La prima notizia è che Cursed, la nuova serie di taglio fantasy firmata a Netflix e l'ennesimo tentativo di rinverdire l'epica arturiana, funziona. Certo, bisogna avere la pazienza di darle qualche episodio per mettere un po' da parte la sua iniziale impostazione molto teen e poco drama, dandole la possibilità di puntare sui personaggi più adulti e interessanti nascosti all'ombra della favorita alla corte di Netflix Katherine Langford. Tuttavia questa serie le cui aspirazioni sono attentamente calibrate sulla voglia di leggerezza estiva finisce per trovare la quadra laddove progetti più ambiziosi (King Arthur di Guy Ritchie) o più fedeli allo spirito arturiano originale (Il ragazzo che diventerà re di Joe Cornish) hanno di recente fallito.
Tuttavia questa volta non c'è bisogno di scomodare precedenti cinematografici pesantissimi, perché una delle riflessioni più interessanti che si possono fare di Cursed è quanto alla fine rimanga davvero, di arturiano. C'è un giovane Artù alla ricerca di sé stesso, c'è un Merlino ottimamente scritto che ruba la scena a tutti, ci sono una Morgana ambiziosa e ultra moderna e persino i paladini di una Tavola Rotonda ancora molto di là da venire. Cursed è una sorta di prequel al cui centro c'è un personaggio leggendario e che di umano nell'originale ha pochissimo: la Signora del Lago, la custode della Spada del Potere, la cui mano esce dalle acque lacustri per riconsegnare l'arma al vero Re.
[tv id="83125"]
La premessa, nemmeno troppo chiara a chi ignori le leggende arturiane, è che la giovane Nimue (Katherine Langford) è destinata a diventare quel personaggio femminile avvolto nel mito e nel mistero. In Cursed però è una giovane donna divisa tra oscuri poteri che fatica a controllare e un ruolo scomodo di regina che si ritrova a impersonare. La spada, finita nelle sue mani per un capriccio del destino, la rende protagonista, scegliendosi per la prima volta una regina. Protagonista di cosa però?
Tra teen drama e fantasy pop corn
Soprattutto nella sua seconda metà Cursed ingrana sul serio, riuscendo a dosare una sorprendente dose di inaspettata violenza con le tematiche teen che il cast di giovani protagonisti e i desiderata di Netflix impongono. La via d'uscita brillante che Frank Miller (di cui si avverte molto l'influenza) e Tom Wheeler escogitano è quella di modulare l'approccio della serie sull'età dei personaggi. Il pubblico adulto magari alzerà gli occhi al cielo di fronte agli struggimenti della giovane Nimue e alle ribellioni adolescenziali di Artù, ma troverà interessante tutta la narrazione dei personaggi adulti, decisamente più sfaccettati.
Su tutti Merlino è forse il più riuscito e fedele alla propria controparte letteraria. Millenario, ubriacone, consumato dal tempo e dalle delusioni, è capace di grandi imbrogli ma anche di enormi ingenuità. La sua attrazione verso gli umani e i loro limiti mortali e intellettivi, unita a un passato e un presente tutt'altro che limpido e bonario, sono elementi che un attore come Gustaf Skarsgård sa mettere a frutto. I personaggi legati alla sua linea narrativa (la Vedova, il re degli inferi, gli infiniti pretendenti al trono) finiscono per avere un sapore più marcatamente arturiano, con un cast di facce e interpreti molto interessanti.
Il suo contraltare è Padre Carden, un Peter Mullan costretto a giustificare una crociata religiosa ultraortodossa in mezzo a fate e creature fey. Pur con un ruolo tutto sommato convenzionale, funziona a meraviglia come cattivo della storia, in cui s'inserisce una rete di potere e intolleranza religiosa su cui i due autori hanno palesemente molte più cose da dire che sugli struggimenti di Nimue.
Un discorso a parte lo merita il personaggio di un'acerba Morgana e in generale la costruzione dei protagonisti interpretati da attori non caucasici. Trasformare l'incantatrice di Britannia nella leader di un movimento per la liberazione degli oppressi (con tanto di riferimento alla Ferrovia sotterranea) dà una svolta modernissima a un personaggio che schva con agilità la trappola della maga fatalona.
Similmente i tanti personaggi originali interpretati da attori di colore hanno un modo di relazionarsi alle controparti caucasiche che inserisce in maniera brillante il privilegio al centro dei discorsi di questi mesi. Per esempio a Nimue viene fatta notare più di una volta la sua spensierata mancanza di concretezza e a farlo sono, non a caso, queste figure. La loro paladina è una Morgana che aspira a un ruolo più importante e centrale nella storia. Il tutto concorre a mantenere un piglio che punta a intrattenere in chiave moderna, parlando alla sensibilità contemporanea piuttosto che affrontare le immortali domande del mito classico.
Un caleidoscopio fantasy di rimandi
La vera domanda è: cosa rimane dello stesso? Non è una grande sorpresa che i personaggi che funzionano meglio continuino ad essere quelli che per secoli sono stati scritti e riscritti in ogni forma, dall'epica medioevale al cinema. Il dubbio è come sempre se ci fosse davvero bisogno di scomodare Artù, Merlino e compagnia cantante quando sarebbe bastato davvero poco per creare una storia originale. Se lo scopo era una rilettura in chiave femminista, inclusiva e moderna della storia di Artù, allora non si capisce il bisogno di innestare una narrazione già tanto ricca di temi e personaggi con prestiti da ogni fantasy di successo degli ultimi trent'anni.
In questa versione infatti Excalibur - mai nominata esplicitamente - somiglia pericolosamente all'Unico Anello, così come il Cavaliere Verde è una versione dal cromatismo lievemente differente rispetto a Boromir. L'intero versante della guerra tra umani e Fey non è molte fermate più avanti rispetto a un Carnival Row, per non parlare del Monaco piangente, che per stile di combattimento e impostazione sembra rubato a un videogioco o una scena di combattimento di The Witcher. Senza dimenticare le crociate contro gli infedeli, le guerre tra pretendenti alla Trono di Spade, personaggi e situazioni alla Vikings, in un mescolone fantasy pop in cui la componente arturiana non è più il sapore prevalente.
Sulla fattura non c'è molto da dire. Netflix non ha badato a spese, almeno a giudicare da set, comprimari ed effetti speciali. Come al solito non tutto va per il meglio, sia nella post produzione (gli effetti digitali che illustrano la morte i lupi e monaci sono abbastanza penosi) sia in una regia che tenta pianisequenza e scene action ma cava fuori risultati talvolta un poco ridicoli. La sigla introduttiva e le transizioni animate sono carucce il giusto, ma Cursed non dà mai l'impressione di dettare la direzione, quando di seguire a passo sostenuto quanti l'hanno preceduta sulla via del fantastico televisivo.
Forse chi ne esce peggio di tutti è proprio la povera Nimue, intrappolata nella sua storia teen, nel suo essere una creatura gentile, senza la libertà di manovra per tramutarsi in un mostro, in una pazza vendicatrice, di sfruttare appieno poteri e fascinazioni che la sua genealogia le mettono a portata di mano. Il mistero su cui si fonda Cursed non è nemmeno minimamente affascinante come il silenzio che circonda quella mano che esce dalle acque lacustri, la sua misteriosa connessione con Excalibur.
Tutto sommato Cursed è decisamente più indovinata di altre serie che hanno spinto l'acceleratore sulla componente adolescenziale e fantastica. Approfittando di una conclamata leggerezza estiva, riesce in qualche modo a tenere insieme adulti e adolescenti, aspirazioni e rimandi a tantissime componenti diverse. Così come la sua protagonista, Cursed si rifiuta di lasciarsi andare alle forze secolari che circondano la Spada del Potere, usandone la storia lo stretto necessario per arrivare sana e salva (e con un finale che si stenta a definire tale) alla conclusione della prima stagione. Chi non risica però non rosica: così come Nimue, Cursed rischia di rimanere una figura di contorno nella produzione legata ad Artù e alla famiglia seriale sempre più allargata di Netflix.
Commento
Voto di Cpop
70Iscriviti al nostro canale Telegram e rimani aggiornato!