La versione di Snyder è tra noi. Dopo averla vista, soppesata, esplorato le differenze rispetto a quella originale di Joss Whedon, è inevitabile tirare le somme e chiedersi: ne è valsa davvero la pena? La risposta la darà ogni spettatore, in attesa del verdetto di Warner Bros. Se lo studio darà luce verde ai sequel che Zack Snyder sogna, rendendo la sua versione alternativa del film quella ufficiale e canonica all'interno della continuity cinematografica DC allora sì, Zack Snyder avrà vinto. Al momento è impossibile valutare l'andamento della partita principale, perché senza botteghino e numero di biglietti staccati in sala, è difficile giudicare l'operazione di Snyder in termini economici, che sono poi quelli che in ultima istanza dettano la linea nel mondo del cinema d'intrattenimento (e non solo).
Come spettatori però possiamo anche noi dare una risposta e, ancora una volta, dipende dalla domanda che ci poniamo, o per meglio dire dal vero significato che diamo a quel "valere la pena". Per un fan di Zack Snyder che adori la sua visione dell'universo fumettistico al cinema, il suo stile e le sue scelte narrative, ne sarà valsa sicuramente la pena. Questa parte del pubblico ha già vinto un'incredibile battaglia, convicendo Warner Bros a tornare sui suoi passi, a dare una seconda chance a Snyder, che si era allontanato volontariamente dalla direzione del film a causa di drammatiche vicende familiari. Vicende a cui riesce difficile non pensare vedendo Superman e Wonder Woman vestiti a lutto, con il nero come colore imperante che impregna gli abiti civili e i costumi ufficiali di quasi tutti gli eroi.
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C'era davvero bisogno di "ricolorare" digitalmente il vestito di Wonder Woman da rosso scuro a nero, di trasformare l'iconico costume di Superman in una divisa all black con tocchi d'argento, a sottolineare cromaticamente quando sia stata problematica la sua resurrezione? Sembrano questioni di poco conto tra registi che bisticciano come bambini su chi intenda meglio lo spirito dell'universo DC, ma personalmente trovo che siano rivelatrici di una verità ineludibile. La Snyder's cut non è la Snyder's Cut. Non è il film che lo Zack Snyder del 2017 avrebbe girato se una drammatica vicenda personale avesse cambiato per sempre la sua vita professionale e umana.
Cosa è cambiato dal 2017 a oggi
Non è solo una questione di dediche o canzoni sui titoli di coda. Tra il 2017 e il 2020 la DC è cambiata (lo strepitoso successo di Wonder Woman), il mondo dei cinecomics è cambiato (il passaggio storico di Infinity War ed Endgame), il mondo del cinema è cambiato (lo streaming, le piattaforme VOD, la nascita di Disney+, l'accordo tra Warner e HBO grazie a cui la Snyder's Cut ha visto la luce), il contesto sociale americano è cambiato (il movimento Black Lives Matter, il Me Too), il mondo è cambiato (la pandemia, la chiusura dei cinema, il 2020 anno senza cinecomics). Senza tutte queste pedine in posizione, difficilmente la Snyder's Cut avrebbe visto la luce, perché in molti modi differenti, ciascuna di queste circostanze ha creato il clima ideale (o anche solo la finestra temporale giusta) per un'operazione del genere.
Riduttivo anche parlare di un nuovo cut, di un montaggio differente. Snyder non si è messo in sala di montaggio a risistemare il film, ma si è preso il tempo e il denaro (molti milioni di dollari) necessari a girare nuove scene. Esattamente come Joss Whedon, che finì per scartare parte del suo materiale e girare ex novo oltre il 70% del film arrivato nei cinema, che Snyder giura e spergiura di non aver neanche visto, approfittando un po' troppo della nostra sospensione d'incredulità. Prima di vedere il film ho compilato una breve lista di probabili scene vittime delle forbici di Snyder: non ne ho sbagliata una, ma era una facile scommessa.
Facile prevedere che l'ironia e il tono leggero che contraddistinguono il cinecomics alla Joss Whedon sarebbero rimaste sul pavimento della sala di montaggio. Anche perché il tempo trascorso tra Justice League e il primo film degli Avengers permette di valutare freddamente la situazione e constatare come, per motivi tutti da definire, a Warner Bros Whedon non abbia fornito che la brutta copia di quel talento che ha contribuito e non poco rendere il Marvel Cinematic Universe l'impero che è oggi.
Qui torniamo alla Snyder's Cut che è sicuramente figlia di Snyder, ma non è il montaggio che avremmo visto nel 2017. Non solo perché Warner Bros ha comunque posto dei distinguo e dei veti a Snyder (vedi la questione di Lanterna verde), proprio per il fatto che gli anni passati hanno cambiato le scenario dell'universo DC. La Snyder's Cut è una Snyder's Cut figlia degli ultimi quattro anni, anzi: questo è il suo tratto distintivo.
Impossibile riassumere gli infiniti punti di pressione che il confronto con la recente storia Marvel suscita sul film. Per uno scherzo del destino, Zack Snyder si ritrova a presentarci Darkseid quando sembra una copia carbone di Thanos. La rivelazione di Lex Luthor riecheggia in maniera debole l'identità rivelata di Peter Parker, le tre scatole madri diventano le gemme del destino, Cyborg somiglia paurosamente a Visione, le continue allusioni al "dare qualcosa in cambio" fanno presagire una morte di Batman che redime il personaggio, ma lo derubrica a nuovo Iron Man con un grammo dell'impatto che quella morte ha causato sull'immaginario collettivo.
Spurgando le tracce di Whedon
È impressionante come Zack Snyder sia sordo alle stesse influenze che subisce. Sentirlo dichiarare ad Esquire che trovava ingiusto "tagliare un personaggio afroamericano" specificandone l'etnia, relativamente alla questione di John Stewart, è una circostanza difficile da immaginare nel 2017. Così come l'espansione e la drammatizzazione della figura di Cyborg (forse anche un'ammenda alla terribile questione extra cinematografica di recente rivelata da Ray Fisher). La stessa cacciata di Whedon risplende nel film; una forte espressione dello stile di Snyder, impegnatissimo a spurgare ogni traccia Whedon.
Con un effetto curioso, dato che il Knightmare (il sogno finale di Bruce Wayne) sembra preso di peso da tutta una serie di scritture whedoniane che flirtano con l'apocalittico e il distopico, da Buffy a Dollhouse. Il Whedon di Avengers è solo una parte del Whedon sceneggiatore, quella più vicina al mood generale del MCU. È ironico pensare come l'aggiunta più corposa di Snyder al corso del film sia uno spunto su cui è semplice immaginare il collega Whedon al lavoro.
La Snyder's Cut non è il progetto che avremmo visto nel 2017 anche per altri motivi. La cornice in cui è nata - con Warner Bros in disperata ricerca di titoli da lanciare per tenere in caldo i grandi blockbuster come Dune in attesa della riapertura delle sale - ha garantito a Snyder una libertà creativa che mai avrebbe avuto altrimenti. Quella liberta che solo una versione alternativa e non ufficiale può dare, godendo del riparo di quella canonica, con l'intenzione nemmeno troppo segreta di rimpiazzarla.
Ne è valsa la pena? Sicuramente per Zack Snyder sì, tanto che ci ha lavorato gratis. A livello personale è un traguardo di prestigio, un rinsaldare il suo legame con i destini dell'universo DC quando lo stesso sembrava pronto ad aprirsi a nuovi nomi e nuovi progetti. A livello umano, probabilmente ancor di più: porta compimento qualcosa d'interrotto e lo trasforma in un saluto e un omaggio.
Il più grande esperimento cinematografico del 2020
Ne è valsa la pena? Come abituale commentatrice dell'universo cinematografico, non posso che dire sì. La Justice League di Snyder è stata il più grande esperimento cinematografico figlio di un periodo sperimentale e anarchico come la pandemia e il lungo anno senza sale. Un periodo che ha piantato i semi di un futuro ancora difficile da intravedere, che solo tra molti anni vedremo crescere in una realtà in cui finalmente sale cinematografiche, studios, streaming, VOD e serialità dovranno trovare un loro equilbrio, coesistendo o seguendo la legge del (economicamente) più forte.
Per noi spettatori? Ognuno darà la sua risposta. La mia personale è che la Snyder's Cut sia una via laterale, un vicolo cieco. Può essere più o meno interessante vedere dove va a finire, ma non cambia praticamente nulla nello scenario di crisi dell'universo DC. Snyder è sempre Snyder, uno dei principali fautori della DC cinematografica che conosciamo oggi: per giunta ha come produttore Nolan, il secondo nome più importante in questo senso. La Snyder's Cut è una variazione sul tema che può piacere o meno, ma a Warner Bros serve un'opera differente per sfidare la concorrenza.
Quello che continua a mancare è un nuovo conduttore d'orchestra, per non dire un'orchestra differente, con elementi nuovi e spartiti differenti da quelli della filarmonica concorrente. In questo senso il mondo della serialità potrebbe permettere di sperimentare e dare nuova linfa anche all'universo cinematografico. Il problema è che manca un modello alternativo a quello di casa Marvel, che con tutti i suoi limiti e difetti ha un impatto sull'immaginario collettivo (e sul portafoglio dello spettatore) che DC non ha da molto, molto tempo. Non serve un nuovo cut; serve un nuovo inizio, un nuovo corso, nuovi nomi. Che Snyder e i suoi fan non me ne vogliano per questo.
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