Silent Night - Il silenzio della vendetta, recensione: John Woo torna violento e prevedibile

John Woo torna con Silent Night - Il silenzio della vendetta, un film dalle premesse classiche, interessato soprattutto al proprio potenziale action.

Autore: Nicholas Massa ,

Tutti gli appassionati del cinema action hanno sentito parlare almeno una volta di John Woo o di uno dei suoi film. Stiamo parlando di un regista la cui cifra stilistica e approccio al mezzo cinematografico vengono ancora oggi studiati e presi ad esempio per parlare di una regia specifica e iconica nel genere in questione. Proprio per queste ragioni l’attesa nei confronti di Silent Night - Il silenzio della vendetta (Silent Night, in originale) è stata piuttosto trepidante, specialmente fra gli amanti del suo cinema e del suo lavoro fino ad oggi. In uscita il 30 novembre 2023, la pellicola ha fatto immediatamente parlare di sé a causa di alcune specifiche scelte narrative che interessano l’approccio alla storia e certi inconvenienti sul set che ne hanno inficiato la produzione.

Essendo il settimo film di produzione occidentale di Woo, non c’è da stupirsi se l’azione più violenta e diretta è il carburante principale dell’intera vicenda sul grande schermo, presentando una nuova opportunità per questo regista di affinare ulteriormente un genere cinematografico che negli ultimi anni ha avuto modo più volte di mostrare il proprio valore (guarda la saga di John Wick, ad esempio), reinventando le proprie caratteristiche in favore di una scrittura per immagini sia classica che sperimentale, nel suo porsi ai nuovi appassionati.

Silent Night - Il silenzio della vendetta: un revenge movie violento, brutalmente diretto e… prevedibile

Al centro di Silent Night - Il silenzio della vendetta troviamo la storia di Godluck (interpretato da Joel Kinnaman), un uomo che, distrutto dalla precoce perdita di suo figlio piccolo a causa di un proiettile vagante nel quartiere, cerca di vendicarsi, per poi essere brutalmente ferito dal capo di una delle due gang in guerra per il controllo locale: Playa (interpretato da Harold Torres). Il loro primo incontro viene infatti segnato da uno sparo di Playa che forerà la gola del protagonista, riducendolo in fin di vita e portandogli via per sempre la sua voce. Il dolore fisico, tuttavia, viene continuamente soppiantato dalla profonda depressione provocata dalla perdita paterna, onnipresente nella sua mente e nella vita di coppia con la bellissima Saya (Catalina Sandino Moreno).

Quando tutto sembra naufragare nello sconforto senza risposte, Godluck trova nell’ipotesi di una vendetta violenta un barlume di speranza e di ripresa, principalmente per se stesso, nonché l’unica via razionalmente ed emotivamente percorribile per cercare di dare un senso sia al suo dolore che alla propria esistenza. Partendo da una valutazione delle proprie possibilità in questa ottica, si origina una storia di vendetta che più classica non si può, in cui il sistema sociale, legislativo e di tutela del cittadino americano vengono messi brutalmente in discussione e da parte in favore di un'azione dai tratti specificamente privati, in cui l’insopportabile sofferenza personale diventa spasimo angoscioso e voglia di agire nel modo più diretto e sregolato possibile.

Silent Night - Il silenzio della vendetta: cifra stilistica e semplicità narrativa

La primissima cosa che salta all’occhio durante la visione di Silent Night - Il silenzio della vendetta è proprio la cifra stilistica di un regista che resta iconico e auto-citazionista dall’inizio alla fine. L’approccio action di John Woo è solitamente caratterizzato dall’utilizzo di alcuni "strumenti" ricorrenti (bullet-time e altre simbologie particolari) presenti anche in questa pellicola, capaci di valorizzare l’azione segnandone i tratti con un’autorialità specifica. Ogni singolo sviluppo del film, infatti, si trascina dietro tutta la violenza più diretta e tipica della filmografia del regista, anche se potrebbe non bastare per incuriosire fino in fondo.

L’idea di costruire ogni cosa intorno a un protagonista che non parla (possibile metafora della voce mutata del cittadino medio), privando la stessa pellicola di dialoghi a scandirne il ritmo, è sia interessante che controversa, specialmente se si affida l’intera gamma di emozioni a un protagonista apparentemente mono-espressivo e guidato da solamente due emozioni principali: rabbia e tristezza. Tutto Silent Night - Il silenzio della vendetta si regge, non a caso, sull’interpretazione di un Joel Kinnaman abbastanza in parte, anche se non troppo memorabile nel trasmettere i tormenti di un personaggio silenzioso. Ecco che i modelli più classici e conosciuti del cinema d’azione, ma anche western (l’eroe solitario che si fa giustizia da solo a suon di proiettili) fanno capolino in una storia che si nutre di leggende del genere, proiettandole sulla dimensione personale di un uomo di cui non conosciamo, in effetti, assolutamente nulla.

John Woo che cosa fa? Spoglia di ogni possibile orpello descrittivo la sua storia, servendoci una narrazione interessata solamente ad approfondire due elementi centrali: il dolore della perdita e la violenza brutale e personale di un uomo che sembra non avere più nulla da perdere. Passando per un processo di "eliminazione", Silent Night - Il silenzio della vendetta delinea un "oggetto cinematografico" molto elaborato dal punto di vista coreografico, altra caratteristica tipica del regista, impreziosendone ogni dettaglio con una regia riconoscibile ed estremamente dinamica, vera e propria protagonista del lungometraggio. Sono le immagini a parlare e quelle particolari inquadrature, anche fuori di testa, con cui vengono scanditi i silenzi rumorosi di un personaggio principale che guarda sempre altrove.

La pecca più grande di questo lavoro risiede nella prevedibilità generale. La vendetta è il cuore pulsante e resta tale, nel modo più puro e semplice possibile. Anche laddove viene accennata una minima critica al sistema sociale americano, Silent Night - Il silenzio della vendetta non ne approfondisce, volutamente, le caratteristiche e potenzialità intrinseche, giocando con una serie di modelli che sarebbero stati tipici negli anni ’90. Sulla stessa scia troviamo anche un’estetica, specialmente nell’ultima parte del racconto per immagini, che rimanda, in termini prettamente formali, a pellicole quali Il corvo o John Wick, per fare due esempi, ibridandone l’identità ambientale e fotografica. Il risultato si trasfigura in una storia vista in tantissimi altri frangenti che non cerca di innovarsi, in favore di un lavoro, dietro la macchina da presa, concentrato a valorizzarne alcune dinamiche specifiche e basta.

Silent Night - Il silenzio della vendetta: e il Natale?

Come da titolo, Silent Night - Il silenzio della vendetta è un film dalle caratteristiche pure natalizie. Il silenzio anticipato si riallaccia sia alle condizioni fisiche del personaggio principale che alla celeberrima canzone simbolo del Natale in tutto il mondo. Da questo punto di vista, Woo si serve di alcuni simbolismi provenienti da questa festa, sia estetici che musicali, deviandoli in un intreccio che ne abbrutisce le dinamiche più festose, per poi plasmarne i tratti più riconoscibili in qualcosa che contrasta inevitabilmente con le immagini sul grande schermo.

Partendo proprio da questo contrasto, tutto si muove, si incontra e allontana continuamente. La famiglia, il dolore, la perdita, la sofferenza di un padre, la depressione lancinante, la voglia di scappare e quella di combattere, e lo schifo più sudicio di una società che guarda dall’altra parte. Da tutto ciò, la vendetta diventa uno strumento narrativo fondamentale nella comprensione sia degli intenti del regista che del protagonista, servendo una serie di svolte che fanno della violenza l’unica voce possibile ma… basterà a convincere fino in fondo?

Commento

Voto di Cpop

65
Con Silent Night - Il silenzio della vendetta John Woo dimostra nuovamente la potenza del proprio cinema d'azione, anche a discapito di tutto il resto. Lavorando su una storia dalle caratteristiche sia classiche che interessanti, questo regista stupisce servendosi di una serie di modelli estremamente familiari per tratteggiare un percorso di violenza sicuramente dinamico e studiato, che spoglia la dimensione narrativa di qualsiasi idea nuova.

Pro

  • La regia e le coreografie fuori di testa.
  • La violenza come unica voce, anche sociale e personale.

Contro

  • La trama è troppo prevedibile e scarna.
  • Il ritmo condensato nell'interpretazione di un protagonista che non convince fino in fondo.
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