Serie TV musicali, quelle da vedere e quelle da evitare

Vi piacciono Mozart in the Jungle e Crazy Ex-Girlfriend? Siete orfani di Galavant? Niente paura: ecco 10 serie a base di musica da vedere assolutamente, e 10 da evitare.

Autore: Alessandro Zoppo ,

Vi mancano i numeri dei ragazzi di #Glee, lo scintillante mondo dei musical di #Smash e le nevrosi della Rebecca di #Crazy Ex-Girlfriend?

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Amate il fiabesco politicamente scorretto di #Galavant e la musica classica mai così rock del delizioso #Mozart in the Jungle?

Siete tra i pochi che ricordano Rock Follies, lo show sulle signore del glam Little Ladies?

Se la musica e le serie TV sono la vostra passione, siete capitati nel posto giusto. Questa lista ne include 20, ovvero 10 da vedere e 10 da evitare. Partiamo con le prime, quelle imperdibili.

  1. Treme
  2. Vinyl
  3. The Eddy
  4. Nashville
  5. The Get Down
  6. Flight of the Conchords
  7. Roadies
  8. Soundbreaking
  9. Fosse/Verdon
  10. Sex & Drugs & Rock & Roll

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Treme

L'uragano Katrina e lo straripamento del lago Pontchartrain, che nel 2005 hanno devastato New Orleans, hanno profondamente cambiato la "Big Easy", culla del jazz e del blues. David Simon, già autore di #The Wire e dei successivi #Show Me a Hero e #The Deuce, si immerge nella città della Louisiana a tre mesi dal disastro.

Treme è un quartiere storico di New Orleans: il jazz è nato proprio qui. Per quattro stagioni, Simon fotografa cosa accade ad un pugno di sensazionali personaggi (su tutti il suonatore di trombone Antoine Batiste, interpretato da Wendell Pierce, e Big Chief Albert Lambreaux, ovvero Clarke Peters) tra le ricette neo-liberiste per la ricostruzione, il dilagare del crimine urbano, le discriminazioni razziali e i conflitti sociali che continuano a imperversare, la gentrificazione e l'aumento dei prezzi degli immobili.

Al centro della storia, però, c'è soprattutto la musica, che accompagna le vicissitudini dei protagonisti e arriva direttamente sullo schermo con ospiti illustri (Elvis Costello, Cassandra Wilson, Steve Earle e tanti altri) e figure iconiche che racchiudono quello scrigno di jazz, rhythm & blues, gospel, boogie, funk, barrelhouse piano, cajun che è NOLA: Dr. John, John Boutté, Rebirth Brass Band, Galactic, Irma Thomas, Allen Toussaint, The Neville Brothers, Jon Cleary, Kermit Ruffins, Trombone Shorty, Juvenile.

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La colonna sonora, inutile aggiungerlo, è perfetta. Per Aymar Jean Christian di IndieWire (e non solo lui), Treme è persino meglio di The Wire.

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Vinyl

La New York degli anni '70, fiumi di cocaina, sesso e rock'n'roll, le firme prestigiose di Mick Jagger, Martin Scorsese e Terence Winter, un cast ricco di volti noti come Bobby Cannavale, Olivia Wilde, Juno Temple e Ray Romano.

Vinyl è stata la serie-evento del 2016 e ha ricostruito, attraverso le peripezie del discografico Richie Finestra, quel sottobosco musicale che va oltre festini e rockstar e tocca elementi problematici come l'ossessione per la droga, lo sfruttamento dei diritti d'autore, il circuito fagocitante delle major.

Una serie per veri appassionati, con l'episodio pilota diretto da Scorsese (e costato 30 milioni di dollari) che è una meraviglia, il cameo di David Bowie nel sesto episodio e una colonna sonora eccezionale, a base di cover di brani del periodo rifatti da Chris Cornell, Julian Casablancas e altri.

Nonostante l'accoglienza positiva da parte della critica, Vinyl non ha retto le aspettative di share di HBO ed è stata cancellata dal network dopo appena una stagione. "Se abbiamo risorse limitate, dobbiamo usarle anche per altre cose", ha spiegato Casey Bloys. Un vero peccato.

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The Eddy

Una vecchia band di amici musicisti si rimette insieme per salvare The Eddy, un locale parigino diventato un punto di riferimento per gli amanti del jazz. Tra loro spiccano Elliot, famoso pianista segnato dalla morte del figlio, e Maya, cantante con cui lui ha avuto una storia.

Il complicato rapporto di Elliot con la figlia Julie, fuggita da New York, è il filo conduttore degli otto episodi della serie Netflix, diretti come in una jam session da quattro registi diversi (i primi due portano la firma di Damien Chazelle, già alle prese con il jazz nel film che lo ha lanciato, #Whiplash) e affidati ad uno strepitoso gruppo di attori.

I volti "noti" sono quelli di André Holland, Tahar Rahim, Leïla Bekhti, Tchéky Karyo e Melissa George. Ma la nota sorprendente è la band, che interpreta se stessa e suona davvero. Joanna Kulig, l'attrice polacca premiata con l'Efa per #Cold War di Paweł Pawlikowski, è la bravissima Maya. Lada Obradovic e Damian Nueva Cortes sono la batterista Katarina e il bassista Jude.

Finalmente un serie strapiena di vera musica, scritta dal produttore Glen Ballard (il collaboratore di Michael Jackson per Bad e Dangerous e producer di Jagged Little Pill di Alanis Morissette) e dal compositore Randy Kerber (candidato all'Oscar per la colonna sonora de #Il colore viola e storico collaboratore di Alan Silvestri) come celebrazione del jazz e dell'arte dell'improvvisazione, sul palco e nella vita.

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Nashville

In origine c'è il capolavoro di Robert Altman del 1975, che racconta l'America del country e del bluegrass, i suoi splendori, gli orrori e le contraddizioni. Nel 2011 la sceneggiatrice Callie Khouri, vincitrice di un Oscar per #Thelma & Louise, propone ad ABC un concept semplice: una serie musicale basata sui suoi ricordi del periodo trascorso a Nashville dal 1978 al 1982.

Lo show debutta nel 2012 e viene subito bollato da certa critica come un "#Dallas in Tennessee". La serie, ovviamente, si interroga su molto altro: il ruolo delle donne nel mondo discografico e degli affari, la corsa al successo, lo scontro tra generazioni, gli inganni della politica. Senza dimenticare l'aspetto più importante: le musiche.

La colonna sonora è affidata a T-Bone Burnett, marito della Khouri e soprattutto icona del country rock, prima da "sideman" di Bob Dylan e poi da produttore e compositore di colonne sonore di successo, da #Fratello, dove sei? a #Quando l'amore brucia l'anima - Walk the Line. Nashville, che vanta canzoni originali di Elvis Costello e Lucinda Williams, si è fermata alla sesta stagione, recuperata da CMT in seguito alla cancellazione improvvisa da parte di ABC.

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The Get Down

Baz Luhrmann raccoglie il guanto di sfida lanciato da Martin Scorsese con Vinyl e racconta le origini dell'hip hop attraverso la storia dei Get Down Brothers, un gruppo di ragazzini capitanati da Zeke (Justice Smith), Shao (Shameik Moore) e Mylene (Herizen F. Guardiola) che nel 1977 si fa strada nel degradato South Bronx di New York.

Mamoudou Athie è il "guru" Grandmaster Flash (è lui a spiegare che cos'è il "get down": il "pezzo forte" di un brano) e con il suo personaggio ne appaiono altri fondamentali per la scena come DJ Kool Herc, Afrika Bambaataa (e la sua Zulu Nation), Rahiem, Kurtis Blow e Nelson George. Gente che ha davvero fatto la storia del genere.

Il debutto televisivo del regista australiano di Romeo + Juliet e #Moulin Rouge! si avvale della supervisione dello storico dell'hip-hop Nelson George e propone un'accurata ricostruzione filologica (durata dieci anni di lavoro) di com'è iniziato ufficialmente l'hip-hop. L'uscita di Rapper's Delight della Sugarhill Gang segna, non a caso, la chiusura dello show.

La protagonista della serie è, neanche a dirlo, la musica: il re dello scratch Grandmaster Flash è produttore associato e consulente, il rapper Nas ha creato le rime sparate dai protagonisti. Purtroppo, The Get Down è finita dopo appena 11 episodi: la produzione Netflix più costosa di sempre (circa 120 milioni di dollari di budget) è stata cancellata per i bassi ascolti.

Per fortuna, resta la colonna sonora (su Spotify e su iTunes), un'esplosione di mélo, tragedie e riscatti sociali a colpi di funk assatanato, sensuale disco music e rap degli albori. Da vedere insieme a #Empire, l'epopea del re dell'hip-hop Lucious Lyon, interpretato da Terrence Howard.

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Flight of the Conchords

I musicisti Jemaine Clement e Bret McKenzie sono il duo (realmente esistente) dei Flight of the Conchords, ovvero "il quarto più popolare duo di chitarristi-digi-bongo a cappella-rap-funk-folk comico della Nuova Zelanda".

Compagni di studi e di stanza alla Victoria University di Wellington, Bret e Jemaine cominciano ad esibirsi dal vivo alla fine degli anni '90, incidono diversi dischi (da ascoltare l'esordio Folk the World Tour), partecipano al programma One Night Stand di HBO e ottengono uno strepitoso successo con una trasmissione per BBC Radio 2.

Nel 2007 HBO propone al duo una serie comico-surreale per raccontare l'approdo a New York alla conquista del mercato statunitense. Il risultato è una sitcom in due imperdibili stagioni, dove la coppia si confronta con il rapporto con la fan/stalker Mel, le riunioni con il manager dalle scarse capacità promozionali Murray, la rivalità nella leadership della band e la condivisione dell'insuccesso da perenni squattrinati.

Tantissimi i cameo (da Will Forte e Taika Waititi a Kristen Wiig e Lucy Lawless) e i numeri musicali: ogni episodio include due o tre brani del duo, riunite in playlist sul canale YouTube del gruppo. Dolci disavventure, dialoghi esilaranti e sofisticate canzoni d'autore sono la miscela di questa comedy musicale che rasenta la perfezione.

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Roadies

Cameron Crowe è reporter di Rolling Stone sin da quando aveva 13 anni e ha raccontato la sua passione per la musica nel cult movie #Quasi famosi. Dopo una serie di progetti disastrosi, da #La mia vita è uno zoo a #Sotto il cielo delle Hawaii, il regista ha provato a risalire la china in televisione con questo dramedy dedicato a ciò che conosce davvero bene: i dietro le quinte di un gruppo rock di enorme successo, l'immaginaria Staton-House Band.

Prodotta da J.J. Abrams con la manager dei Pearl Jam Kelly Curtis, Roadies racconta per dieci episodi il lavoro poco noto di chi gravita attorno ad un fenomeno da milioni di copie vendute e stadi pieni: i roadies appunto (i professionisti che trasportano, montano, accordano e provano la strumentazione di una band), gli operatori, i tecnici del suono e i produttori senza i quali il rock, per come lo conosciamo, non esisterebbe.

Bocciata dalla stampa americana, la serie è durata appena una stagione, nonostante un ottimo cast (che include Luke Wilson, Carla Cugino e Imogen Poots), le musiche sensazionali (da The Head and the Heart e Frightened Rabbit a John Mellencamp, Robyn Hitchcock e Jackson Browne) e il cameo prezioso di Eddie Vedder, che si esibisce in acustico sulle note di Man of the Hours nell'ultimo episodio, The Load Out. Avrebbe meritato una seconda stagione.

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Soundbreaking

Il "testamento" di George Martin, il leggendario produttore dei Beatles scomparso l'8 marzo 2016 che, in collaborazione con Dr. Dre (il producer che ha plasmato il suono di rap e hip-hop di ieri e di oggi), ha dedicato questa docu-serie in otto episodi ai sistemi di registrazione e produzione che hanno rivoluzionato il mondo della musica a partire dalla seconda metà degli anni '60.

Un doc per addetti ai lavori? Soltanto in apparenza: attraverso più di 160 interviste originali ad artisti che hanno fatto la storia, da Paul McCartney e Ringo Starr a Roger Waters, Roger Daltrey, Elton John, Debbie Harry, Quincy Jones e tanti altri, la serie esplora i legami tra tecnologia, arte e avanguardia e illustra come la musica sia diventata cultura e fonte di identità, intrecciandosi con la storia e la memoria.

Passata su Rai 5 e purtroppo scomparsa da RaiPlay, Soundbreaking - Stories from the Cutting Edge of Recorded Music è stata inserita da The Hollywood Reporter nella lista dei migliori programmi televisivi andati in onda nel 2016 ed è stata definita da Tim Goodman "uno dei migliori documentari musicali di tutti i tempi".

Fosse/Verdon

Bob Fosse è il geniale coreografo e regista statunitense di #Cabaret, #All That Jazz e Sweet Charity, che con il suo stile inconfondibile ha cambiato Broadway e la storia del musical. Gwen Verdon è la ballerina sposata da Fosse nel 1960, la Charity su cui Neil Simon ha scritto il personaggio teatrale che frutta alla danzatrice uno dei suoi cinque Tony Awards.

Steven Levenson e Thomas Kail, con il produttore esecutivo Lin-Manuel Miranda (il creatore di #Hamilton), raccontano in questa mini-serie in otto episodi il rapporto sentimentale, creativo e contraddittorio della coppia e "il prezzo che hanno pagato nella ricerca del successo". Gli ingredienti ci sono tutti: l'epoca d'oro dei musical, l'alchimia e i contrasti tra i due, la colonna sonora jazz di Alex Lacamoire con le fenomenali performance di Bianca Marroquín, Rema Webb e Kelli Barrett.

A spiccare, però, sono i protagonisti Sam Rockwell e Michelle Williams, che fanno incetta di premi e si esibiscono sulle coreografie ricostruite da Andy Blankenbuehler e Susan Misner. Uno spettacolo da non perdere, che appassiona persino i meno avvezzi ai musical.

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Sex & Drugs & Rock & Roll

Cosa succede ad una rock band quando tocca il fondo? Lo racconta questa scatenata comedy ideata e interpretata da un insuperabile (e troppo spesso sottovalutato) Denis Leary. L'attore indossa i panni di Johnny Rock, l'ex cantante degli Heathens, un gruppo che ha ormai dimenticato il successo perché troppo preso da droghe e litigi.

La sua vita è a prezzi: Johnny ha ormai 50 anni ed è la parodia di se stesso, mentre Josiah "Flash" (John Corbett), il chitarrista degli Heathens, suona per Lady Gaga e il batterista "Bam Bam" Jimenez (Robert Kelly) e il bassista Sonny "Rehab" (John Ales) si sono rifatti una vita.

Johnny può contare soltanto sui consigli di Ava (Elaine Hendrix) ma si ritrova sempre allo stesso bar a flirtare con una ragazza che, sorpresa, scopre essere sua figlia (Elizabeth Gillies). Lei, però, è diventata Gigi Rock e ha messo su una rock band, e al padre chiede di fare da ghost writer.

Stroncata dalla critica e cancellata da FX dopo due stagioni, Sex & Drugs & Rock & Roll affronta in realtà alcune questioni interessanti, oltre l'inattesa responsabilità della paternità: la rappresentazione "stagionata" dell'ambiente musicale di ieri e la sfida di un vecchio "dinosauro" con le tendenze di oggi, alle prese con l'hip-hop e il pop da classifica.

Le canzoni, inoltre, sono cantate da Gillies e Leary in persona e c'è un cameo imperdibile di Dave Grohl, che definisce gli Heathens "come gli Who e i Clash se avessero quattro figli".

Queste le 10 serie musicali da non perdere. E le 10 da evitare? Niente paura.

  1. Turn Up Charlie
  2. Dark Polo Gang - La serie
  3. 45 giri
  4. Pugwall
  5. California Dreams
  6. Soundtrack
  7. Osbournes Reloaded
  8. Cop Rock
  9. Viva Laughlin
  10. Luis Miguel - La serie

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Turn Up Charlie

Idris Elba, oltre ad essere uno degli attori più ricercati da Hollywood, è anche un apprezzato DJ. Si esibisce in set di infuocato R&B con i nomi di DJ Big Driis e Big Driis the Londoner.

La passione per la musica l'ha portato a creare con Gary Reich questa comedy semi-autobiografica, nella quale è il deejay del titolo, un asso della consolle ormai in declino che si ritrova, per caso e per necessità, a fare il babysitter di Gabrielle, la figlia del suo migliore amico ai tempi della scuola.

La scrittura, purtroppo, è abbastanza scadente, le battute di basso livello e i colpi di scena prevedibili. Idris Elba regge da solo tutta la baracca, ma non basta: Netflix l'ha cancellata dopo una sola stagione.

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Dark Polo Gang - La serie

Tony, Wayne, Pyrex e Side sono la Dark Polo Gang, il collettivo trap romano che ha conquistato le scene sin dall'album d'esordio, Full Metal Dark. I quattro sono stati persino il primo gruppo a vedere un neologismo, la parola "bufu", entrare nel vocabolario Treccani.

La DPG è diventata una serie grazie a TIM Vision, che ha affidato ai registi Tommaso Bertani e Carlo Salsa il racconto di genesi e vita quotidiana del gruppo tra prove, concerti, shopping e spinelli.

Ribattezzato "il #The Office della trap italiana", la serie è piuttosto scialba e incolore: vorrebbe essere una comedy ma non fa mai ridere, dell'intento "mock" non c'è traccia e a nulla valgono gli inserti di finzione affidati ai Pills. Un progetto che non aggiunge nulla rispetto a quello che già si sapeva sulla crew che con Sick Luke ha fatto la storia della trap nostrana.

45 giri

Ramón Campos e Gema R. Neira ricreano la Madrid degli anni '60, dove il produttore Guillermo Rojas (Iván Marcos) vuole lanciare un'etichetta pop e beat con l'aiuto dell'aspirante cantante Robert (Carlos Cuevas) e dell'abile produttrice Maribel (Guiomar Puerta), ispirata alla figura della vera Mariní Callejo.

La ricostruzione storica è impeccabile (anche se le canzoni degli anni '60 si alternano a quelle attuali per attrarre il pubblico giovane), ma i modi sono quelli della fiction e l'eccesso di romanticismo non riesce ad alzare l'asticella delle esibizioni musicali e del ritratto della Spagna franchista, dove "è tutto in ritardo e non succede mai nulla".

La serie, disponibile su Netflix, è andata in onda in prima serata su Antena 3, ma ha avuto ascolti bassissimi. Non a caso, la prima stagione da 13 episodi è anche l'unica.

Pugwall

La ricordano in pochi, ma questa sitcom australiana per ragazzi (ispirata ai racconti di Margaret Clark) ha avuto un discreto successo in patria.

Pugwall e i suoi amici Bazza, Orfo, Stringbean e Jenny sono i ragazzini che mettono su gli Orange Organics. Ogni episodio segue le tribolazione del gruppo, alla disperata ricerca di un contratto discografico.

Per gli adolescenti aussie furono una rivelazione, ma la band e le canzoni erano veramente terribili.

California Dreams

Un'altra sitcom per ragazzi, trasmessa da NBC tra il 1992 e il 1996 (qui da noi su Italia 1) e incentrata ancora una volta sulle rocambolesche avventure di un gruppo multietnico di adolescenti californiani che forma una rock band.

Il risultato è un mix tremendo tra #La famiglia Partridge e Beverly Hills, 90210: al produttore Franco E. Bario e agli sceneggiatori Brett Dewey e Ronald B. Solomon era andata meglio con #Bayside School.

Soundtrack

Sam (Paul James) e Nellie (Callie Hernandez) sono due artisti in difficoltà: lui è vedovo e deve prendersi cura del figlio, lei è un'aspirante cantante che cerca di sfondare nel mondo dello show business.

Sullo sfondo della Los Angeles di oggi, ogni episodio della serie di Joshua Safran – ispirata alla mini-serie Spiccioli dal cielo – esplora fantasie e storie d'amore che hanno come comune denominatore la corsa per trasformare le passioni in realtà.

Se si esclude la colonna sonora (da classici di Chet Baker ed Etta James a brani contemporanei di The Weeknd e Imagine Dragons), il musical drama di Safran, complice la scelta di usare il playback e non far cantare gli attori, manca della giusta intensità emotiva e poggia su un tono malinconico che non si rivela mai così profondo.

Unica stagione da dieci episodi: Netflix non ha rinnovato lo show per una seconda annata.

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Osbournes Reloaded

#The Osbournes è stato un successo strepitoso e Fox decide di rilanciare Ozzy, Sharon, Jack e Kelly. Il risultato ha il fiato ancora più corto del divertente predecessore e il leggendario cantante dei Black Sabbath, diviso tra sketch, stunt e situazioni improbabili, è più imbarazzante del solito.

Dopo la prima puntata, Roger Catlin dell'Hartford Courant lo definisce "il peggior programma televisivo di sempre" e le stroncature sono unanimi.

Il network decide prima di tagliare gli episodi successivi da 45 a 35 minuti (allungando il reality American Idol) e poi di cancellare lo show evitando una seconda stagione. Per fortuna non sono mai arrivati i progetti successivi in cantiere: Osbournes Meet the Osbournes e Littlest Osbournes.

Cop Rock

Nel 1990 Steven Bochco, creatore di capisaldi della serialità come #Hill Street giorno e notte e NYPD - New York Police Department, ha un'idea malsana: realizzare un police drama che è anche un musical e una black comedy.

Il risultato è assurdo, con le musiche composte da Randy Newman, un budget mostruoso messo a disposizione da 20th Century Fox Television e gli agenti del Los Angeles Police Department alle prese con arresti e coreografie.

Il sito specializzato TV Guide l'ha inserito nella classifica delle 50 peggiori serie di sempre (descrivendolo però come "il musical più stravagante di tutti i tempi") e Neil Genzlinger ne ha ripercorso la curiosa odissea produttiva sul New York Times.

Viva Laughlin

#Blackpool è una popolare serie britannica, una creazione di Peter Bowker interpretata da David Morrissey, Sarah Parish e David Tennant e andata in onda nel 2004 su BBC One.

Nel 2007 Bowker e Bob Lowry decidono di adattarla negli Stati Uniti sotto forma di "mystery drama musical": Lloyd Owen è Ripley Holden, un uomo d'affari che cerca di aprire un casinò a Laughlin, in Nevada.

Sulla carta, una hit garantita; nei fatti, un fallimento assoluto. Il pilot, diretto da Gabriele Muccino, costa 6,8 milioni di dollari, crolla negli ascolti e viene massacrato dalla critica. CBS capisce l'antifona e chiude la baracca dopo appena due episodi!

Il pubblico non è ancora pronto ad un "casinò drama" interrotto da numeri musicali? Il produttore (e guest star) Hugh Jackman che canta e balla Sympathy for the Devil degli Stones lascia spazio a pochi dubbi.

Luis Miguel - La serie

Noi, ragazzi di oggi è stata una terribile icona degli anni '80 italiani. A cantarla a Sanremo 1985 era Luis Miguel, cantante di papà spagnolo e mamma italiana. Miguel fece innamorare tutte le ragazzine dell'epoca: nella città dei fiori ancora ricordano gli alberghi assediati dalle fan.

Questa serie biografica Netflix, prodotta da Gato Grande Productions, racconta la vita della superstar messicana (a interpretarlo è Diego Boneta), fatta di successi (milioni di copie vendute e stadi pieni in tutta l'America Latina) ed eccessi (i continui arresti per violazioni contrattuali e i rifiuti di comparire in tribunale).

Un progetto ambizioso, che però parla la lingua della (vecchia) fiction e della peggiore soap opera più che quella della serialità televisiva, ed è appetibile esclusivamente dai fan più accaniti. Una stagione da 13 episodi (non autorizzata dal cantante), in attesa della seconda confermata dalla showrunner Karla Gonzales e supervisionata da Miguel in persona.

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Ma ce la meritiamo davvero un'altra stagione dedicata alle vicissitudini del Frank Sinatra latino?

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