Mufasa - Il Re Leone, recensione: l'epica di un viaggio verso il mito

Mufasa: Il Re Leone altro non è che un racconto di formazione visivamente dinamico che rivela il passato di un re leggendario.

Autore: Nicholas Massa ,

Quando si parla de Il Re Leone al cinema, ci si relaziona con un caposaldo non solo della storia dell’animazione contemporanea, ma anche della cultura pop come l’abbiamo conosciuta e la conosciamo. Scegliere di riportare sul grande schermo il mondo di Simba è sempre un rischio, dato il suo peso e tutto l’amore che i fan nutrono nei suoi confronti. Ecco che Mufasa: Il Re Leone si pone proprio al centro di una discussione che da anni alimenta gli appassionati Disney, divisi tra lo stupore infantile provato davanti al film del 1994 e il grande successo al cinema del suo “remake” uscito nel 2019.

Il pericolo è altissimo, così come lo sono i nomi delle maestranze coinvolte nel progetto, primo fra tutti il regista Barry Jenkins, incanalate dalla voglia, questa volta, di raccontare una storia dal sapore inedito, che si pone come prequel introduttivo di un personaggio praticamente storico. Mufasa: Il Re Leone, quindi, introduce e anticipa, cita e ricorda, riporta e ripassa, cercando di fare meglio rispetto all’ultima pellicola uscita al cinema. Il cuore e la voglia di creare si sentono tutti, così come l’impegno nel mantenersi coerenti con il peso di un racconto che da sempre traccia il proprio cammino attraverso una scrittura impegnata ad approfondire i propri personaggi e i loro tormenti.

Tutto torna a quel “cerchio della vita” che abbiamo imparato a leggere e comprendere dalle parole di un padre quasi irraggiungibile. Tutto torna e, allo stesso tempo, se ne allontana con il preciso obiettivo di sfaccettare un mito irraggiungibile che, in Mufasa: Il Re Leone, si rivolge direttamente agli spettatori attraverso una semplicità tanto diretta quanto significativa.

Un cerchio che guarda e torna nel tempo

Nel cuore della savana, una nuova generazione è pronta ad ascoltare le storie che hanno plasmato il passato. La giovane cucciola Kiara, figlia di Simba e Nala, si immerge nei racconti di un periodo storico tanto lontano quanto vicino a lei, grazie alla saggezza di Rafiki, impegnato a impartirle una lezione che probabilmente si porterà dietro per tutta la vita: quella del giovane Mufasa e del suo viaggio verso la regalità. Accanto a lei, Timon e Pumbaa aggiungono il loro personalissimo tocco divertente, trasformando ogni narrazione in uno spettacolo indimenticabile. Mufasa: Il Re Leone parla dritto al cuore della piccola, ampliando di riflesso la propria voce al pubblico in sala.

Attraverso particolari flashback, scopriamo quindi un lato sconosciuto di Mufasa, presentato come un cucciolo orfano e indifeso, perso nella vastità della savana. L'incontro con Taka, un giovane leone legato a una personale stirpe reale, cambia il corso della sua vita. Uniti dalla necessità e dal desiderio di trovare il proprio posto nel mondo, i due affrontano prove difficili e pericoli mortali. Tra alleanze messe alla prova e minacce incombenti, il loro legame verrà temprato nel fuoco dell’avventura, rivelando come anche un destino apparentemente avverso possa forgiare un re.

Trovare se stessi

Il grande valore nel racconto di Rafiki risiede proprio nel fatto che abbraccia più sfumature, sfruttando una semplicità lineare e facilmente comprensibile da tutti. Il viaggio intrapreso dal piccolo protagonista di Mufasa: Il Re Leone ci mette immediatamente davanti alle sfide di un mondo duro, animale e imprevedibile, portando sul grande schermo il dramma identitario di un leoncino che perde i suoi genitori, ritrovandosi etichettato e arginato dai suoi stessi simili. Alle difficoltà di una grande perdita, quindi, il lungometraggio somma ulteriori sfide e riflessioni profonde, strettamente connesse all’essenza di un Mufasa che perde fin da subito se stesso.

Tutta la potenza di Mufasa: Il Re Leone risiede proprio nelle modalità attraverso cui riesce a inglobare più tematiche complesse all’interno di un percorso piuttosto semplice nella sua interezza. Il fatto di universalizzare momenti complessi come le crisi affettive e la ricerca del proprio posto nel mondo, riuscendo a renderne facilmente comprensibili le possibilità a tutti, non è affatto da sottovalutare.

Cristiana Caimmi & Co.
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Un processo creativo e comunicativo del genere, ovviamente, passa tutto attraverso la scrittura dei personaggi e la loro caratterizzazione. Mufasa, Taka, Zazu, Rafiki, Sarabi non sono più, in alcun modo, gli adulti che ricordiamo da Il Re Leone, ma giovani senza alcun legame su cui nessuno punterebbe nulla, in un mondo in costruzione.

Non hanno certezze ma solamente la perdita ad accompagnarli. Sono degli emarginati e proprio per questo risulta semplice entrare in contatto con tutti loro senza alcun problema. La loro giovane età è l’escamotage perfetto per mettere in campo le difficoltà nel trovarsi all’interno di un contesto in continuo movimento e anche crudele in alcune sue manifestazioni.

Ecco che in Mufasa: Il Re Leone la riflessione sull’età adulta prende una direzione opposta a quella che ci si potrebbe aspettare, ragionando piuttosto sulle esperienze specifiche che l’individuo ha vissuto fin dalla giovane età, sulle conseguenze di queste nel lungo termine e sul passaggio finale all’età adulta. Siamo le decisioni che abbiamo preso. Nulla più e nulla meno. Ma perché le abbiamo prese? Cosa ci ha spinto in quella direzione? Chi ha segnato il nostro cammino imprimendoci alcuni schemi morali ed etici che, volenti o nolenti, restano in parte con noi fino alla fine?

Cristiana Caimmi & Co.
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La sceneggiatura scritta da Jeff Nathanson sfrutta un mondo caro agli appassionati Disney, un contesto animale e selvaggio, per mettere sotto analisi alcuni specifici crucci umanissimi, capaci di trasformare la dimensione favolistica di un racconto anche canoro in un lavoro che ingloba riflessioni profonde, prendendosi la libertà di trasformare le imperfezioni dei suoi protagonisti in mezzi attraverso cui incentivarne la stessa credibilità emotiva.

Il tutto è coadiuvato da una regia che funziona proprio perché tende al dinamismo più sregolato in Mufasa: Il Re Leone, accompagnando gli sviluppi principali attraverso movimenti rapidi e un continuo “inseguimento” dei corpi e dei volti, impressi sul grande schermo, specialmente nei momenti più “giocosi”. Lasciando il segno anche da questo punto di vista, il film conferma la sua essenza particolare, trasformando l’inedito in spettacolo e riflessione, con qualche leggera sbavatura dal punto di vista dell’animazione, non sempre convincente.

Commento

Voto di Cpop

80
Mufasa: Il Re Leone esplora l’origine di un’icona Disney attraverso una narrazione che intreccia avventura e introspezione. La sceneggiatura di Jeff Nathanson approfondisce temi universali come la perdita, l’identità e la ricerca del proprio posto nel mondo, trasformando le imperfezioni dei personaggi in elementi che ne rafforzano la credibilità emotiva. La regia dinamica accompagna la crescita del protagonista con movimenti rapidi e un costante senso di inseguimento, creando un’esperienza visiva intensa, seppur con qualche sbavatura nell’animazione. Il risultato è un racconto che riesce a combinare spettacolo e riflessione, restituendo al pubblico un viaggio emozionante verso la regalità e il destino.

Pro

  • La sceneggiatura esplora temi universali come la perdita, l’identità e la ricerca di sé con grande sensibilità, rendendole facilmente accessibili a tutti.
  • I movimenti di camera rapidi e il senso di costante azione rendono il film visivamente coinvolgente.

Contro

  • Alcune sequenze animate risultano meno convincenti.
  • Nonostante l’approfondimento emotivo, alcuni passaggi narrativi seguono schemi già visti.
  • Le canzoni non sono memorabili.
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