suo protagonista, per gli altri personaggi, per la tensione e l'avventura...
E per una curiosità (che metto nascosta per chi ancora non avesse visto la serie):
il personaggio e la storia di D.B. Cooper, ovvero il presunto nome vero del personaggio di Charles Westmoreland, interpretato da Muse Watson, sono stati ispirati da un fatto realmente accaduto. All'inizio degli anni '70, un uomo era riuscito a lanciarsi da un aereo portando con sé oltre 200.000 dollari, cifra davvero considerevole per l'epoca, dopo aver dirottato il volo e sottratto la cifra. L'uomo non è mai stato catturato e il suo nome è sempre rimasto un mistero.
Questo e molti altri fatti interessanti aspettano chi vorrà (ri)vedere l'inizio della storia di Prison Break.
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