A Complete Unknown, recensione: il mistero di Bob Dylan tra musica e cinema

Timothée Chalamet si trasforma in Bob Dylan in A Complete Unknown, un biopic che esplora l’essenza di un’icona musicale.

Autore: Nicholas Massa ,

Costruire un film che “inscatoli” e contenga l’essenza di Bob Dylan è praticamente impossibile, un lavoro che nessuno, probabilmente, riuscirebbe mai a realizzare senza tradire o deviare l’identità di un artista che ancora oggi rifugge da una definizione netta, riconoscibile quasi del tutto dai versi che ha scritto e cantato lungo le strade della musica, per i suoi dischi iconici e per le onorificenze ottenute. Da ciò, il titolo A Complete Unknown risulta praticamente perfetto nell’introdurre il nuovo lungometraggio dedicato a una parte della vita del cantautore, evocando un alone di mistero che diventa chiave di lettura romantica ancor prima di inoltrarci fra le immagini sul grande schermo.

Diretto da James Mangold, tratto dalla biografia Dylan Goes Electric! di Elijah Wald, e disponibile nei cinema dal 23 gennaio 2025, A Complete Unknown abbraccia totalmente la fugacità dell’artista al suo centro in un lavoro che ricostruisce restituendo principalmente sensazioni, in un gioco di nostalgia e rimando, contribuendo a un’epica del cinema sempre sospesa, in attesa di qualcosa che arriva ed esplode solamente nella parte finale della pellicola. Una climax sonora e recitativa, quindi, in cui a brillare è principalmente l’interpretazione di Timothée Chalamet, che tenta la trasformazione totale, la mimesi cinematografica, affiancato da un cast di tutto rispetto.

Il viaggio di una generazione

New York, anni ’60. In un periodo segnato dai fermenti culturali, dai cambiamenti sociali indelebili e da momenti politici forti, si forma di pari passo una scena musicale in piena evoluzione e rivoluzione. In essa vediamo prendere forma e leggenda la storia di un giovane diciannovenne proveniente dal Minnesota, diretto nel cuore del West Village. Con sé ha solamente una chitarra in spalla, un quaderno su cui annota delle idee e un talento pronto a rivoluzionare la musica americana. Quel ragazzo è niente meno che Bob Dylan (ancora Robert Allen Zimmerman all’epoca), un signor nessuno come tanti, che si appresta a cambiare per sempre la propria vita.

Searchlight Pictures.
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A Complete Unknown, quindi, parte dal nulla sviluppandosi lungo la crescente fama del ragazzo, i suoi incontri e scontri con le aspettative del movimento folk, per poi imboccare un percorso artistico controverso che avrà un impatto globale e darà molto da discutere alla scena musicale di tutti i tempi. Diretto da James Mangold, il film ripercorre la storia di Bob Dylan, interpretato da Timothée Chalamet, che dona la propria voce e il proprio volto alla causa, portando sul grande schermo una delle figure più influenti della musica moderna.

Gli anni Sessanta

Parlare dei primi momenti artistici di Bob Dylan significa immergersi anima e corpo negli anni ’60, in un periodo che ha segnato più di una generazione, generando frasi, momenti e movimenti con un’eco storica che risuona pure nel nostro presente. Prima ancora del suo stesso protagonista, nel film diretto da Mangold, emergono proprio quegli anni particolarissimi, fatti di guerre concettuali e intellettuali, di diatribe sociali, di discussioni che ritornavano nella stessa musica. Non solo, perché A Complete Unknown arriva innanzitutto attraverso le immagini e la ricostruzione di un contesto specifico, con le sue complessità, ipocrisie e icone. La musica, il fumo delle sigarette sempre accese, il suono degli artisti che componevano, trasformando la melodia in voce e racconto…

Il lavoro fatto in questo senso è sicuramente notevole, spingendo verso una credibilità che passa attraverso uno studio accurato e romantico, ma anche accorato e nostalgico del “dove” e soprattutto del “quando”, fondamentali per la comprensione stessa dell’artista al centro del film e del suo percorso creativo e personale. Ai margini di un momento storico di tale portata, colui che agli ultimissimi aveva tentato di dare voce e forza, imprimendo questa propria raison d’être in un processo inventivo che si rivela fondamentale nello stesso lungometraggio di Mangold.

Searchlight Pictures.
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Un film che guarda sì al passato, ma non lo fa diventare una ragione biografica primaria, prediligendo una scrittura che riporta e colpisce in modo più diretto e a tratti frammentato. Non il classico biopic, quindi, ma un percorso che abbandona la gradualità più tradizionale in favore di una particolare formazione attraversata dal romanticismo personale del protagonista.

L’universalità della musica che racconta un’epoca, che parla a tutti e di tutti in qualche modo, si contrappone all’artista che la compone e la proietta attraverso la propria voce sul palco. In questo conflitto si sviluppa la fascinazione di un racconto per immagini che mostra senza svelare fino in fondo, giocando con i dettagli di un cantautore che non si espone mai, se non attraverso la musica e ciò che scrive osservando il mondo intorno a sé. In questo, la performance di Timothée Chalamet funziona e risulta convincente, restituendo difetti e dettagli, fisici e vocali, di un'icona che torna al cinema passando per uno studio attento e una ricostruzione che lascia il segno.

Nel suo essere innanzitutto e principalmente “racconto delle origini”, A Complete Unknown cerca in tutti i modi di narrare, muovendo la macchina da presa in funzione sia dell’umano che dell’inumano, dell’icona e dell’uomo, ma senza mostrarne più del dovuto. È pure la musica a parlare arrivando in modo differente dal resto, sono le parole trasposte in versi e accordi a scavare nel momento e nel personaggio, sfruttando la chiarezza universale del genere folk per riportare a un passato impegnato in cui le canzoni erano anche mezzo e non soltanto intrattenimento temporaneo.

Searchlight Pictures.
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In un processo del genere, il film risulta coerente con la visione “romantica” ma anche tormentata intorno allo stesso Dylan, restituendo un’esperienza fortemente musicale che potrebbe, però, risultare stucchevole in alcuni momenti in cui il ritmo rallenta, forse anche troppo. Il risultato finale si riflette in un lavoro che non inscatola fino in fondo, che non trattiene ma piuttosto lascia andare, che non ingabbia ma trasporta senza una meta fissa, raggiungendo la climax di un momento rimasto impresso per sempre nella storia della musica.

Commento

Voto di Cpop

75
A Complete Unknown di James Mangold si presenta come un racconto frammentato e romantico che evita i cliché del biopic tradizionale per concentrarsi sulla complessità artistica e personale di Bob Dylan. Ambientato negli anni ’60, il film esplora le origini del leggendario cantautore, intrecciando la sua evoluzione musicale con il contesto storico e culturale dell’epoca. Grazie a una regia che privilegia la narrazione emotiva e visiva e alla convincente interpretazione di Timothée Chalamet, il film restituisce l’essenza di Dylan senza tentare di incasellarlo troppo. Tuttavia, il ritmo rallenta in alcuni momenti, rischiando di risultare ridondante, ma la forza della musica e la fedeltà al suo spirito universale riescono a trasportare lo spettatore in un’esperienza che celebra la magia e il mistero di un’icona senza tempo.

Pro

  • L'interpretazione di Timothée Chalamet, in cui vediamo il giovane attore immergersi con studio nella figura di Bob Dylan, restituendone difetti, dettagli fisici e vocali.
  • Il film evita i classici schemi del biopic, offrendo un racconto frammentato e romantico che cattura l’essenza dell’artista e del suo tempo.

Contro

  • Alcune sequenze rallentano eccessivamente, anche a livello musicale, rischiando di spezzare il coinvolgimento emotivo dello spettatore.
  • Pur evitando i cliché, il film si concentra più sulle sensazioni e sull’atmosfera, lasciando inesplorati alcuni aspetti chiave della vita e del carattere di Bob Dylan.
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