La storia degli adattamenti cinematografici di Stephen King è quasi ipertrofica e ricca di orrori quanto la sua bibliografia, a cui la seconda parte di IT aggiunge un nuovo capitolo dal profilo inedito. Nei decenni sono stati tantissimi gli adattamenti televisivi e cinematografici che hanno tentato di portare le potenti immagini letterarie del Re del Terrore su grande schermo. C’è chi le ha smorzate, chi le ha ridimensionate, chi come Kubrick le ha dominate facendole completamente sue e chi si è fermato nel mezzo, a diversi livelli di mediocrità o autentico scult.
Forte del successo travolgente del primo capitolo - che ha incassato qualcosa come 700 milioni di dollari a livello internazionale a fronte di un budget di 35 milioni - il regista Andy Muschietti ha avuto le mani libere come forse mai nessun altro, eccezion fatta per Stanley Kubrick. Uno studios come Warner Bros che preme per un adattamento della seconda parte di un romanzo epocale e corposo, che ci mette le star e i soldi per massimizzare le possibilità creative del tuo film: il sogno di ogni regista…sempre pronto però a ritorcerglisi contro e a trasformarsi nel suo incubo, perché da ogni grande incasso e budget derivano grandi responsabilità.
L’argentino Muschietti non manca d’ambizione, bisogna riconoscerglielo. La sua non è semplicemente quella di portare con il più alto grado di fedeltà possibile IT su grande schermo nella sua parte “adulta”, no. Il regista si misura con King sulla scala della sua stessa ipertrofia letteraria, partorendo un film dalla durata incredibile di 169 minuti, un mezzo record per un genere “asciutto” come l’horror.
Lassù o laggiù
Non si può che partire dalla durata di IT: Capitolo 2, perché l’esperienza di visione è segnata imprescindibilmente dalla sua durata. Si potrebbero additare tutta una serie di scelte narrative per spiegare la lunghezza di questo film: per esempio il fatto che ogni fase del ritorno a Derry dei protagonisti richieda un susseguirsi abbastanza didascalico dei punti di vista di ciascun personaggio. Quindi si comincia con la carrellata di chi siano diventati i membri del club dei perdenti, mostrati a uno a uno nelle loro vite quando Pennywise torna a minacciarli. Dopo l’immancabile reunion, ecco che il film esplora reazioni, paure e ricordi del passato di ciascuno, uno alla volta, con ogni personaggio che attende pazientemente il proprio turno in un film che fatica a sembrare collettivo ed omogeneo.
L’intero giro di giostra si ripete via via che Billy, Bev e gli altri si trovano ad affrontare il clown che ne ha segnato per sempre le vite. L’impressione piuttosto forte durante la visione è che si sia di fronte a qualcosa di differente rispetto all’esperienza cinematografica classica, una sorta di ibridazione tra TV e cinema. È come se fossimo sul divano di casa e avessimo cominciato a vedere una serie TV in streaming, salvo poi essere materialmente impossibilitati a fermarne la visione. In taluni passaggi la seconda parte di IT sembra una sessione di binge watching forzata a cui si è costretti ad assistere. Non è un brutto film e anzi, nella sua prima riesce a mantenere le premesse stilistiche e qualitative del suo predecessore, ma manca di quel senso di unicum che dà un film visto in sala.
Un’altra sensazione peculiare che lascia la pellicola, soprattutto quando si raggiungono le fasi avanzate della storia, è quello di trovarsi di fronte a un film cult degli anni ’80 con protagonista un gruppetto di ragazzini, in puro stile Goonies. Le vicende raccontate non mancano di drammaticità e la vita di ciascuno dei perdenti mantiene un lato oscuro, una paura mai sopita e un trauma che lo riporta a Derry. Tuttavia man mano che si protrae il lunghissimo scontro con Pennywise, il film perde la sua parvenza horror, diventando sempre più avventuroso ma privo di vero e proprio senso di pericolo, esattamente come quel popolarissimo filone giovanile degli anni ’80.
La natura del Male
L’annoso dilemma rimane sempre lo stesso: quando si parla di pura malvagità (come nel caso di IT) quanto si può mostrare della sua natura e delle sue origini senza svilirne la potenza? Non certo per colpa di Bill Skarsgård, che anzi sfrutta al meglio le scene più intense con un Pennywise talvolta “umano”, ingabbiare la natura multiforme del cattivo cult di King in una spiegazione maestra ne depotenzia automaticamente l’efficacia. Specie al cinema, dove la potenza delle immagini trasforma idee suggestive in oggetti e immagini tangibili e talvolta, come in questo caso, deludenti rispetto alle premesse iniziali.
Nella sua smania di spiegare il più possibile, il film riduce la potenza illimitata del male che racconta in un singolo frammento, che per lo spettatore non ha nemmeno una valenza specifica perché fino a a quel momento non è nemmeno mai stato nominato.
IT: Capitolo 2 ha comunque dalla sua un immaginario che fornisce varie occasioni di intrattenimento e la mente diabolica di King che partorisce un incubo dietro l’altro. Anche se dietro qualche svolta si nasconde qualcosa di “not scary at all”, non mancano passaggi che mettono i brividi, complice una regia che si spende molto per rendere graffiante non solo ciò che avviene sullo schermo ma anche come viene raccontato. Aggiungeteci una marea di camei e easter egg per il pubblico degli appassionati, un cast convincente (ma mai davvero brillante come la sua controparte giovanile) e il successo commerciale del film è assicurato.
IT: Capitolo 2 dunque, nonostante la sua lunghezza mastodontica, ha tutto quel che gli serve per non deludere i fan del primo capitolo, confermandosi uno degli adattamenti più riusciti del Re del Terrore al cinema. Non ha però aspirazioni cinematografiche così forti da lasciare davvero il segno nel cinema del brivido: si accontenta di fare ai fan del primo capitolo una seconda parte nelle intenzioni (e talvolta nella risultato) altrettanto avvincente.
IT: Capitolo 2 arriverà nei cinema italiani a partire dal 5 settembre 2019.
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Voto di Cpop
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