Gli appassionati di Star Trek sanno che esiste una data particolare all’interno della cronologia della della saga creata da Gene Roddenberry che non si può evitare di onorare: il 5 aprile 2063. Per quanto possa sembrare curioso festeggiare un evento che appartiene a un futuro tutt’altro che possibile (oppure no?), per i trekkie più integerrimi questa giornata corrisponde al Primo Contatto, una storica prima volta in cui l’umanità ha avuto modo di rispondere a uno dei suoi grandi interrogativi: siamo soli nell’universo?
Nonostante Star Trek ci avesse già abbondantemente risposto che tra le stelle ci aspettavano nuovi compagni di avventure (e qualche nemico tutt’altro che raccomandabile), questa data non era mai stata degnamente rappresentata sino al 1996, quando nei cinema venne proiettato Star Trek: Primo Contatto.
Star Trek: Primo Contatto, l'umanità scopre di non esser sola nell'universo
Nomen omen, considerato che al centro di questo ennesimo capitolo cinematografico della serie, il secondo dedicato all’equipaggio di The Next Generation, questo storico evento noto come Primo Contatto viene posto al centro di una storia in cui i viaggi nel tempo sono il cuore di un’avventura che, nuovamente, pone l’accento sull’umanità dei personaggi di Star Trek. Un film che merita di esser rivisto proprio il 5 aprile, in modo da rendere onore al Primo Contatto. Ma come è nata l’idea per questo film?
- Star Trek: Primo Contatto, ritorno alle origini della Federazione
- L’eroe della storia e il nemico implacabile
- Cambiare il passato per riscrivere il futuro
- Due astronavi pronte a fare la differenza
- 5 aprile 2063: un nuovo inizio per l’umanità
Star Trek: Primo Contatto, ritorno alle origini della Federazione
All’interno della storia immaginaria di Star Trek, una delle figure essenziali è lo scienziato Zefram Cochrane. Comparso per la prima volta nell’episodio della serie classica Guarigione da forza cosmica (Metamorphosis). In questo episodio, si scopre come l’inventore umano della tecnologia del viaggio a curvatura, interpretato da Glenn Corbett, durante un viaggio di prova di un nuovo motore, fosse naufragato su un pianeta remoto. Mentre l’umanità lo aveva considerato disperso tra le stelle, Cochrane era sopravvissuto grazie alle cure del Compagno, una forma di vita gassosa aliena che lo aveva reso pressoché immortale.
Quando Kirk e il suo equipaggio scoprono casualmente il pianeta su cui il celebre scienziato vive, si trovano davanti a un uomo che mostra tutti i tratti distintivi dell’esploratore spaziale ideale immaginato da Roddenberry: positivo, intraprendente e animato da una sana voglia di conoscere l’universo. Questo personaggio, all’interno dell’episodio, incarna il meglio dei principi della Federazione, divenendo per i fan della saga una figura amata.
Un ruolo fondamentale, quello di Zefram Cochrane che curiosamente non è mai stato sviluppato all’interno della cronologia di Star Trek sino a quando, nel 1995, non venne deciso di dare vita al secondo capitolo della vita cinematografica dell’equipaggio di Star Trek: The Next Generation.
Ad occuparsi della realizzazione di questa nuova avventura di Star Trek, spinta dal successo di Star Trek: Generazioni, erano Rick Berman, Ronald D. Moore e Brannon Braga, incaricati di realizzare un film che mantenesse alto l’interesse per la saga. A Berman, fin dall’inizio, era ben chiaro cosa avrebbero dovuto raccontare:
Tutte le storie di Star Trek che mi hanno maggiormente emozionato, come Uccidere per Amore, Rotta verso la Terra e L’Enterprise del passato, hanno in comune i viaggi nel tempo. Anche Star Trek: Generazioni, in un certo senso, trattava di viaggi nel tempo. Mi hanno sempre colpito l’idea che accade mentre la immagini, o vedere come le azioni dei personaggi avranno delle conseguenze sulla propria realtà. Non mi sono mai divertito tanto quanto nell’essere coinvolto nella creazione di L’Enterprise del passato, dove affrontavamo queste logiche, studiavamo eventuali paradossi e capendo come aggirarli e portare a compimento la trama
Per Berman, era impossibile non immaginare un viaggio nel tempo per il nuovo film di Star Trek. La sua convinzione fu tale che vennero presi in considerazione diversi periodi storici, dall’antichità sino al Medio Evo, cercando di creare una situazione credibile e che accogliesse al meglio le dinamiche tipiche di Star Trek.
Tra le varie ipotesi, inizialmente si era pensato che gli uomini di Picard avrebbero dovuto affrontare un nemico tornato indietro nel tempo sino al Rinascimento, scelta che avrebbe anche portato al titolo Star Trek: Reinassance. Ma l’idea venne osteggiata in particolare da Patrick Stewart, poco propenso a recitare indossando calzamaglie per tutto il film. Ripensando a questa prima fase della lavorazione, Ronald D. Moore non ha mai negato la difficoltà nell’identificare il giusto momento storico:
Iniziammo a discutere luoghi e tempi che dovevano comparire sullo schermo, e cosa non inserire. Alcune cose vennero immediatamente scartate, convinti che non sarebbero mai stati approvate. Insomma, potevamo anche decidere di tornare ai tempi dell’Impero Romano, periodo favoloso, ma non riuscivamo proprio a immaginarci a Patrick con una toga. Non lo vorrebbe vedere nessuno, meglio metterlo in una tuta spaziale
Dopo aver vagliato diverse ipotesi, alla fine Brannon Braga ipotizzò che si potesse scegliere un altro tipo di periodo storico, che fosse futuro per noi e passato per i protagonisti. L’idea fu di raccontare un momento epocale della cronologia di Star Trek, che fosse centrale per lo sviluppo di questo universo narrativo: il primo incontro con una razza aliena. Per Braga, questa era la strada giusta da percorrere:
L’immagine che avevo in mente era quella dei Vulcaniani che scendono dalla loro astronave. Volevo assistere alla nascita di Star Trek, dovevamo tornare a quel momento. Una cosa che, a mio avviso, ha reso fresco il concetto di viaggio nel tempo, possiamo assistere a cosa accadde quando gli umani strinsero la mano ai primi alieni
Da questa idea di Braga, nacque l’idea del Primo Contatto, che sarebbe divenuto il fulcro narrativo del film.
L’eroe della storia e il nemico implacabile
Questa intuizione di Braga venne subito accolta, con un cambio di titolo: Star Trek: Resurrection. L’idea era di mostrare l’equipaggio della nuova Enterprise-E tornare indietro nel tempo per impedire a una forza ostile di sabotare il Primo Contatto, avvenuto il 5 aprile 2063. Nella prima stesura della trama, Picard avrebbe dovuto sostituirsi a un morente Zefram Cochrane, mentre Riker avrebbe difeso l’Enterprise dai nemici che volevano prenderne possesso.
In questo primo concept, erano presenti alcuni dettagli che non convincevano. Avvalendosi di alcuni appunti mai utilizzati da Gene Roddenberry, si era dato vita a un evento storico, il cui protagonista principale, Zefram Cochrane, era però già comparso nella serie classica.
Partendo da quanto raccontato in Guarigione da forza cosmica, quindi, era impossibile raccontare la morte di Cochrane, che doveva sopravvivere per poter conoscere quasi due secoli dopo Kirk. Allo stesso modo, Patrick Stewart propose di invertire i ruoli di Picard e Riker, lasciando che il capitano difendesse l’Enterprise mentre Riker avrebbe protetto la storia sul pianeta. In questo passaggio, come spiegò Ronald D. Moore, venne quindi riscritto il ruolo di Cochrane:
Rendemmo la cosa semplice, decidendo di ampliare il ruolo di Cochrane. Divenne quindi un personaggio intrigante, utile per mostrare la genesi della Federazione. Il futuro che Roddenberry aveva immaginato sarebbe scaturito da quest’uomo tutt’altro che perfetto, non un qualcuno di incredibile, ma un comunissimo uomo che può fallire
Una caratterizzazione che James Cromwell, chiamato a interpretare l’inventore, riuscì a portare magnificamente su schermo. L’attore, infatti, offrì un Cochrane lontano dall’eroe che l’equipaggio dell’Enterprise ricorda dai libri storia, un alcolista che nelle ceneri del mondo dopo la Terza Guerra Mondiale cerca di realizzare la sua astronave non come un mezzo per migliorare l’umanità, ma per realizzare lauti guadagni.
Questa sua visione si contrappone all’idealismo dell’equipaggio, che lo aiuterà a diventare il Cochrane che tutti conobbero in futuro, lo stesso che avrebbe detto:
Non cercare di diventare un grand’uomo, sii solo un uomo e lascia il giudizio alla storia
Questa dimensione umana di Cochrane è uno degli aspetti più importanti di Star Trek: Primo Contatto, l’avere reso il celebre scienziato che ha consegnato all’umanità le stelle anzitutto un uomo, lo stesso che anni dopo, la lancio della prima nave umana capace di raggiungere curvatura 5 (Star Trek: Enterprise) avrebbe saluto questo momento storico con quella che sarebbe divenuta la linea guida della Flotta Stellare:
andare coraggiosamente dove nessun uomo è mai giunto prima
Cambiare il passato per riscrivere il futuro
Ma in Star Trek: Primo Contatto, chi avrebbero dovuto affrontare i viaggiatori del tempo? La scelta del nemico fu un altro aspetto che venne chiarito immediatamente, come spiegò Moore:
Eravamo in attesa che Rick uscisse dalla riunione con la major, e come uscì ci disse subito quello che aveva deciso. ‘Vorrei rifletteste su questo: voglio una storia di viaggi nel tempo’, al che io e Branno replicammo ‘Vogliamo qualcosa con i Borg’. In quel momento, capimmo che potevamo avere entrambi, viaggi nel tempo e Borg
Quando si stava perseguendo l’idea di ambientare l’avventura nel Rinascimento, si era iniziato a pensare che i Borg necessitassero di maggior spessore. In un primo momento li si era concepiti come privi di volto, quasi degli zombie, ma quando si cambiò radicalmente l’ambientazione storica del film, anche i letali alieni furono rielaborati.
L’intenzione era di creare un villain per Star Trek: Primo Contatto che non fosse anonimo, ma che si ponesse come un rivale spietate e credibile per Picard, andando a sfruttare anche il suo tragico passato con i Borg. Da questa intuizione nacque la guida del Collettivo, la Regina, ispirandosi alle dinamiche sociali tipiche del mondo degli insetti.
Anche lo stile visivo dei Borg venne riscritto per Star Trek: Primo Contatto, passando dagli anonimi droni a una schiera di avversari più credibile, che contemplasse anche diverse razze assimilate. Deborah Everton, già costumista di The Next Generation, e Michael Westmore lavorarono alacremente per dare ai Borg una visione più moderna rispetto a quanto visto precedentemente, sperimentando e arrivando a uno nuovo stile per il Collettivo, come confessò Westmore:
Volevamo arrivare a un risultato che lasciasse intendere che il processo di assimilazione nasceva dall’interno dell’organismo, piuttosto che dall’esterno. Senza che qualcuno potesse pensare ‘Va bene, sembra Alien” e non era facile.
La nuova identità dei Borg comprese quindi una serie di protesi che dessero una sensazione di maggiore organicità, dando vita a dei droni in cui l’elemento biologico risultasse più integrato all’aspetto sintetico. Una scelta che portò a elaborare nuove astronavi per il Collettivo, anche se infine in Star Trek: Primo Contatto furono presentati vascelli Borg dal taglio tradizionale.
D’altronde, le due astronavi protagoniste erano umane.
Due astronavi pronte a fare la differenza
Fulcro narrativo di Star Trek: Primo Contatto era l’incontro tra gli uomini e l’equipaggio di una nave d’esplorazione vulcaniana in missione esplorative nel nostro sistema solare. A richiamare la loro attenzione era la prima nave umana a curvatura, la Phoenix, costruita da Cochrane.
La prima versione della Phoenix era basata su un vecchio modelli di space shuttle, ma i costi per realizzare questo velivolo e la struttura di costruzione erano proibitivi, motivo per cui a Rick Berman venne in mente di utilizzare un più economico, ma poetico missile intercontinentale, che da portatore di morte diventa una nuova speranza per l’umanità.
A questa nuova concezione della Phoenix si unì la collaborazione con lo U.S. Army, che diede accesso alla produzione al silo missilistico di Green Valley, che divenne il set dell’hangar della Phoenix. Basandosi su un missile Titan II presente nella base militare, John Eaves creò la Phoenix, inserendo in cima al vettore balistico una capsula di comando, a cui unì due gondole di curvatura ispirate dai futuri modelli visti nella serie originale di Star Trek, avvalendosi dei disegni presenti in Star Trek Chronology di Michael Okuda.
Dopo la distruzione dell’Enterprise-D in Star Trek: Generazioni, era necessario creare una nuova ammiraglia per la Flotta Stellare. John Eaves e lo scenografo Herman Zimmerman decisero di realizzare una nuova Enterprise che fosse al contempo moderna e rispecchiasse la tradizione dell’astronave simbolo di Star Trek, che rispecchiasse anche un nuovo contesto sociale, come la Guerra con il Domino vista in Star Trek: Deep Space Nine, un’esigenza che Moore e Berman resero subito centrale:
Descrivemmo alcuni tratti essenziali della nuova Enterprise, doveva essere elegante, muscolosa, dare subito l’impressione di essere una nave da guerra
Da questa richiesta, Zimmerman e Eaves partirono del modello dell’Excelsior realizzato per Star Trek: Alla ricerca di Spock, dando vita a decine di schizzi, in cui venivano anche modificati aspetti tipici del design dell’astronave, come ruotare la sezione a disco rendendola più affusolata.
Nei primi disegni, anche i sostegni delle gondole di curvatura vennero ridisegnate, in modo da integrare il meccanismo di mobilità studiato per la Voyager, l’astronave protagonista dell’omonima serie. Ma il risultato era tutt’altro che convincente. Dopo aver ridisegnato il poco convincente design dei piloni di sostengo delle gondole di curvatura, anche gli interni vennero ridisegnati, cercando di trovare quell’identità che era al centro della nuova concezione della classe Sovereign, come spiegò Eaves:
Per la plancia dell’Enterprise-E avevamo deciso di utilizzare uno stile più semplice, più compatto. Scelta ottima, che diede vita a un set stupendo, caldo e profondo, esaltati dalla colorazione scelta da Herman che valorizzava il suo ruolo di postazione da combattimento.
Tutte queste idee diedero vita a un’Enterprise che già nelle prime scene di Star Trek: Primo Contatto, durante la Battaglia del Settore 001, mostra tutta la propria potenza, intervenendo in tempo per attaccare il cubo Borg e dare il via agli eventi che ci riportano allo storico incontro avvenuto il 5 aprile 2063 a Bozeman.
5 aprile 2063: un nuovo inizio per l’umanità
L’importanza di Star Trek: Primo Contatto all’interno della cronologia della saga è ovvio, considerato che viene raccontato un passo essenziale non solo per la storia umana, ma anche per la Federazione Unita dei Pianeti. Al centro della caratterizzazione dei personaggi viene posto il voler mostrare la nascita della mentalità che portò alla creazione di un nuovo modo di pensare, reso possibile dalla scoperta che tra le stelle c’è qualcuno pronto ad accoglierci.
Questo momento storico, in Star Trek: Primo Contatto, viene valorizzato creando un contrasto tra l’immagine ideale dell’eroe Cochrane, studiato dai protagonisti nel loro futuro, e l’uomo Cochrane, un cinico e disilluso alcolista che partendo da intenti egoistici finisce per aprire all’umanità la via per le stelle, inaugurando un nuovo futuro.
L’idea di far emergere questa valorizzazione emotiva dei personaggi viene acuita dall’acceso diverbio tra Lily e Picard, quando il personaggio interpretato da Patrick Stewart sembra incapace di conciliare questa morale evoluta di cui va tanto fiero con la necessità del momento, quando per salvare il futuro della razza umana.
Star Trek: Primo Contatto rende un momento storico il vero punto di partenza dell’avventura umana nello spazio, mostrando la nascita di quella sensibilità che negli anni a venire condurrà l’umanità tra le stelle. Nella stretta di mano imbarazzata e spontanea tra Cochrane e l’esploratore vulcaniano viene scritto il primo passo di Star Trek, un percorso complesso che verrà raccontato successivamente in Star Trek: Enterprise e Star Trek: Discovery, ma che ha in sé il fascino della scoperta e dell’avventura, che condurrà uomini a alieni alla ricerca di nuovi, strani mondi.
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