È difficile allontanare Mario Martone da Napoli, intesa come sistema filosofico e vitale più che come città fisica. Il modo tutto partenopeo di affrontare la vita e la vitalità trasbordante degli abitanti della città all'ombra del Vesuvio sono la materia stessa del cinema martoniano, che ama raccontare l'irruenza più che la convenzione, la gioventù più che l'anzianità, la rivoluzione più che lo status quo.
In questo ordine cosmico martoniano è più che naturale che il personaggio di un grande classico del repertorio di Eduardo De Filippo - il faccendiere e facilitatore Antonio Barracano del rione Sanità - si trasformi da anziano settantenne a padre di famiglia virile e sportivo, amante dei cani, della panca per addominali e della giustizia sì, amministrata però a modo suo, lontana dalle istituzioni. C'è una grande vitalità partenopea che scorre nelle vene di Il sindaco del rione Sanità: sfortunatamente spesso risulta eccessiva e controproducente al film stesso.
Dal teatro al Lido
La genesi di Il sindaco del rione Sanità è uno spettacolo teatrale realizzato dallo stesso Martone insieme a una compagnia di interpreti napoletani. Convinto della possibilità di trasformare il successo riscosso dalla pièce in un film, Martone contatta il suo produttore, per un progetto che vede per protagonisti gran parte degli attori visti di a teatro. L'idea iniziale è di ricavarne qualcosa di molto piccolo e molto veloce. Pur sviluppato con celerità, Il sindaco del rione Sanità diventa un progetto completo e complesso.
Per apprezzarne appieno il potenziale però bisogna portare pazienza. L'attacco del film è tutto fuorché coinvolgente; un po' perché ci si appoggia a un'immagine moderna di Napoli così vista e rivista da risultare ormai stereotipata (i graffitari e il rap partenopeo, i vicoli e i motorini), un po' perché il film ci mette tanto a ingranare. Ci vogliono parecchie scene prima che il fluire degli eventi risultati meno meccanico, prima che l'andare e venire dei personaggi non somigli troppo a un'entrata e un'uscita dalla scena di un palco: il film fatica a smarcarsi dalle sue origini teatrali e risulta a tratti molto ripetitivo e schematico.
A rallentare ulteriormente il coinvolgimento del pubblico ci pensano anche un paio di comprimari sin troppo impostati per risultare convincenti e tutta una serie di mosse anche un po' tamarre, ancorché molto partenopee, che spingono il film sul limite del trash involontario. Bisogna avere pazienza, predisposizione al cinema di Martone o entrambe le cose per dare tempo al film di scrollarsi di dosso tanti discorsi preliminari e arrivare al sodo.
Quando raggiunge le sue vette drammatiche, il lungometraggio si affida completamente al suo protagonista Francesco Di Leva, uno che la calata e l'attitudine di personaggi come Barracano non deve andarle a cercare troppo lontano. Per sua stessa ammissione è cresciuto in un quartiere difficile di Napoli, per cui garantisce una sorta di genuinità in questo pasticciaccio che si fa martirio civico per il bene comune. Nelle fasi finali Martone riesce a restituire almeno in parte il dramma di una città in cui le generazioni si susseguono controllate dall'urgenza di lavare l'onore col sangue, incapaci di fare un passo indietro per la sopravvivenza propria e della famiglia.
Se i temi universali di De Filippo funzionano ancora bene nel 2019, a Napoli e al cinema, Il sindaco del rione Sanità così come ricreato da Martone è un po' troppo lungo e macchinoso per essere consigliabile a scatola chiusa. Considerando che una parte non trascurabile del merito va alla storia di De Filippo stesso, lo consiglierei solo a quanti ne sono già interessati. In caso contrario, si rischia l'abbandono di prima di raggiungere la meta, in un film che dispensa con grande generosità spunti interessanti ed esagerazioni evitabili per la riuscita dello stesso.
Il sindaco del rione Sanità sarà nelle sale solo il 30 settembre e 1 e 2 ottobre 2019 come evento Nexo Digital.
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