Drive My Car, la recensione del film giapponese tratto da un racconto di Haruki Murakami

Autore: Elisa Giudici ,

Che anno straordinario è stato il 2021 per Ryūsuke Hamaguchi! Il talentuoso regista giapponese che in soli dodici mesi è riuscito a vincere l'Orso d'argento a Berlino con Il gioco del destino e della fortuna, pochi mesi dopo a Cannes ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura con Drive My Car. Il suo traguardo più importante però è stato quello di mettere d'accordo tutta la critica in Croisette, che ha riservato voti altissimi e grandi lodi al suo lungometraggio, rendendolo di fatto il vincitore morale dell'edizione (poi vinta dal chiacchierato Titane).

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Ryūsuke Hamaguchi è la nuova, grande promessa del cinema giapponese, capace nel giro di due film e pochi mesi d'impressionare per la crescita praticamente verticale della qualità già alta dei suoi film. Drive My Car è una pellicola autoriale oceanica con la sua durata di ben tre ore, un autentico slow burner che porta lo spettatore paziente ad assistere a un grande affresco umano. Il film certo procede lentamente e ha un ritmo e una regia tutt'altro che adrenalinici, ma mette a nudo in maniera acutissima e memorabile l'animo umano, fino ai suoi recessi più oscuri e inconfessabili. Non ha bisogno di grandi rivelazioni Drive My car, eppure è uno shock per come sa guardare dentro al lutto e al senso di colpa, fino a costringere lo spettatore stesso ma guadare in faccia alle zone meno battute della sua personalità. 

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La trama di Drive My Car, il film tratto a un racconto di Haruki Murakami

Yusuke Kafuku (Hidetoshi Nishijima) è un regista e attore teatrale con un rapporto lavorativo e affettivo sfaccettato con la moglie. La donna forma con lui un inossidabile duo artistico, ma riesce ad essere sfuggente sul piano personale, mantenendo parte della propria vita nell'ombra. Kafuku però la ama profondamente e ne accetta i misteri e la complessità. Dopo un amplesso, la donna racconta al marito un'idea per una sceneggiatura teatrale a cui sta lavorando. 

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Successivamente Kafuku lascia repentinamente il mondo della recitazione: si occuperà piuttosto della regia di un particolare adattamento del classico teatrale russo Zio Vanja di Anton Čechov per un teatro di Hiroshima. Lo spettacolo vede personaggi parlare lingue diverse, con interpreti cinesi, giapponesi e una giovane attrice sordomuta che ricorre alla lingua dei segni. La sua richiesta alla produzione è quella di venire alloggiato in un hotel lontano dalla città, in modo da poter guidare ogni giorno da e verso il teatro almeno un'ora: in macchina infatti Kafuku sviluppa le sue idee e lavora allo spettacolo, aiutato dalla guida. Sorge però un intoppo: a seguito di un incidente, la politica della compagnia teatrale è quella di fornire un'autista a interpreti e registi. Così Kafuku cederà mal volentieri il volante alla silenziosa e giovanissima autista Misaki Watari (Tōko Miura). 

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Yusuke Kafuku al lavoro
Kafuku si trova a scoprire parti del carattere della moglie Sachi che ignorava nel corso del film

Mentre la lavorazione dello spettacolo procede con inaspettate rivelazioni, il rapporto da Yusuke e Misaki si trasforma in qualcosa d'inaspettatamente profondo per entrambi. 

Chi sopravvive non fa che pensare ai morti: il lutto in Drive My Car

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Se avete avuto la fortuna di vedere il precedente lungometraggio di Hamaguchi Il gioco del destino e della fantasia, sapete quanto i film del regista siano opere vicino al mondo del teatro. Il cinema di Hamaguchi infatti è fatto di lunghissimi dialoghi tra protagonisti entro spazi limitati, con pochi (ma cruciali) movimenti della cinepresa ad enfatizzare i passaggi chiave, le piccole, enormi rivelazioni sui sentimenti dei protagonisti. Se Drive My Car è meno statico e antologico di Il gioco del destino e della fantasia, fa riferimento direttamente al mondo teatrale nei lunghi spezzoni in cui seguiamo le prove della pièce teatrale a cui lavora il protagonista. 

Hamaguchi è un regista che si fa strada nell'animo dei suoi personaggi risalendo la corrente delle loro parole. Dialoghi quotidiani ed estremamente naturalistici riescono via via a far piazza pulita delle impressioni superficiali tra esseri umani, arrivando all'essenza del loro animo e, in questo caso specifico, della sofferenza. Sia Yusuke sia Misaki sono persone toccate da vicino da un lutto profondo e per certi versi traumatico, che ha lasciato un vuoto fisico nelle loro vite ma ha reso la presenza delle persone scomparse ancor più tangibile e influente nella loro vita. Sono due silenziosi dannati in terra, costretti a pensare continuamente a due persone cruciali per loro ma per certi versi indecifrabili. Persone non facili, che loro hanno frainteso, da cui sono stati feriti. 

Tucker
Due protagonisti di Drive My Car bevono al bar
L'ultima parte di Drive My Car riserva oscure rivelazioni sui protagonisti della storia

Il continuo tragitto in macchina da e per Hiroshima e il lungo viaggio verso Hokkaido che i due affrontano diventa l'occasione di un'incredibile catarsi reciproca. Né sconosciuti né intimi, i due pian piano trovano la capacità di confidarsi i loro più angoscianti sensi di colpa, i tormenti interiori che gli hanno reso impossibile lasciarsi il lutto alle spalle. In Drive My Car la potenza della scrittura di Murakami viene amplificata dalla capacità di Hamaguchi di scomparire dentro i personaggi, facendo in modo che il pubblico senta risuonare la loro anima, fino a scuotere nel profondo qualcosa nella propria. 

Se scrivendo da sé le proprie storie Hamaguchi aveva dimostrato grandissime doti autoriali, Drive My Car evidenzia il suo talento di regista, capace di tirar fuori una recitazione naturalistica e avvolgente da un nutrito cast. Hamaguchi sa tirare fuori un grande affresco umano da quella che in partenza era una piccola storia.

Andate però al cinema preparati: vi aspettano tre ore (di cui la prima sembra quasi un pilota televisivo che ha funzione di introdurre la storia vera e propria delle due ore successive) senza sprint: una lunga, costante maratona dentro l'animo umano. Se amate il cinema d'autore capace di guardare dentro l'animo umano o la scrittura di Murakami Haruki, è decisamente un film imperdibile per voi. 

Commento

Voto di Cpop

85
Ryūsuke Hamaguchi si prende tre ore di tempo ma regala agli spettatori un grande, profondissimo spaccato di umanità costretta a fare i conti con il lutto e il senso di colpa. Posato ma potentissimo.

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