Il parco più avveniristico di sempre avrebbe dovuto aprire i battenti nell’ottobre del 1990 per volere di un tycoon sognatore di nome John Hammond. Accadeva nel best-seller Jurassic Park, fantascienza mista ad avventura partorita dalla penna di Michael Crichton.
Al cinema Jurassic Park approdò nel 1993 per volere di Steven Spielberg. Fu un trionfo senza precedenti. I dinosauri e l'uomo: due specie separate da 65 milioni di anni riunite grazie ai prodigi della genetica. La fantascienza smise di affacciarsi sul futuro per rivolgere invece il proprio sguardo all'indietro nel tempo, ammirando con un misto di stupore e terrore creature terribili riportate in vita grazie alla clonazione.
Il film di Spielberg, uno dei più grandi successi di sempre al botteghino, ebbe il grande merito di spingere più in là i limiti della computer grafica, portando sullo schermo creature terrificanti eppure incredibilmente realistiche, andando così a nutrire l'immaginario collettivo di nuovi, temibili, mostri (sulla scia di quanto fatto dal cineasta americano con Lo squalo). La pellicola accese la fantasia dei giovanissimi, consegnando alla storia del cinema lucertoloni in carne e ossa prelevati da un mondo perduto per sempre decine di milioni di anni prima.
1993-2001, la trilogia originale
Della trama di Jurassic Park troverete un'analisi esaustiva nel nostro speciale di prossima uscita che confronta la pellicola di Spielberg con il romanzo di Crichton. Le vicende raccontate su carta e schermo raccontano di un ambizioso progetto portato avanti tra la metà degli anni '80 e i primi '90 in un laboratorio privato situato su Isla Nublar, al largo del Costa Rica. L'obiettivo di una società di bioingegneria con sede a Palo Alto - la InGen di proprietà dell'anziano miliardario John Hammond - è quello di riportare in vita mediante clonazione alcune specie di dinosauri per farne l'attrazione principale di un parco preistorico. Finirà in tragedia. Le misure di sicurezza si riveleranno inadatte; i carnivori fuggiranno dai recinti elettrificati decimando i dipendenti della struttura e pure alcuni illustri visitatori giunti sull'isola per un'ispezione. Come effetto immediato del disastro InGen, Jurassic Park chiuderà i battenti ancor prima di aprire al pubblico.
Il film del '93 è un thriller mozzafiato che lega insieme fantascienza ed elementi appartenenti alla sfera del survival movie. I protagonisti, è vero, sono i denti aguzzi: il feroce sbrana capre, ovvero il T-Rex (la cui entrata in scena possiede quel magnifico tocco teatrale) e i subdoli Velociraptor. Evitando di ingaggiare volti da star che avrebbero potuto sulla carta oscurare le dino-presenze del film, Spielberg raduna un cast formato da validi attori a cui la pellicola regala (ancora più) grande notorietà: da Jeff Goldblum, l'ex "uomo mosca" di Cronenberg che nel film impersona il matematico Ian Malcolm, al neozelandese Sam Neill, reduce all'epoca dai successi "marittimi" di Ore 10: calma piatta e Caccia a Ottobre Rosso, passando per la musa di Lynch Laura Dern e un'istituzione del cinema quale Richard Attenborough. Nella pellicola compare in un piccolo ruolo anche Samuel L. Jackson.
Spielberg nel 1996 torna dietro la macchina da presa per girare Il Mondo Perduto, sequel che vedrà poi la luce a 4 anni di distanza dal precedente. I risultati al botteghino sono soddisfacenti ma il film viene accolto tiepidamente dalla critica, complice una regia a tratti svogliata di Spielberg. Non funziona - o non viene sfruttata a dovere - l'idea di un Sito-B realizzato su un'altra isola (una delle "Cinque Morti", Sorna) dove i dinosauri vivono in libertà, inseriti in un'ecosistema primordiale dove non vi è traccia di esseri umani (in seguito all'esodo InGen successivo al disastro di Isla Nublar).
Il secondo capitolo della saga giurassica delude, inutile girarci intorno. Nondimeno, Universal Pictures dà il via libera 3 anni dopo alla realizzazione di un altro sequel alla cui regia c'è Joe Johnston. È un ulteriore passo indietro per la saga. Senza un romanzo a cui ispirarsi, la pellicola sfocia in un b-movie avventuroso che recupera alcune soluzioni dal primo libro di Crichton (su tutte la Voliera) e che tenta di rianimare l'interesse del pubblico introducendo un nuovo, terrificante, predatore: lo Spinosauro.
Jurassic World, operazione nostalgia
A 22 anni di distanza dal primo, indimenticabile film, i tempi sono maturi per un'operazione nostalgia a metà fra un sequel e un reboot. Il parco riapre i battenti. Anzi no. È una struttura costruita ex novo attorno ai resti del vecchio Centro visitatori in cui l'attrazione principale è un sadico ibrido - l'Indominus Rex - che semina il panico tra i visitatori. Jurassic World trionfa al box-office del 2015 deludendo però buona parte dei vecchi fan, ai quali non resta che riporre ora gli ultimi barlumi di ottimismo in Jurassic World: Il regno distrutto.
La genesi di un must della fantascienza
Prima di immergerci nella nuova avventura giurassica che vede protagonisti Chris Pratt e Bryce Dallas Howard, andiamo alla scoperta dei "segreti" di Jurassic Park, uno dei progetti cinematografici più ambiziosi e ardui che la storia della settima arte ricordi.
“Il mondo ha subito cambiamenti così radicali che corriamo per tenerci al passo”. La battuta di Sam Neill, il paleontologo Alan Grant di Jurassic Park, ascoltata oggi si presta ad una doppia interpretazione: ai progressi dell'ingegneria genetica nella fiction si sommano quelli della computer grafica, che proprio negli anni dell'uscita in sala del film fanno registrare passi da gigante. Jurassic Park ne è la testimonianza più nitida dopo i prodigi della Industrial Light & Magic con Terminator 2 - Il giorno del giudizio.
È il 1990 quando da una chiacchierata tra Steven Spielberg - ingaggiato da Universal Pictures, detentrice dei diritti di sfruttamento del best-seller - e Michael Crichton (autore del romanzo Jurassic Park) scaturisce la folle idea di riportare in vita, a distanza di 65 milioni di anni, i dinosauri. Il credo che anima il regista de I predatori dell’Arca Perduta è quello di “far veder al pubblico ciò che non è stato mai mostrato prima”. Per riuscire nell'impresa, Spielberg raduna un team di brillanti menti del settore degli effetti speciali: dall’esperto di robotica a grandezza naturale Stan Winston al deus ex machina della ILM Dennis Muren per arrivare al re dell'animazione in stop-motion Phil Tippett e al supervisore Michael Lantieri.
Nel 1991 i lavori di pre-produzione di Jurassic Park prendono il via negli studi di Stan Winston, dove vengono realizzati alcuni modelli a grandezza naturale. Si tratta di veri e propri animatronic che riproducono le fattezze delle creature preistoriche. Tippett, dal canto suo, ottiene risultati sorprendenti con le tecniche di animazione a passo uno (quelle, per intenderci, utilizzate con efficacia da Ray Harryhausen in Giasone e gli Argonauti, film mitologico del 1963 diretto da Don Chaffey). I risultati di Tippet, tuttavia, non incontrano il gradimento del regista, preoccupato dall'aspetto posticcio di quelli che dovrebbero essere i veri protagonisti di Jurassic Park.
Da qui in poi la storia della produzione del film di Spielberg si lega a quella del cinema in generale, aprendo la strada ad una nuova era, quella del digitale e della grafica computerizzata. Dennis Muren, infatti, mostra a Spielberg alcune prove. Il regista di E.T. - L’extra-terrestre, rimasto in precedenza colpito dai risultati raggiunti da James Cameron prima con The Abyss e poi col sequel di Terminator, è ossessionato all'epoca dai progressi della computeristica. Qualche anno prima, nel 1985, aveva prodotto Young Sherlock Holmes di Barry Levinson, pellicola in cui fa la sua apparizione la prima creatura computerizzata vista in un film e creata dagli esperti della ILM.
Il materiale che i tecnici degli effetti digitali fanno visionare a Spielberg comprende un branco di Gallimimus in fuga, a cui poi viene aggiunto e sovrapposto il T-Rex. Quando a Spielberg viene mostrato il video, questi non può che esclamare: “Ecco il futuro sotto i nostri occhi”; mentre Phil Tippet intuisce che le sue tecniche di animazione sono praticamente superate. “Mi sa che sono estinto”; le parole pronunciate dall'effettista e poi riciclate da Spielberg in una celebre battuta di Ian Malcolm (Jeff Goldblum) nel film. Con la CGI, in pratica, è tutta un'altra (prei)storia e la superlativa resa visiva del film dipenderà dal risultato di diverse componenti: le tecniche di animazione computerizzata dell'ILM, gli animatronic e il trucco prostetico di Winston e il coordinamento dello stesso Tippet, bravo a modificare il proprio campo di operatività.
Ciak, si gira!
Nell'agosto del 1992 la troupe e il cast di Jurassic Park sbarcano a Kauai (nel film indicata come Isla Nublar in Costa Rica), nell'arcipelago delle Hawaii, per tre settimane di riprese in esterni del film. La scena della Triceratops avvelenata viene filmata per prima, seguita da quella del recinto dei Raptor, con il regista che simula versi al megafono per stimolare le reazioni degli attori. Il set viene poi minacciato da un uragano che costringe cast e troupe a riparare all'interno dell'albergo per attendere in sicurezza che l'incubo atmosferico oltrepassi la zona. Dopo una toccata e fuga nel deserto del Mojave, la troupe si sposta negli Universal Studios per girare gli interni del laboratorio, del centro visitatori e del recinto del T-Rex.
L'effetto speciale più difficile da realizzare durante le riprese? I cerchi nel bicchiere d'acqua posto sul cruscotto della jeep provocati dalle vibrazioni d'urto. Michael Lantieri lo definì all'epoca un autentico incubo, con Spielberg fissato per le vibrazioni causate dal passaggio del T-Rex dopo averle osservate allo specchietto retrovisore dell'auto mentre ascoltava gli Earth, Wind & Fire. Lantieri trova la soluzione pizzicando le corde di una chitarra e posizionando un bicchiere d'acqua sullo strumento musicale.
Le riprese, però, si rivelano ancora più insidiose quando di mezzo c'è un animatronic di 8 tonnellate. Per la sequenza dell'attacco del T-Rex alle jeep, infatti, il gigantesco modello costruito a grandezza naturale si trova sotto una pioggia torrenziale e i meccanismi anti-dondolio vengono alterati dal peso sfalsato dall'acqua. Il dinosauro comincia a vibrare vistosamente e i tecnici sono costretti a lunghe pause per asciugarlo con degli stracci. Una vera e propria odissea giurassica sotto il diluvio.
Un finale diverso
La spaventosa sequenza del recinto del Tirannosauro suggerisce in corso d'opera a Spielberg un cambiamento per il climax del film quando ormai mancano poche settimane al ciak conclusivo. "Quando ho visto il T-Rex ho pensato: lui è la star, se non lo faccio tornare in scena il pubblico mi odierà!". E così il filmaker decide di farlo apparire nuovamente al centro visitatori in veste di salvatore di Grant, della dottoressa Sattler e dei nipotini di Hammond, accerchiati dai Raptor. Il finale del copione prevedeva invece che Grant uccidesse uno dei due carnivori, mentre Hammond si sbarazzava dell'altro.
A riprese concluse, si entra nella fase di post produzione di Jurassic Park, con i progressi della computer grafica che permettono soluzioni sempre più avanzate e impensabili fino a qualche mese prima. Sistemi come il DID (dispositivo input dinosauri) consentono di tradurre movimenti reali in istruzioni per il computer. Le soluzioni più originali sono, però, quelle relative all'aspetto sonoro dei lucertoloni. Per risultare credibili, i dinosauri del film non solo devono emulare comportamenti del mondo animale odierno (in questo un valido aiuto arriva dal paleontologo Jack Horner, fautore di una teoria evoluzionista degli animali preistorici che li vuole imparentati con gli uccelli), ma anche emettere versi credibili. Per farlo i tecnici del suono raccolgono e poi campionano versi dei più disparati animali esistenti e poi li mixano: è così per il dilophosauro, il cui verso è il risultato dell'interazione tra il canto del cigno, il verso del falco, il sibilo del serpente a sonagli e il grido della scimmia urlatrice. E l'agghiacciante ringhio del Velociraptor? Una combinazione stupefacente di due animali marini: il delfino e il tricheco. Per il T-Rex invece viene utilizzato il ruggito del leone, mixato al rumore che produce un cane alle prese con una pallina da tennis da sbranare.
Come abbiamo avuto modo di constatare, la realizzazione di Jurassic Park è paragonabile ad un miracolo. Nasce da un'intuizione di uno straordinario scrittore, incontra un sognatore principe dell'immaginario e si lega al progresso per affascinare intere generazioni attraverso un mondo spietato, perduto, che esiste solo nel buio di una sala.
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