Santocielo, recensione: Ficarra e Picone tornano al cinema per le feste

Autore: Nicholas Massa ,

Santocielo, il nuovo film interpretato e scritto da Salvatore Ficarra e Valentino Picone e diretto da Francesco Amato, ha il grande pregio di riuscire a parlare a una platea senza dover mai ricorrere a frasi mirate o a trucchetti di vario genere. Nella commedia di Ficarra e Picone si annida, da sempre, una particolare e riconoscibile universalità che anche in questo caso ritorna centrale e fondamentale, anche laddove le critiche ad alcuni atteggiamenti, contemporanei e passati, si fanno più dirette e senza troppi fronzoli. Al centro della pellicola, infatti, oltre all'assurdo e surreale susseguirsi degli eventi, troviamo un gruppo di persone, di esseri umani impegnati in un viaggio che li coinvolgerà nel profondo di un ragionamento oltre gli stessi limiti del grande schermo in sala (se n'è parlato anche durante la conferenza stampa con il cast di Santocielo).

Si ride e si scherza in Santocielo, celando all'ombra di un cinema perfettamente consapevole del proprio potenziale comunicativo, un racconto capace di toccare, ancora una volta, le corde scomode della nostra italianità, plasmando l'essenza di un film leggero, variegato e fantasioso, in cui anche le trovate più sui generis acquistano una coerenza interessante nel quadro d’insieme.

Santocielo e la legge del contrappasso

La storia di Santocielo si sviluppa lungo due strade ben distinte: da una parte troviamo Nicola (interpretato da Salvatore Ficarra), un insegnante di matematica in procinto di affrontare, titubante, la separazione con la donna che ama da tutta la vita, e Aristide (Valentino Picone), un angelo mandato sulla Terra da Dio per portare all’umanità il nuovo messia. Fin dall’inizio, il film di Amato ci presenta due protagonisti caratterizzati da un individualismo d’essenza comunemente condiviso. Se da una parte Nicola è egoisticamente e sordamente convinto che la sua Giovanna lo ami ancora, ignorando ogni sua frase e convinzione in questo senso, dall’altra troviamo un personaggio angelico che accetta di compiere un’impresa evitata da tutti gli altri solamente per il proprio tornaconto e un salto di carriera che lo porterebbe a realizzare un suo sogno da sempre.

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Partendo da premesse del genere si sviluppa un racconto in cui un uomo dalle caratteristiche bigotte e maschiliste resta, per pura casualità, incinto del nuovo Messia in modo del tutto inconsapevole. L’evento disastroso, quindi, svilupperà una serie di situazioni comiche capaci sia di divertire che di riflettere sulla nostra attuale percezione del prossimo e di noi stessi, in un viaggio che coinvolgerà tutti i protagonisti obbligandoli a fare i conti coi propri limiti, e con la percezione che il mondo potrebbe avere, o meno, verso questa gravidanza maschile.

Courtesy of Medusa/Giusi Battaglia comunicazione
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Il destino nella sua forma più accidentale possibile diventa, quindi, l’incognita principale nella vita di un Nicola inconsapevolmente bisognoso di essere salvato da se stesso e da una particolare lettura della propria esistenza scossa nel profondo da un’immacolata concezione che nessuno si sarebbe mai aspettato.

Santocielo: lo sguardo oltre la macchina da presa

Come avvenuto anche negli altri lungometraggi di e con Ficarra e Picone, anche in questo caso gli elementi comici e le trovate più divertenti diventano ben presto funzionali a un racconto che indaga sia le specifiche ragioni dei propri protagonisti, che quelle del mondo che li circonda, impreziosendo il tutto con uno sguardo sempre oltre l’obiettivo della macchina da presa. Non solamente una storia per immagini al servizio dello spettatore, ma qualcosa che parla dei limiti e delle incoerenze che ci trasciniamo dietro da sempre, giocando con una leggerezza che raggiunge nuovamente la dimensione religiosa tipicamente cattolica.

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Nel gioco dei ruoli e degli stereotipi, però, si annida il grande valore e impatto di Santocielo, insieme alla sua voce perfettamente coerente e allineata con quella dei suoi sceneggiatori Ficarra e Picone, affiancati da Francesco Amato, Davide Lantieri e Fabrizio Testini. Dalla storia folle di due uomini si sviluppa una sorta di studio umano che sa come divertire, cercando di analizzare, attraverso i limiti e le incoerenze dei suoi protagonisti, anche quelle di tutti noi.

Ad incorniciare una narrazione del genere troviamo una regia fresca e ricca di citazioni. Una vera e propria rappresentazione diretta dell’amore verso il cinema nutrito sia dallo stesso regista (risulta facile leggere in Santocielo un rimando a Psycho, ad esempio e ad altre pellicole che hanno fatto la storia del mezzo stesso) che dagli sceneggiatori e dagli addetti ai lavori coinvolti nel lungometraggio.

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Il pregiudizio come vero e proprio limite da abbattere in Santocielo

Santocielo si sviluppa, quindi, partendo da una serie di cliché e personaggi dalle fattezze stereotipate, per poi lanciarli nel buio di un salto che nessuno di loro si sarebbe mai aspettato. Questo specifico approccio costruttivo, nel delineare i protagonisti principali della vicenda, diventa fin da subito il pretesto principale per cercare di andare oltre gli elementi più familiari e facilmente riscontrabili.

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Se da una parte Nicola potrebbe sembrare il classico professore frustrato, egoista e maschilista, costretto in una quotidianità che non trova mai, fino in fondo, una risposta alla sua esistenza, lo stesso vale anche per Aristide, un angelo che, come tutti gli altri, sembra schifare a prescindere la razza umana, senza averne mai compreso le ragioni e quelle motivazioni che di giorno in giorno l’hanno resa tale. La stessa identica cosa accade anche coi personaggi femminili, interpretati da Barbara Ronchi e Maria Chiara Giannetta, pure loro impegnate a cercare di definire una sorta di vuoto, o comunque dubbio, che le porterà alle scelte che vedrete, e a una particolare comprensione di se stesse.

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Una delle frasi più curiose di Santocielo, detta proprio dalla Suor Luisa della Giannetta, riguarda le preghiere e il loro senso e ruolo, aiutando chi le pronuncia a "sentirsi meno soli". Da ciò l’ennesimo spunto interessante ad arricchire una narrazione che si fa moderna, e curiosamente intima nella lettura dell’essere umano a contatto con la collettività che lo circonda continuamente. Il rapporto col prossimo e il cercare di andare oltre quello che si vede, sono le due ragioni principali a sviluppare il racconto folle e sopra le righe di questa pellicola, capace di assumersi alcune responsabilità sociali senza mai cancellare del tutto una particolare delicatezza di fondo, in cui i sentimentalismi più velati diventano motivo di crescita per tutti.

Commento

cpop.it

78

Santocielo è un film che prosegue il percorso creativo e comico di Ficarra e Picone, sviluppando un racconto per immagini sia esilarante che critico nei confronti di alcuni pregiudizi e cliché tutti contemporanei. Giocando con la dimensione introspettiva e religiosa dei suoi protagonisti la pellicola, diretta da Francesco Amato, si relaziona direttamente col pubblico, costruendo un dialogo sia leggero che interessante.

Pro

  • L'idea di fondo e il modo in cui viene sviluppata cercando di distanziarsi da esperimenti precedenti dello stesso stampo.
  • L'attenzione allo specifico umano.
  • La critica ai pregiudizi e una specifica discussione diretta col proprio pubblico oltre la dimensione comica.

Contro

  • Alcuni sviluppi sono piuttosto frettolosi e casuali, giustificati solamente dalla leggerezza esilarante di fondo.
  • Forse i personaggi femminili avrebbero meritato ancora più spazio e approfondimento.
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