Pronti, joystick, via: la recensione del romanzo di Ready Player One

Autore: Elisa Giudici ,

È davvero bizzarro considerare come alcuni dei successi più sbalorditivi della fantascienza letteraria del Nuovo Millennio siano stati scritti da degli esordienti assoluti. Basti pensare al successo riscosso da Andy Weir con L'uomo di Marte o a quello che sembra già essere diventato un classico del Nuovo millennio: Ready Player One di Ernest Cline. Anche se il travolgente successo per lo scrittore statunitense è arrivato al primo contratto con una casa editrice vera e propria nel 2010, l'autore non era del tutto estraneo al mondo della scrittura professionale, anzi.

Chi leggendo il suo romanzo best seller ha pensato fosse già scritto per diventare un film ci ha visto giusto: i primi passi nel mondo della scrittura professionale Cline li ha proprio compiuti nel campo degli adattamenti cinematografici, scrivendo sceneggiature sulla base di romanzi esistenti e riuscendo in qualche caso a venderle alle major.

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Ready Player One

Tutto nel suo primo romanzo ha un respiro cinematografico e non solo perché cinema e televisione degli anni '80 sono protagoniste di ampi stralci di questa avventura dai contorni distopici e nerd. È lo stile stesso del libro ad avere davvero poco di letterario, per non parlare poi della rassomiglianza strutturale e tematica con i film avventurosi e per ragazzi tipici di quegli anni (in primis quelli dello stesso Spielberg). Tanto da far sorgere un dubbio: al netto del floridissimo citazionismo nerd e dell'avvincente caccia all'ester egg che renderà un giocatore erede di un'immensa fortuna, cosa rimane del romanzo in sé?

Ready Player One: paradisi virtuali, distopie statunitensi

Il nostro eroe è il classico ragazzone statunitense caucasico, nerd e lievemente sovrappeso, che di eroico non sembra avere proprio nulla. Wade vive come tanti altri disperati in una sorta di baraccopoli formata da torri di container e mezzi di fortuna impilati uno sopra l'altro. Una catastrofica (e a dire il vero, parecchio confusa) crisi energetica ha portato gli Stati Uniti e il mondo sull'orlo dell'apocalisse. C'è poco cibo, la violenza è all'ordine del giorno e buona parte della popolazione vive in ghetti legalizzati, alla perenne ricerca di un lavoro o in perenne fuga su OASIS.

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Basta avere un visore ottico e dei guanti aptici e potersi connettere a Internet per rifugiarsi in quella che di fatto è una simulazione di realtà virtuale che sta per molti prendendo il posto del mondo vero. Su OASIS non solo si ritrovano orde di videogiocatori, ma anche gruppi di preghiera, attività commerciali e persino quel che rimane della disastrata scuola pubblica, radunata sul pianeta Ludus. È proprio qui che si muove l'avatar di Wade, Parzival, diviso tra un diploma da strappare a malavoglia e la perenne ossessione per la Caccia.

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Wade nella Tana
Basta un visore e l'accesso a OASIS per trasformare l'interno di un rottame di un camper in un mondo incredibile

Il multimiliardario fondatore di OASIS ha infatti lanciato alla sua morte un concorso che ha catalizzato l'attenzione del mondo intero. Geniale programmatore e geek ossessivo, Halliday ha nascosto all'interno di OASIS tre chiavi, che apriranno altrettante porte. Chi troverà e supererà tutte queste prove, potrà avere l'easter egg finale, il cui valore è inestimabile. Halliday infatti lascerà il suo impero finanziario al primo che completerà la sua serie di intricatissimi duelli.

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Wade è proprio un Gunter - un cacciatore dell'eater egg di Halliday - ma nonostante dedichi gran parte della sua vita a studiare ossessivamente l'autobiografia del suo idolo, a imparare a memoria i film che amava, ad ascoltare la musica che consigliava e ovviamente a giocare i videogiochi arcade con cui Halliday era cresciuto, è a un punto morto, esattamente come i suoi concorrenti solitari o riunitisi in gilde.

Senza un soldo, senza un'aspirazione per il futuro e senza un orizzonte, Wade vive un'esistenza squallida anche su Oasis, bloccato dalla mancanza di fondi, impossibilitato dall'esplorare altri pianeti virtuali alla ricerca di un indizio. Un giorno però realizzerà all'improvviso dove si trova la prima chiave, scatenando una corsa alla vittoria in cui dovrà guardarsi dagli amici gunter ma soprattutto dalla 101, una malvagia corporazione decisa a tutto pur di mettere le mani su OASIS e asservirlo ai suoi scopi. 

Ready Player One: citazionismo, nostalgia e poi?

Il canovaccio è chiaramente quello del film e del videogioco medio dell'epoca d'oro dei blockbuster per ragazzi. Wade è poco più grande dei protagonisti del film e giochi che cita, e si ritroverà a fare gruppo con ragazzi ai margini come lui, con tanto di donzella nerd da conquistare, nel tentativo di vincere la competizione. La vera, amara sorpresa è che questa impostazione non è un punto di partenza da cui poi rielaborare la storia in chiave più moderna e accattivante, bensì quello d'arrivo, in cui si ignorano i tanti limiti di un modello che ormai ha 30 anni, aderendovi perfettamente e acriticamente. 

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La Tana del protagonista Wade
Easter egg e strizzatine d'occhio a pioggia sono il pane quotidiano di Ernest Cline.

È più di una mera nostalgia canaglia, tanto che a ben scavare sotto il diluvio di citazionismo feroce e sotto i ben congegnati enigmi di Halliday, si nasconde una missione ben più controversa di come ci viene presentata. La caccia è quella a un'erede di una fortuna economica che più che progessista e "pirata" appare puramente capitalista. Tant'è che il delfino deve dimostrare - più che di conoscere la cultura degli anni '80 - di sfiorare l'idolatria verso il suo fondatore.

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Se Halliday fosse un figura moralmente ambigua, uno Steve Jobs di cui s'intravede il bieco calcolo del profitto, allora sì che Ready Player One sarebbe intrigante. Invece il ruolo di cattivo viene affidato a una corporazione la cui malvagità è tanto radicata quanto ingiustificata e senza carattere.

È innegabile che il libro diventi appassionante quando Wade finisce per scatenare la Caccia, ritrovando la prima chiave. Prima però siamo costretti a conoscere un mondo distopico mal costruito e contraddittorio (il petrolio è finito e si scatena una crisi energetica, però veicoli e server alimentati a energia alternativa continuano a funzionare...e quindi?) attraverso gli occhi di un ragazzetto senza verve e costantemente impegnato a piangersi addosso, la cui profonda riflessione dopo 400 pagine di pericoli reali e immaginari è: il mondo reale è meglio di quello virtuale. Davvero un po' poco. 

Ready Player One: considerazioni finali

Non c'è nulla di male nel calarsi tra le pagine di Cline e i mondi di OASIS, in attesa di farlo al cinema. Ready Player One è la perfetta base di partenza per un film d'intrattenimento a sfondo geek e un buon romanzo commerciale (nonostante lo stile di scrittura davvero privo di sostanza), magari per ritrovare il piacere della lettura quando si è un po' arrugginiti. 

La fantascienza - quella vera, ben scritta, intellettualmente stimolante e compiutamente letteraria - sta però a qualche anno luce. Ready Player One è un cult fantascientifico per chi il genere proprio non lo pratica, dato che la sua distopia è un comodo sfondo in cui ambientare un'avventurosa operazione nostalgia. Insomma, quello di Cline è un cult SFF che nel circolo degli appassionati riscuote un'accoglienza ben più fredda. Immergetevi pure nelle sue atmosfere se ne avete voglia, ma se cercate un buon romanzo (o della buona fantascienza), dovrete cercare altrove. 

Commento

cpop.it

60

Bibbia del geek anni '80 o la più grande operazione nostalgia sulla cultura pop di quel decennio? Perfetto come base di partenza per un film ma, finiti gli easter egg, rimane uno libro debole.

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