The Last Days of American Crime è il film più brutto che Netflix abbia realizzato nel 2020. Mi sento di postularlo a inizio recensione, anche se mancano ancora 6 mesi alla fine dell'anno. Nemmeno il gigante dello streaming, che con la qualità media dei suoi lungometraggi ha più di qualche problemino, può fare peggio di così. Nella speranza che nessuno la prenda come una sfida. Comunque battere questo film in peggio richiederebbe un impegno notevole, perché The Last Days of American Crime (noto in Italia anche con il titolo di Il crimine ha i giorni contati) è un cocktail di ingredienti tremendi così mal mescolati e assortiti da ricadere solo raramente nell'intrattenimento trash.
È un film malfatto nella forma, incoerente e a tratti ridicolo nella storia, abbastanza terribile nella recitazione e di cui francamente non si sentiva il bisogno. Come fa ad essere così irrilevante e nocivo un film che è una metafora distopica del crescente potere coercitivo esercitato dalla polizia statunitense per reprimere la libertà dei cittadini?
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Basato su una graphic novel autoproclamatasi "radicale", diretto da un regista autonominatosi Megaton di cognome (e responsabile di pellicole quali Colombiana, Taken 2, Taken 3), The Last Days of American Crime riesce nell'incredibile risultato di rendere datato e slegato dalla realtà attuale un film incentrato sulla deriva autoritaria del potere statunitense e sull'utilizzo della violenza in chiave coercitiva della polizia. Non solo: pur essendo incentrato sull'ultimo grande colpo grosso della storia statunitense, è lento e privo di mordente, ricolmo di violenza vuota e didascalica, effetti speciali degni di certe animazioni anni '90 e spiegazioni cazzare a passaggi di trama ancor più ridicoli.
Su questi già gravi capi d'imputazione pesa l'aggravante del minutaggio: 149 minuti. Un durata che raramente si perdona al più riuscito dei film, figuriamoci a questo marasma senza senso. Affinché non siate vittime della vostra morbosa curiosità, ho offerto la mia materia grigia in sacrificio per voi, sottoponendomi volontariamente alla visione del film di Oliver Megaton. Non senza conseguenze. Ecco i passaggi più salienti del film che popoleranno i miei incubi.
Il film brutto da battere del 2020
Nostalgici delle distopie basate su premesse pseudotecnologiche ridicole buone solo a giustificare film iperviolenti ricolmi di giustizieri della notte? Aspettate di sentire quella di The Last Days of American Crime, ovvero l'American Peace Initiative (API). In qualche modo il governo statunitense è riuscito a inventare un'onda radio capace di inibire ogni attività o gesto che il cervello sa essere criminale. Volete rapinare una banca? Uccidere una persona? Sottoporvi volontariamente alla visione di Curon? L'API vi trasformerà in un vegetale, inibendo i vostri muscoli e tramortendo il vostro udito. Ovviamente il sistema è a prova d'errore e scappatoia, assunto che immancabilmente poco più tardi verrà smentito.
Non è ben chiaro come il governo pensi di scampare ai propri stessi illeciti una volta attivato il segnale, o chi lo fermerà dal rendere illegali conquiste civili e legislative inerenti a minoranze, religione, sessualità e via dicendo. Soprattutto il film manca di spiegare un punto vagamente essenziale: la polizia verrà decommissionata in tutta la nazione e al suo posto verranno impiegati i federali, con un impianto installato che li renderà immuni al segnale. Cosa li fermerà dall'utilizzare la loro posizione per perpetrare soprusi e crimini in una nazione teoricamente liberata del crimine? Non è chiaro. L'unica cosa che questo film racconta con efficacia è il terrore primordiale che lo statunitense medio prova verso l'idea di un governo centrale della supposta conseguente contrazione della propria libertà individuale.
In attesa di attivare il segnale, gli Stati Uniti hanno deciso dunque di far partire un conto alla rovescia nazionale, giusto per sollecitare un po' omicidi, saccheggi e donnine che fanno lo spogliarello per strada prima che la legge lo renda illegale (?). Quale momento migliore per stampare una nuova versione della valuta in dollari. Il motivo? Non è dato saperlo, a un certo punto accennano qualcosa di nebuloso su conti esteri, riciclaggio e soldi sporchi.
Finalmente entra in scena il nostro eroe, rapinatore provetto e tipo duro a morire: Graham Bricke (Édgar Ramírez). All'attore bisogna riconoscere di riuscire a mantenere la stessa espressione invariata dalla prima all'ultima scena, nonostante la sequenza di situazioni imbarazzanti e machiste in cui viene inserito. Attenzione però! Megaton non ha dimenticato la controparte femminile, quindi ecco che Bricke viene raggiunto in un bar dalla misteriosa Shelby, interpretata da una Anna Brewster in cosplay da Asia Argento.
Al loro primo incontro il film fa già faville, regalandoci l'intercorso sessuale più scult da parecchi anni a questa parte. Teoricamente sopraffatti dalla passione, Bricke e Shelby si appartano in un lurido bagno pubblico per consumare la loro sveltina Passano quindi un minuto buono a decidersi a mettersi le mani addosso, in un tripudio di luce smarmellata, lens flare involontari e colonna sonora aggiunta con la stessa grazia dei brani che inserite nelle vostre stories su Instagram. La colonna sonora sembra proprio fatta così: una manciata di canzoni famosi e scontatissime che partono all'improvviso per una quindicina di secondi e poi scompaiono, troncate di netto.
Dopo qualche minuto arriva Kevin Cash, un sociopatico figlio di un noto boss della mala con problemi mentali, familiari e di autostima. È interpretato da un Michael Pitt che si sforza persino di dargli un senso, salvo poi ritrovarsi per metà del film a urlare "attento, questa giacca è di Armani!". Kevin è il fidanzato di Shelby e intenzionato a convincere Bricke a fare un ultimo colpaccio alla zecca dello stato. Segue un'ora e mezza di film in cui succede pochissimo, l'azione è al minimo (bizzarro approccio per un film di rapine e criminalità) e talvolta scoppia improvvisa una violenza vuota, pretestuosa, che sembra un torture porn per procura.
Troppo nonsense per essere vero (e invece)
Evito d'infierire oltre sulla trama e sull'epilogo, dandovi in cambio due ulteriori elementi per giudicare il livello di pretestuosità del film. Di fronte alla prospettiva di vivere come automi controllati dal governo centrale via encefalo, molti americani tentano di fuggire in Canada, mossa che però è divenuta fuorilegge non si sa bene quando o perché. Come la cartina geografica ci ricorda, il confine con il Canada è lungo migliaia di chilometri e si estende attraverso fitte foreste che sarebbe impossibile presidiare. Eppure tutti i cittadini in fuga dove tentando di attraversare? Presso il checkpoint cittadino iperpresidiato sormontato da un cartello con un scritto "Canada, State of the freedom". I canadesi poi o non esistono o non si pongono il problema di un numero imprecisato di statunitensi più o meno nei guai con la legge che entra illegalmente nel loro territorio.
Dettaglio numero due: Shelby è una bravissima hacker. Sarà lei a disattivare il segnale locale dell'API per una finestra di 30 minuti extra, consentendo ai suoi complici di rapinare la zecca dello stato. La riuscita di questa parte del piano è basata soprattutto sul fatto che a capo della transizione verso l'accensione dell'API c'è un autentico idiota. Siccome Shelby in passato si è dimostrata disponibile, quando si presenta dal nulla nel quartier generale dell'API a qualche ora dall'accensione del segnale, lui la fa entrare nonostante ci sia un mandato di cattura nei suoi confronti. Questo genio a capo della sicurezza è così confidente nel suo fascino da farla accomodare nel suo ufficio personale, a un paio di porte di distanza dalla stanza con tutti i server che gestiscono l'API a livello nazionale. A questo punto più che un hacker sarebbe bastata una ragazza procace e disinibita per portare a casa il colpo del secolo.
Vi risparmio ulteriori dettagli sulla fattura del film. Quale che sia stato il budget impiegato da Netflix in questo progetto, sarebbe stato meglio impiegato e meno lesivo per il cinema buttandolo dalla finestra o dandogli fuoco. Lasciate stare, c'è di molto meglio persino in territorio trash di poche pretese made in Netflix (cfr. Spenser Confidential).
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