Thor: Ragnarok, la recensione: torna il cinecomic, quello vero

Taika Waititi rivoluziona il franchise di Thor, aumentando la dimensione fumettistica e copiando le atmosfere de I Guardiani della Galassia: sarà un mix riuscito quello di Ragnarok?

Autore: Elisa Giudici ,

Se c'è qualche aspetto strano o poco familiare nel terzo capitolo di Thor: Ragnarok, è probabile che la colpa o il merito sia da imputarsi a Taika Waititi, regista, sceneggiatore e attore neozelandese noto tra i cinefili per le sue commedie indie cult. Non è certo il primo regista dalla spiccata personalità ad essere associato al franchise del Dio del Tuono. Nell'eterna indecisione su che taglio stilistico dare alle sue avventure, per il primo capitolo era stato chiamato alla regia Kenneth Branagh, che aveva tirato fuori dal cappello un film per toni e situazioni a metà tra le sue produzioni shakespeariane e una ferrea volontà nel non prendersi troppo sul serio. 

Il cambio di tono, stile e cromatismo è da subito evidente e avvicina ancor di più Thor all'esperienza di lettura degli spillatini Marvel. Infatti il continuo ricambio di sceneggiatori e disegnatori rende ogni personaggio fedele a un nucleo originale, anche se camaleontico per aspetto e scopi. Il punto è: giunto al suo terzo capitolo, il film è finalmente riuscito a raggiungere l'essenza del personaggio o a crearne una cinematografica davvero solida? 

Thor: Ragnarok, ritorno ad Asgard attraverso le stelle

Ci sono due nuclei narrativi distinti in Ragnarok, che si svolge per la maggior parte su Asgard e su un oscuro pianeta di periferia, trasformato dalla follia di Grandmaster (Jeff Goldblum) in un'arena per combattimenti. La parentesi terrestre (con cameo di lusso di Benedict Cumberbatch) è poco più di un cappello introduttivo per un film che porta fisicamente il suo eroe lontano dall'influenza dei personaggi terrestri, nel tentativo di dargli un carattere unico. 

Il risultato è riuscito a metà. Quel carattere di epica fantastica di taglio adulto (una sorta di Excalibur nello spazio) tipica di Thor è ancora lontana, soprattutto nelle intenzioni di chi produce. L'apporto di Waititi però è la carta vincente di un film che si fa notare tra le ultime uscite Marvel proprio per una spiccata identità personale, per un'ironia smargiassa, adulta, talvolta persino a sfondo sessuale. 

Il taglio di capelli dell'eroe e i segni indelebili che questa avventura lascerà sul suo personaggio sono il risultato tangibile e più fulgido di questa operazione. Waititi, forte di una sceneggiatura che non ha paura di avviare il suo protagonista verso un punto di non ritorno, fa fare il salto di qualità a un Chris Hemsworth finalmente alle prese con un personaggio epico, adulto, complesso. Il Thor che affronta il Ragnarok scatenato da Hela/Cate Blanchett (un cattivo finalmente scritto con un minimo d'impegno) affronta un percorso di crescita impensabile per il primo e il secondo capitolo delle sue avventure. Ragnarok non ha paura di affrontare eventi che cambieranno per sempre Thor, Asgard e il MCU (Marvel Cinematographic Universe), ed è un'attitudine di cui un genere in sovraesposizione e sovrapproduzione ha disperatamente bisogno. 

Il cambiamento più rilevante nell'approccio al cinecomic lo si nota quando Hulk e Doctor Strange fanno il loro ingresso in scena. Gli interpreti sono gli stessi degli altri film Marvel, eppure sembrano personaggi nuovi, autenticamente "da fumetto". La regia di Ragnarok riporta finalmente al centro il lato comics dei cinecomics, con soluzioni stilistiche che finalmente guardano al mondo Marvel cartaceo e rendono i personaggi meno realistici, sì, ma più vividi e accattivanti. 

Thor: Ragnarok, Dio del Tuono o Starlord? 

Il vero peccato mortale di Ragnarok, quello che gli impedisce di esprimere appieno il suo potenziale, è invece da imputarsi ancora una volta allo schema produttivo Marvel. Si mette sì nelle mani di un nome estraneo a Hollywood un blockbuster, ma poi gli si chiede di realizzare una copia carbone di un successo altrui, che poco ha a che vedere con il Dio del Tuono. Lo si era capito sin dalla campagna promozionale e purtroppo se ne trova conferma nella visione: Ragnarok è anche il tentativo di avvicinare Thor al mondo fluo e anni '80 dei Guardiani della Galassia, alla loro ironia sopra le righe.

Disney
Chris Hemsworth nei panni di un gladiatore spaziale in Thor: Ragnarok
È ora di affrontare il proprio destino per il figlio di Odino in Thor: Ragnarok

La scelta ironica e scanzonata mal si accosta a un personaggio che vive di epica, pathos: in questo senso l'approccio shakesperiano di Branagh era molto più adatto alle beghe familiari e reali di Thor, il cui ruolo di crescente responsabilità cozza con la spensieratezza che si vorrebbe applicare al personaggio. 

Per Thor il tempo delle gite su Migdard è finito: non si sfugge al destino, soprattutto se sei figlio di Odino. Nella speranza che, dopo la presa di coscienza del protagonista, a questa assunzione di responsabilità segua anche quella dei Marvel Studios. 

Thor: Ragnarok sarà nelle sale a partire dal 25 ottobre 2017.

Commento

Voto di Cpop

80
Thor: Ragnarok riporta al centro il lato comics dei cinecomics, con soluzioni stilistiche che guardano al mondo Marvel cartaceo e rendono i personaggi meno realistici, ma più vividi e accattivanti.

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