Lasciare l'ufficio e lasciarsi le preoccupazioni di lavoro alle spalle...letteralmente. Tra il nostro mondo e quello di Scissione, serie fantascientifica prodotta da Apple Original e da Ben Stiller (che ne è anche regista) c'è solo un balzello tecnologico, ancora in corso di sperimentazione. Un piccolo congegno viene impiantato nella scatola cranica di dipendenti rigorosamente volontari nella Lumon Industries, una multinazionale che sembra occuparsi un po' di tutto: dalla farmaceutica alla tecnologia.
Mark (Adam Scott) è uno dei volontari di questo esperimento di scissione. Il chip impiantato nel cervello di fatto crea due Mark, coscienti di dividersi il tempo e il corpo, ma incapaci di ricordare alcunché di quello che fa l'altro. Una volta entrato nell'ascensore che lo porta al piano sotterraneo dove lavora, il Mark Outie (quello di fuori, quello che fa i conti con il terribile lutto della moglie porta all'improvviso) viene come messo in pausa e prende coscienza il Mark Innie, quello che non ha mai visto altro che labirintico piano sotterraneo della Lumon dove lavora. Il tutto è regolato dal piccolo chip che ha nel cervello: Mark Innie non sa nulla della sua vita fuori, Mark Outie non sa niente di ciò che fa al lavoro.
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La scissione tra i due Mark è a tenuta stagna. L'uomo non è turbato né preoccupato, nonostante il giudizio della società e di alcuni conoscenti rispetto a una pratica ritenuta controversa. Al lavoro ha legato con i suoi colleghi, a casa tira a campare tenendosi in contatto con la sorella incinta e con l'adorabile impicciona dirimpettaia. Il Mark Innie non sa che tipo di vita abbia fuori, se abbia famiglia o amici, cosa gli piaccia e cosa no. Non è importante, non fino a quanto arriva una nuova recluta nel suo ufficio. Helly (Britt Lower) prende la scissione molto male, comincia da subito a tentare d'imbrogliare il sistema, di rassegnare le sue dimissioni. La Lumon però ha altri piani in serbo per i suoi impiegati scissi.
Una grande produzione, un grande cast
Non ci giro intorno: Scissione è una serie strepitosa, di quelle che sin dal primo episodio rendono evidente lo stacco rispetto alla qualità media della serialità a cui siamo abituati. Non mancano i mezzi, anzi: anche se è ambientata in gran parte in un sobrio ufficio dal design anni '50/'60, è evidente da subito il grande lavoro che ogni comparto ha realizzato. I set sono affascinanti e minuziosamente costruiti per lasciare una sensazione indefinibile di sottile angoscia, il lavoro per creare la bizzarra tecnologia retrofuturistica dei terminali su cui lavorano Mark e gli altri enorme (simile a quello visto in Maniac e Tales from the Loop), le musiche si fanno notare, la sigla è un piccolo capolavoro a sé.
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Onore dunque a Ben Stiller, che non solo ha intuito il potenziale della sceneggiatura di un illustre sconosciuto di nome Dan Erickson (alla sua prima prova televisiva di sempre) ma l'ha anche portata su schermo con una regia che sotto il rigore e la precisione nasconde una grande ambizione di fare bene.
Da lodare anche il cast, impegnato nella difficile prova di creare due personaggi "scissi" in uno. Adam Scott nei panni dei due Mark brilla, ma anche Patricia Arquette e Christopher Walken danno performance di spessore, su cui non si può indugiare per non anticipare troppo.
La fantascienza, quella bella: i temi Scissione
A impressionare di Scissione è soprattutto la capacità di fondere più generi senza mai lasciare il solco del realismo. Siamo in un contesto fantascientifico, ma le vicende di Scissione sono particolarmente sinistre perché vi ritroviamo tutta una serie di logiche e di pressioni ormai comuni nella cultura aziendale delle grandi multinazionali, soprattutto nel settore tech. La Lumon è un'azienda che vuole essere considerata una famiglia dai suoi dipendenti, che tratta con un piglio da padre padrone piuttosto subdolo. Le piccole ricompense con cui incentiva il lavoro infantilizzano i dipedenti. I lavoratori sono spronati a imparare un codice di condotta che sembra un testo religioso. Persino l'arredamento degli uffici li sprona a prendere parte al culto del fondatore dell'impresa e della sua famiglia. A rendere il tutto ancora più incisivo c'è il fatto che a produrre è Apple, che a sua volta coltiva il culto per il suo fondatore Steve Jobs.
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Difficile non porsi la domanda etica dietro al procedimento della scissione, a cui la serie dà una lunga, articolata risposta. Difficile non immaginarsi scissi, non calarsi nei panni di Mark, non chiedersi cosa ci si guadagnerebbe e cosa si perderebbe. Dan Erickson dà una risposta articolata attraverso le versioni innie dei protagonisti: con l'eccezione di Mark, non sappiamo nulla delle vite fuori dei suoi colleghi e Scissione ci spinge a interrogarci in merito. A differenza di Peter e Helly, Dylan (Zach Cherry) e Irving (John Turturro) non hanno particolari curiosità sull'altro sé. Quando la serie raggiungerà i suoi sviluppi finali scopriremo che alcuni personaggi liberi dal condizionamento del mondo fuori dalla Lumon hanno sviluppato personalità molto differenti, ma altri no.
Anche se nel finale indulge un po' troppo nei toni dal thriller fantascientifico, Scissione ha l'indubbio merito di essere una serie capace di fondere un tono comico a tratti nero, a tratti agrodolce, una sorta di The Office in cui ritrovare tante dinamiche lavorative familiari, che porta a riflettere su quei rapporti che si creano per prossimità di scrivania. La riflessione più forte che la serie lascia dietro di sé però è quella sulla tentazione umanissima di evitare, sterilizzare, dimenticare il dolore, fisico e psicologico. Un dolore che, Scissione ci suggerisce, se scisso da noi ci fa perdere una parte troppo importante della nostra conoscenza del mondo e di noi stessi.
La serie è stata rinnovata per una seconda stagione.
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