Perfetti sconosciuti è un film del 2015 di Paolo Genovese, una commedia brillante dai risvolti drammatici incentrata sull’importanza del cellulare come deposito di segreti inconfessabili e dettagli scottanti.
Il cast riunisce una schiera di stelle italiane come Giuseppe Battiston, Alba Rohrwacher, Anna Foglietta, Edoardo Leo, Marco Giallini, Valerio Mastandrea, e Kasia Smutniak.
La trama
Perfetti sconosciuti racconta la storia di una cena, una cena apparentemente tranquilla e rilassata tra amici storici, in occasione di un’eclissi di luna da guardare insieme sul balcone.
I proprietari della casa, un elegante appartamento romano, sono una coppia (che scopriremo essere) in crisi: Eva, psicoanalista e Rocco, chirurgo estetico. Gli invitati invece sono i novelli sposi Cosimo e Bianca, i coniugi Lele e Carlotta e Peppe, insegnante di educazione fisica sovrappeso e disoccupato. Da sempre single, Peppe si è fidanzato di recente con Lucilla, che però non è presente alla cena per colpa di un’influenza.
Tra gli gnocchi e il polpettone, Eva suggerisce di fare un gioco: ognuno dei commensali dovrà mettere il proprio cellulare in mezzo al tavolo e ogni chiamata o messaggio che arriva dovranno essere condivisi con gli altri. Per non mostrare di avere qualcosa da nascondere, accettano tutti, ma ben presto ci accorgiamo che ognuno di loro, o quasi, ha un segreto che non ha confessato a nessuno, tantomeno ai propri amici più cari.
Per colpa o grazie al gioco degli smartphone, viene a galla una serie di verità che rischiano di distruggere le varie coppie: Rocco è in analisi all’insaputa della moglie psicoanalista, Carlotta e Lele hanno altre relazioni virtuali e Carlotta vorrebbe prendere appuntamento con una casa di riposo per trasferire la mamma di Lele, che al momento vive con loro. Bianca ha contatti (solo amichevoli) con il suo ex e Cosimo nasconde due relazioni extraconiugali, una con la collega Marika e l’altra proprio con Eva. In più, gli uomini organizzano partite di calcetto senza avvisare Peppe.
In realtà, anche Peppe ha mentito: la sua fidanzata è un lui e non si chiama Lucilla ma Lucio. Questa rivelazione scatenerà reazioni di rabbia e stupore proprio da parte degli amici più stretti, che reagiscono ai limiti dell'omofobia. In un’escalation di tensione e rivelazioni, in corrispondenza dell’eclissi che tutti si ritrovano a guardare dal balcone, Bianca scopre che suo marito le è infedele e tutti vengono a conoscenza del fatto che Carlotta non indossa le mutande per compiacere il suo amante online ma che soprattutto anni prima ha investito un uomo e suo marito si è addossato la colpa.
Bianca, dopo lo shock di Cosimo e dopo essersi chiusa in bagno a vomitare, riappare per comunicare di essere incinta. Si toglie la fede, saluta Peppe, l'unica persona che considera vera, e lascia per sempre Cosimo.
Il finale
Alla fine del film e della cena, quando Rocco ed Eva sono in camera da letto, scopriamo che in realtà il gioco non è mai avvenuto grazie a Rocco, che ha insistito per evitare di farlo. Scopriamo quindi a ritroso che tutto quello che abbiamo visto è una sorta di “what if”, uno Sliding Doors in versione tech, un flusso di realtà alterata da un gioco apparentemente innocente ma che avrebbe distrutto amicizie e rapporti familiari.
Alla domanda di Eva a Rocco sul perché non abbia accettato di giocare (e a questo punto scopriamo che a proporlo è stata proprio colei che si sentiva più al sicuro, perché il suo amante era seduto alla sua stessa tavola e non avrebbe mai potuto contattarla), il marito le risponde con una riflessione esistenziale.
Siamo tutti frangibili, chi più chi meno.
Non essendosi verificato il gioco e, di conseguenza, non essendo emersa alcuna rivelazione, ognuno dei commensali torna alla propria vita e alle proprie verità nascoste. Il film finisce con Peppe che, nel cuore della notte, mentre sta tornando a casa, scende dalla macchina per rispettare l’alert del suo programma di training, un’app americana di fitness.
La spiegazione del finale
L’essere umano è frangibile, è troppo fragile per addentrarsi nella “scatola nera” del proprio vicino, del proprio migliore amico, della persona con cui condivide la vita.
Questa è la conclusione a cui sembra arrivare un amaro e rassegnato Rocco, interpretato da Marco Giallini. Proprio il medico protagonista ha insistito per evitare il gioco che avrebbe avuto l'impatto di una violenta detonazione sul gruppo e sulle coppie: di fronte a un bivio, Rocco ha preferito lasciare le cose nel loro (dis)equilibrio, un castello di bugie.
Il finale di Genovese sembra alludere alla possibilità che Rocco in realtà sia un narratore onnisciente, che sappia tutto, che sia consapevole di ogni cosa (incluso il tradimento di Eva). Proprio per questo il chirurgo potrebbe aver scelto la strada della protezione dalla verità, o meglio dall’anima nera con cui ognuno di noi convive e che viene da tempo incanalata in quella che qualcuno ormai considera una protesi tech del braccio e della mano: il proprio cellulare.
Le domande che si affastellano alla fine del film sono numerose: è giusto proteggere gli altri da noi stessi e viceversa, è giusto che il cellulare rimanga il “ritratto di Dorian Grey” da tenere rigorosamente nascosto? La frangibilità può essere considerata una giustificazione per il mancato accesso alla verità? E una vita in cui si affonda la testa sotto la sabbia è migliore di un dolore lacerante per un essere umano frangibile?
La tesi del film è chiara ma la conclusione da interiorizzare e applicare alla propria vita appartiene, come sempre, allo spettatore. Posto che il medium non è il messaggio e la realtà delle cose può trasparire da un cellulare come da qualunque altro mezzo o contesto, quale delle due strade (fare il gioco o non farlo) porta alla soluzione più giusta?
Si può negare, anche se si tratta di Whatsapp e social, che la verità rende sempre e comunque liberi?
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