Bad boys for Life, la recensione: i cattivi ragazzi tornano con qualche ruga in più e poche nuove idee

Autore: Elisa Giudici ,

Rischiamo insieme, moriamo insieme: è il motto dei cattivi ragazzi di Michael Bay ma anche di ogni studios e produttore esecutivo pronto a investire in un film nel 2020. Ormai lo sappiamo, anche se non è detto che l'abbiamo pienamente accettato: ogni film, cult o scult, dagli anni '80 a oggi è passabile di prequel, sequel, reboot o rispolverata. Difficile immaginare che un titolo dall'anima commerciale e action come Bad Boys (1995), esordio col botto alla regia di Michael Bay, non venisse prima o poi attenzionato. 

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La domanda rimane però sempre quella: quale valore ha un'operazione del genere nel 2020? Jerry Bruckheimer con Sony e Paramount riporta al cinema un franchise che già una volta era stata resuscitato (e con un certo successo) da Michael Bay stesso. A otto anni dal primo capitolo arrivò quel Bad Boys II (2003) in cui a cambiare era stato soprattutto lo status di superstar registica di chi c'era dietro la cinepresa.

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Mike e Martin sono cercano di far ragionare un sospetto
Bad Boys punta ancora una volta sulle divergenze di indole tra i protagonisti per intrattenere il pubblico

A 17 anni di distanza possiamo ben dire che non c'è due senza tre, anche se stavolta il franchise punta su chi è davanti all'obiettivo. Michael Bay infatti si limita a fare una comparsa in una scena del film, delegando il progetto al duo di giovani registi Adil El Arbi e Bilall Fallah e a un team di sceneggiatori. Bay non si è nemmeno occupato della regia, impegnato com'era nel suo sodalizio con Netflix per realizzare 6 Underground (la recensione). 

C'è un cameo in Bad Boys for Life?

Sì. Il regista Michael Bay compare in una scena di Bad Boys for Life, al fianco di Will Smith. Il cineasta ha lanciato il franchise nel 1995 con Bad Boys e ha diretto nel 2003 il sequel Bad Boys II.

Stavolta quindi possiamo valutare non solo se valesse la pena di rispolverare una storia già percorsa e fortemente radicata negli anni '90, ma anche se a imprimerle il suo carisma iniziale fosse più il tocco di Bay o la presenza della coppia di attori afroamericani Martin Lawrence e Will Smith. Negli anni '90 infatti Bad Boys fu un film fondamentale per consentire a due interpreti non caucasici di infilarsi nel ruolo di poliziotti lontani dagli stereotipi che circondano il mestiere, il cinema e i personaggi neri che usano pistola e distintivo. A suo modo il film fu una piccola rivoluzione, anche solo per come puntasse su protagonisti afroamericani in un blockbuster dalla forte componente action e comica, in uno scenario in cui interpreti non caucasici potevano ambire nel migliore dei casi al ruolo di spalla. All'epoca lo status di superstar di Will Smith giocò un ruolo cruciale nella riuscita del progetto: erano gli anni in cui bastava il suo nome in cartellone per portare il pubblico in sala.

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Will Smith e Michael Bay in una scena di Bad Boys for Life
Molto è cambiato sia per Will Smith sia per Michael Bay dal primo Bad Boys

A distanza di quasi vent'anni, né Will Smith (lo prova il recente flop di Gemini Man) né chiunque altro hanno più quel potere attira-folle. È solo uno dei tanti cambiamenti nello scenario del mondo dell'intrattenimento che ha reso il cinema un'industria più rischiosa, causando questo eccesso di prudenza nelle major, sempre pronte a cercare un nome e una storia già familiari al pubblico, ritrose verso le idee forti e le storie originali. 

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Marcus e Mike, i bad boys di una volta

Marcus e Mike tornano a girare a tutto gas per le strade di Miami, combattendo criminalità e cartelli della droga. Martin Lawrence ha qualche chilo in più e come Will Smith non è più il ragazzo di un tempo. Data l'innegabilità anagrafica della situazione, Bad Boys for Life è costretto a giocarsi la carta che queste produzioni si ritrovano nel mazzo. Da Mission Impossible a Trainspotting, passando per Zoolander, a una ventina d'anni di distanza se non si cambiano i protagonisti non si può sfuggire al confronto tra l'allora e l'oggi, riflettendo sulla vecchiaia e persino sulla pensione. 

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Marcus (Martin Lawrence) e Mike (Will Smith) in una scena di Bad Boys for Life
Marcus e Mike tornano in pista, con qualche ruga e rimpianto in più

Men in Black e Ghostbusters hanno scelto la carta dello svecchiamento, James Bond si rinnova in ogni decade, i Bad Boys invece rimangono quelli di un tempo. L'aspetto è cambiato, ma l'indole è la stessa: Marcus è più prudente e placido, Mike è ancora allergico alla vita di famiglia e rifiuta di sistemarsi sul lavoro e nella vita personale. Aggiungete qualche corsa in macchina, qualche battuta sulla pensione e sui giovani (poliziotti) di oggi e avrete Bad Boys for Life.

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Forse è una valutazione ingenerosa la mia, dato che il film qualche tentativo di ravvivare l'atmosfera lo fa. Nel costruire questa linea narrativa, azzecca anche il miglior personaggio della pellicola: Kate del Castillo è una cattiva affascinante e carismatica, la degna erede di donna Imma in salsa messicana. Quando il film si sposta in Messico riserva la prima vera sorpresa di una sceneggiatura gestita col pilota automatico. Se il suo personaggio di Isabel smuove un po' le acque con i suoi contorni quasi esoterici, il film chiaramente non sa come sfruttarla al meglio, puntando sul cavallo sbagliato (il figlio di lei).

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La squadra di Bad Boys for Life prevede l'introduzione di volti nuovi al fianco di vecchie glorie
La squadra, anzi, la famiglia di Bad Boys for Life

Ci si mette di mezzo anche la sfortuna: quasi per caso la sceneggiatura di Bad Boys for Life sceglie il medesimo colpo di scena di un altro film con protagonista Will Smith uscito di recente nelle sale, il deludente Gemini Man di Ang Lee. Fortuna vuole che quel titolo è stato un flop tale che pochissimi potranno tirare una linea di congiunzione tra le due pellicole. 

Un caso fortuito, ma anche un sintomo di come alla fine manchino le idee, anche le poche necessarie per tirar su un film narrativamente non troppo impegnativo come un action tutto inseguimenti e braccio violento della legge. Bad Boys non sa bene come muoversi ed ecco che quindi scimmiotta il leader indiscusso di categoria in questi anni, ovvero la saga di Fast & Furious. La parola "famiglia" è ricorrente, quasi asfissiante. Peccato che nessuno di questi grandi franchise sappia non dico sfuggire all'imperativo di far sistemare i suoi protagonisti, ma quantomeno presentare un modello familiare un po' più contemporaneo e variegato di quello di 20 anni fa. Quella che i Bad Boys reclamano per sé e vorrebbero dal loro pubblico è una cieca lealtà: vivere insieme, morire insieme, sgommare su un'enorme Porsche per andare a vedere il nipotino appena nato in ospedale, sistemarsi con una bella donna intelligente e occuparsi della prole. 

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Sotto sotto Bad Boys ha una visione parecchio pantofolaia per un film tutto sgommate e cartelli di droga. Sotto sotto forse è proprio quello che il pubblico vuole, dato che pur avendo fatto il minimo sindacale per tornare in pista, la pellicola è andata bene al botteghino statunitense e italiano. Quello che è davvero irritante è vedere come alle buone idee si affianchino passaggi di assoluta sciatteria narrativa. Possibile che nel 2020 come sequenza transitoria si utilizzino ancora le rotative dei giornali cartacei? Persino gli attempati sicari ottuagenari in pensione di The Irishman di Martin Scorsese non fissano più intensamente la foto in pellicola dei loro nemici con sopra una bella X nera, perché dovrebbe farlo un giovane principe dei cartelli messicani con dimestichezza con internet e i social? 

Come sempre a infastidire non è (solo) la mancanza di coraggio del tentare di fare qualcosa di contemporaneo e frizzante, ma l'impegno minimo con cui questi prodotti vengono portati avanti nella speranza di fare il colpaccio, o almeno giustificare la presenza di un sequel. Alcune di queste mancanze poi potrebbero essere corrette a costo zero o quasi: notandole in sala non le sensazioni sono positive fino a un certo punto. Nessuno vuole essere rassicurato quando percepisce qua e là di venire in realtà a malapena attenzionato dopo aver pagato il biglietto. 

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Bad Boys ha una scena post credit?

Sì. In una breve sequenza nel mezzo dei titoli di coda scopriamo che fine ha fatto il personaggio figlio di Isabel Aretas e intuiamo la possibilità di un sequel.

Commento

Voto di Cpop

55
Vedibile, a tratti godibile, ma davvero senza idee nuove: qua e là scopiazza, azzecca la cattiva del film ma proprio non riesce a non essere sciatto. Bad Boys for Life è un film per nostalgici.

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