C'era una volta a Hollywood sta a Quentin Tarantino come Ryan Murphy sta a Hollywood. Potrei chiudere qua la recensione di #Hollywood perché il concetto è lo stesso, ma con qualche litro di sangue in meno. Murphy ha infatti preso il cinema degli anni 50-60 (o almeno lo spirito è quello) e ha costruito una storia all'ombra della celebre scritta che si trova sul Monte Lee, miscelando realtà e fantasia. Una specie di What If che abbatte qualsiasi tipo di barriera in favore del sogno hollywodiano costruito però sulle ossa dei tanti che non ce l'hanno fatta.
C'era una volta a... Dreamland
Visto che si è sentito chiamato in causa, in questa recensione c'è il mio senso critico che per l'occasione veste i panni di Quentin Tarantino.
La serie TV è ambientata a Hollywood, ve lo spoilero subito così state tranquilli. È una Hollywood fittizia, colorata, messa in piedi da una regia quasi coreografica che inizia mostrando la vita di Jack Castello (David Corenswet) un ex soldato che finita la guerra ha deciso di seguire il sogno di diventare attore. Così, insieme alla moglie incinta, prende e si trasferisce a Hollywood.
Diventare attore però non è facile come sembra e Jack ha bisogno di soldi per arrivare alla fine del mese. Convinto da Ernie (Dylan McDermott), un tizio che incontra in un bar, decide di andare a lavorare nel suo distributore. Qui però scopre che il distributore è solo l'attività di facciata di un giro di prostituzione in cui i bei benzinai sono chiamati a soddisfare i desideri più reconditi dei numerosi clienti che oltre al pieno chiedono di raggiungere Dreamland.
Nonostante la riluttanza iniziale Jack accetta e una volta salito in auto della prima cliente "gli parte un colpo e gli spiattella il cervello sul lunotto posteriore!"...no Quentin, stai buono, non c'è bisogno. Dunque dicevo, il ragazzo accetta di seguire la sua prima cliente che si rivela essere Avis Amberg (la bravissima Patti LuPone), donna annoiata, madre delusa, attrice dell'ormai decaduto cinema muto ma soprattutto, moglie del magnate dietro la Ace Production, una delle case di produzioni più grandi del panorama cinematografico della serie.
Questa è più o meno la trama della prima puntata, quasi tutta incentrata su Jack che con il tempo però lascia spazio ai numerosi personaggi della serie passando da un racconto in prima persona ad una storia corale. Una storia in cui la meritocrazia è un'utopia e tutto lo star system va avanti tramite conoscenze, ricatti, inganni e soprattutto sesso.
La libertà di essere ed esprimersi passa dal sesso
È il sesso infatti ad oliare non i meccanismi della Hollywood di Ryan Murphy. Ogni tipo di rapporto tra i personaggi, da quello di lavoro a quello affettivo, viene regolato con il sesso: Archie Coleman (Jeremy Pope) è un giovane sceneggiatore gay che viene coinvolto nel giro di prostituzione da Jack; Rock Hudson (Jake Picking) è un attore di cui abusa sessualmente il suo agente Henry Wilson (uno spregevole e cattivissimo Jim "Sheldon" Parsons); "Brad Pitt è un soldato americano incazzato che picchia i nazisti!"...ehm, no Quentin, davvero non c'è bisogno.
Dick Samuels (Joe Mantello) una delle figure di potere della Ace Production e un altro personaggio che vive un rapporto difficilissimo con la sua sessualità. Dick infatti è perfettamente consapevole della società perbenista in cui si trova e dove l'omosessualità è un mostro da schiacciare e nascondere, fosse anche sotto il tappetto rosso degli oscar. Proprio per questo motivo castra i suoi istinti e vive quasi in solitudine, nonostante il grande affetto provato per lui dalla collega e amica Ellen Kincaid (l'eccezionale Holland Taylor, la vicina "Ida" di Mr. Mercedes).
Insieme al discorso sul sesso, Hollywood porta avanti anche il discorso sulla razza presentando un universo per niente dissimile dalla realtà dove persone con la pelle nera o gialla non sono ben accette (sapevate che in oltre novant'anni di Oscar i candidati di colore ad aver vinto una statuetta sono solo una ventina?). A farsi simbolo di questa realtà è Camille Washintgon (Laura Harrier) che decide di mettersi in lizza per diventare la protagonista del film attorno a cui ruota tutta la serie: Peg, una pellicola basata sulla storia vera di Peg Entwistle, l'attrice delusa da Hollywood che si è suicidata lanciandosi proprio dalla cima della H della famosa scritta.
L'inizio di quello che sarà
Hollywood è quindi una corsa continua che vede tutti questi personaggi sfidarsi per raggiungere un obiettivo comune, coronare il sogno. Proprio come nella sigla in cui si vedono tutti i protagonisti arrampicarsi sulla scritta Hollywood per raggiungere per primi la cima di quello che sarà l'inizio della loro carriera o, come nel caso della povera Peg, la loro fine.
Il prodotto di Murphy mostra un mondo hollywoodiano che parte dal sogno fallito del vecchio proprietario di un distributore e che cresce e si sviluppa tra conoscenze e sesso. Tra personaggi che crescono nella paura di mostrare la propria sessualità al mondo fino a sfociare nell'utopia in cui le differenze di genere e razza vengono annullate. Un palcoscenico dove essere se stessi non è un problema e in cui c'è parità tra uomini e donne. Hollywood lancia un messaggio di uguaglianza (forse un po' troppo ridondante nelle ultime puntate) che sfrutta il mondo fittizio del cinema per arrivare a quello reale dello spettatore. È come una seconda possibilità data ai personaggi realmente esistiti e al cinema stesso di redimersi dagli errori commessi in passato.
"E poi c'è Di Caprio che sbuca fuori all'improvviso con un lanciafiamme!"...no Quentin, no! Anche se Hollywood saprà scaldarvi l'animo e il cuore proprio come un lanciafiamme!
Hollywood è disponibile su Netflix da venerdì 1° maggio 2020.
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