Il 2019 cinematografico è stato caratterizzato dal tentativo di tanti registi di raccontare in presa diretta le derive più selvagge e distruttive del capitalismo, e le ricadute sulle persone, disposte a trasformarsi in schiavi o belve pur di garantirsi un po' di sicurezza economica. Lo stesso Parasite, il film di Bong Joon-ho che ha vinto la Palma d'Oro a Cannes e che è lanciatissimo per gli Oscar, affronta quest'argomento, analizzando cosa divida davvero i ricchi dai poveri. In concorso insieme a Parasite a Cannes c'era anche un film che fa apparire tutto sommato ottimista il già durissimo film sudcoreano. Sorry We Missed You è il nuovo film di Ken Loach, recente vincitore di Palma d'Oro per il toccante Io, Daniel Blake.
Il regista inglese è da sempre un narratore delle sofferenze umane, ma negli ultimi anni si è concentrato sulla dissoluzione del welfare inglese e sull'inasprimento delle condizioni di povertà del proletariato inglese. Presentato così un film può suonare noioso, pesante e anche un po' ripetitivo. Nonostante sia stato acclamatissimo dalla critica, personalmente avevo accostato questi tre aggettivi alla sua precedente prova. Io, Daniel Blake narrava la vita infernale di un uomo malato e di una ragazza madre con una divisione manichea tra buoni e cattivi, poveri e burocrati, pigiando fino in fondo sul tasto del pietismo. Di certo raccontava una condizione drammaticamente attuale, ma con un linguaggio e con un intreccio datati, quasi dogmatici dal punto di vista politico e sociale. Date queste premesse, non ero esattamente impaziente di vedere Sorry We Missed You, che sulla carta si presentava come l'ennesima variazione loachiana sul tema.
Come mi sbagliavo: Sorry We Missed You è un film davvero clamoroso, di quelli che ti colpiscono al cuore e nella pancia. Quando scorrono i titoli di coda, in sala non c'è posto per le lacrime o per gli applausi, ma solo per un raggelante senso d'impotenza.
Il nuovo lessico del lavoro
Che questo lungometraggio abbia una marcia in più e che tenga davvero il polso della situazione lo si capisce sin dall'apertura. Sorry We Missed You inizia dentro una piccola ditta a cui vengono appaltate le consegne dei pacchi postali legati al commercio online. Più tardi arriveranno i nomi: Amazon, Apple, Ebay e i clienti a che a loro si rivolgono. Qui Ricky Turner, marito amoroso e padre di due ragazzi, spera di fare il salto di qualità. Il datore di lavoro, un uomo fisicato e con un che di militaresco, nel colloquio di lavoro si premura di riscrivere il lessico del loro rapporto di lavoro. Non sarà un dipendente, non avrà uno stipendio, non avrà un contratto, lavorerà per sé stesso, guadagnerà in base alle consegne portate a termine. Il suo guardiano e la sua stella polare sarà un piccolo computer di bordo: gli indicherà la strada, terrà traccia del tempo di consegna di ogni pacco, farà da palmare per far firmare i clienti, permetterà agli stessi di sapere dove sarà il loro oggetto in ogni momento.
Il mezzo se lo deve procurare da sé, perché è un uomo libero, la ditta non gli deve niente. Così per avere un furgoncino bianco standard Ricky vende l'auto della moglie, che fa l'assistente sanitaria a domicilio. Anche lei è libera da un contratto a ore, salvo cominciare il suo giro la mattina alle sette e finire oltre le nove, con una rigida tabella di marcia che mette al primo posto la velocità e al secondo gli anziani e i malati non autosufficienti a cui deve badare. I figli Loach li mostra ai margini, mentre crescono da soli, quasi prendendosi cura dei genitori sfiniti, inghiottiti dall'angoscia di star dietro a lavori a zero ore che consumano la loro vita privata, il tempo per mangiare e pisciare.
Poste queste premesse, il film è una macchina da guerra che procede quasi per inerzia verso i suoi terribili picchi drammatici. È impossibile assistere a questo film e non sentirsi personalmente responsabili. Il Parasite i ricchi incuranti erano altri di cui ridere, ora gli schiavisti inconsapevoli siano noi, ogni volta che un corriere suona al nostro campanello, ogni volta che ci lamentiamo di un ritardo e scegliamo la spedizione gratuita.
Gli schiavisti siamo noi
Stavolta Loach non si nasconde dietro la retorica del povero ma buono e fotografa talvolta impietosamente la dabbenaggine dei suoi protagonisti e il loro progressivo disumanizzarsi per aderire a uno standard che semplicemente non tiene conto dei limiti umani. A quel punto basta la domanda ingenua della figlia del protagonista quando gli chiede
ma perché questo palmare che calcola tutto non può prevedere quando e quanto tempo ti serve per andare al bagno, papà?
e il gioco è fatto. Ken Loach però è ormai inarrestabile, come la spirale distruttiva di un lavoro che ti prosciuga di energie e di tempo e poi ti stritola appena non perdi in efficienza. Allora il capo muscolo proclama la sua terribile verità: a comandare sono il palmare e la soddisfazione del cliente, gli dei moderni del mondo del lavoro. Lui, con i suoi muscoli e la sua retorica degli uomo pratico, li idolatra. È diventato impermeabile a tutte le richieste disperate dei suoi dipendenti, che abbiano un parente in fin di vita, che vengano aggrediti e picchiati. Il palmare ha sempre ragione, l'intelligenza artificiale non calcola il tempo per fare pipì e quindi, semplicemente, la si fa in una bottiglietta. Chi si ferma è perduto.
C'è anche il tempo di ricordare quanto sia disastroso il servizio sanitario nazionale inglese, per poi far crollare ogni residuo di speranza: la trappola non è la promessa di un guadagno se stringi i denti e tieni duro, è la logica strisciante votata all'efficienza da cui non riesci più ad uscire. Il patetismo di una famiglia che cerca di riscuotere un uomo preda di una follia lavorativa diventa allora disperato, autentico, non messo in scena. Esattamente quello che era mancano in Io, Daniel Blake. Forse l'elemento più raggelante sono i figli, che nemmeno ci credono più nel futuro, che assistono alla disfatta dei genitori senza neanche la forza per disperarsi.
Ai margini rimane pochissimo da dire perché tutto è perfetto: regia impeccabile, interpreti strepitosi ma soprattutto una sceneggiatura capace di guardare al presente e ritrarlo senza affidarsi agli schemi del passato, portandolo in scena con la sua stessa cattiveria. Quest'anno solo due registi sono stati convincenti in questo senso: l'inglese Ken Loach e il francese Robert Guédiguian con Gloria Mundi. Se mi consentite la licenza poetica, si potrebbe dire che per fotografare il tardo capitalismo ci voglio due grandi vecchi (comunisti) del cinema.
Sorry We Missed You, un film tanto duro quanto necessario, è nelle sale italiane dal 2 gennaio 2019.
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Voto di Cpop
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