La Fabbrica di Cioccolato è uno dei romanzi per ragazzi più famosi. Scritto nel 1964, il libro è ispirato alla giovinezza del suo autore alla Repton School, quando la ditta di cioccolato Cadbury spediva ai ragazzi delle confezioni di dolci da provare, per capire quali fossero i migliori.
Willy Wonka è uno dei personaggi più significativi e colorati della letteratura dahliana. Sul grande schermo è stato interpretato da Gene Wilder nel film di Mel Stuart (1971) e da Johnny Depp nella pellicola di Tim Burton (2005). Ma anche il ragazzino protagonista, Charlie Bucket, è indelebile nei ricordi dei fan.
Willy e Charlie: due figure indimenticabili
La storia è conosciuta: Willy Wonka, proprietario della misteriosa e meravigliosa fabbrica di cioccolato, indìce un concorso: nelle confezioni delle sue tavolette inserirà dei biglietti d'oro e chi li troverà potrà visitare lo stabilimento. I fortunati sono alcuni ragazzini ricchi e viziati che hanno comprato parecchi dolciumi... e Charlie Bucket, un bambino povero che trova per un colpo di fortuna il biglietto.
Un Charlie nero?
È stata fatta anche una nuova rivelazione sulla genesi della storia, riferita dalla vedova di Dahl, Liccy, e dal suo biografo ufficiale a The Guardian: secondo i progetti iniziali dello scrittore, il protagonista del libro avrebbe dovuto essere di colore.
Il primo Charlie di cui [Roald Dahl] scrisse era un ragazzino nero.
Secondo le dichiarazioni del biografo ufficiale Donald Sturrock riportate da The Guardian, il cambiamento sarebbe stato dettato dall'agente di Dahl, che pensava che altrimenti Charlie non sarebbe stato abbastanza appetibile per i lettori.
Posso dirvi che era l'agente a pensare che fosse una pessima idea, all'epoca della pubblicazione, avere un eroe nero. Lei disse che le persone avrebbero chiesto 'Perché?'
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Le polemiche "etno-fantasy" su La Fabbrica di Cioccolato
Questo snodo diventa ancora più interessante alla luce delle polemiche che si erano scatenate sulla figura degli Umpa Lumpa: la raffigurazione dei pigmei africani poteva essere una sorta di cenno umoristico alla schiavitù.
L'autore si era difeso dicendo che vedeva quei personaggi come dei nani in mood hippie che popolavano un universo immaginario. Per evitare altri problemi, in una seconda edizione del film di Mel Stuart furono colorati in arancione.
La vicenda getta una luce generale sul mondo editoriale, vessato da troppe cautele e troppe restrizioni nei confronti degli autori, sempre in nome dei potenziali profitti.
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