Hanno tutte le età. Vengono da tutti i Paesi del mondo. Vivono ogni genere di avventure. Sono le donne più riuscite delle produzioni originali Netflix, in film o serie TV.
E in occasione della festa dell’8 marzo, celebriamo insieme 10 di loro. 10 fra le più riuscite dall’arrivo di Netflix in Italia a oggi.
Personaggi che ci commuovono, ci ispirano, ci divertono, ci fanno immedesimare nelle loro vite, spingendoci a porci sempre la stessa domanda: che cosa avrei fatto, io, nella stessa situazione?
- Grace Hanson e Frankie Bergstein (Grace & Frankie)
- Ruth Wilder e Debbie Eagan (GLOW)
- Piper Chapman (Orange is the New Black)
- La regina Elisabetta (The Crown)
- Beth Harmon (La regina degli scacchi)
- Claire Underwood (House of Cards)
- Mildred Ratched (Ratched)
- Malorie (Bird Box)
- Karen Duvall e Grace Rasmussen (Unbelievable)
- Kimmy Schmidt (Unbreakable Kimmy Schmidt)
Grace Hanson e Frankie Bergstein (Grace & Frankie)
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Comincio da loro perché se lo sono ampiamente meritato.
Con 7 stagioni (la settima e ultima arriverà quest’anno), con due interpreti straordinarie - Jane Fonda (con ben 2 Oscar all’attivo) e Lily Tomlin (nominata per Nashville), entrambe pluripremiate per questa serie - ed entrambe mai timorose di mostrarci per ciò che sono davvero.
Due donne over 70, come si dice oggi, con due caratteri e due stili di vita opposti che non impediscono loro di imparare a volersi bene così come sono. Perfettamente imperfette. Splendidamente umane. Unite dall’amore segreto che da tempo immemore unisce i loro mariti. Quell’amore che stravolge le loro esistenze, e le spinge a mettersi in discussione. Da loro abbiamo molto, moltissimo da imparare. Una lezione lunga, appunto, 7 stagioni.
Ruth Wilder e Debbie Eagan (GLOW)
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Ho citato le due protagoniste, ma potrei parlarvi di ciascuna di loro. Perché le donne di GLOW, serie straordinaria che ci racconta il modo in cui le donne vedono il mondo, l’amore, l’amicizia, il lavoro, la famiglia e tutto il resto, hanno tutte qualcosa di speciale.
Sono combattive (e non solo a parole!), attraversano drammi personali, contrasti - a cominciare proprio da quello fra Ruth e Debbie, che distrugge un’amicizia e poi insegna loro a ricostruirla con fatica - separazioni, maternità, difficoltà economiche, ricerca disperata della propria identità. In mezzo ai lustrini, agli scaldamuscoli e alla musica degli anni ’80, in una società che non era nemmeno lontanamente pronta a regalare qualcosa a donne ancora considerate nate per fare gli angeli del focolare.
GLOW è una di quelle serie che tutte le donne dovrebbero vedere. E Ruth e Debbie sono due donne completamente diverse, ma così complesse da rappresentare tutto ciò che significa “essere donna”.
Piper Chapman (Orange is the New Black)
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Ancora una volta, siamo di fronte a una serie tutta al femminile, e a una serie corale. Da Red (una straordinaria Kate Mulgrew) ad Alex (Laura Prepon), passando per Doggett (Taryn Manning), Nicky (Natasha Lyonne) e Suzanne detta Occhi Pazzi (Uzo Aduba), un campionario femminile straordinario, che vi abbraccerà per non lasciarvi più.
Ma io ho scelto Piper (Taylor Schilling), la protagonista, per rappresentarle. Perché la sua storia è una storia vera (raccontata dalla vera Piper nel libro omonimo da cui la serie è tratta) e perché il suo è lo sguardo di una donna che finisce in carcere convinta che questo non stravolgerà completamente la sua vita. Sotto ogni punto di vista.
Anche le stagioni di Orange is the New Black, una delle serie più popolari e amate di tutte le produzioni Netflix Originale, sono sette. E sono infarcite di poesia, dolore, riflessioni, violenza, paura, disperazione, amore e generosità.
In una parola, sono ricchissime di tutto ciò che fa capo alla straordinaria creatura che celebra: la donna.
Imperdibile. Da vedere (e rivedere, e rivedere…).
La regina Elisabetta (The Crown)
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La sola, unica, mondiale Betty. Elisabetta d’Inghilterra, la regina più amata di tutti i tempi, e in tutto il mondo. The Crown, produzione straordinaria e premiatissima, amata da uomini e donne di ogni nazionalità, ci racconta la sua storia. Tutta la sua storia, fra lacrime e sacrifici, privilegi e scandali, desiderio di libertà e rigida adesione al protocollo reale.
A darle vita sono tre attrici, tutte straordinarie, che la interpretano nelle varie fasi della sua vita: Claire Foy, Olivia Colman e Imelda Staunton - che vedremo nella stagione 5 e 6 in sostituzione della Colman.
The Crown è un perfetto mix di realtà e finzione, la messa in scena di una vita che per tutti è una favola - non tutta rose e fiori - e per una persona, una sola, è destino, dovere, quotidianità.
Lo straordinario successo di una grande serie si deve, naturalmente, non solo a una storia che accompagna da anni molti di noi anche nella realtà, ma anche, anzi: soprattutto, alla personalità sulla quale si regge. Una delle donne più influenti, ammirate, discusse di tutti i tempi.
Quella regina che magari le ragazzine hanno sognato di essere, e che le donne hanno imparato a vedere con lo sguardo disincantato che solo una donna può avere nei confronti di chi ha tali responsabilità personali, sociali, politiche e famigliari. Inarrivabile, nella realtà e in TV.
Beth Harmon (La regina degli scacchi)
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Anya Taylor-Joy è diventata una star proprio grazie a questa eccezionale miniserie, che io - come molti altri - ho visto tutta d’un fiato. Facendo nottata, perché ero ipnotizzata dagli occhioni di Beth, dalla sua storia, dal suo talento e dalla disperazione che ha sempre avuto dentro, e cercato di nascondere/sfogare/esorcizzare mentre diventava la giocatrice di scacchi numero uno al mondo.
Tratto da un romanzo - ispirato a una vera scacchista, ma non a una storia del tutto vera - La regina degli scacchi è come un vortice. Ti trascina dentro, ti scombussola, ti ipnotizza con gli occhi enormi della sua protagonista e ti spinge ad appassionarti a qualcosa che molti mai avrebbero pensato di trovare avvincente: un torneo di scacchi.
Già star di Split e di Peaky Blinders, altra serie Netflix, Anya Taylor-Joy ha conquistato il mondo nello stesso modo in cui l’ha fatto la sua Beth: mostrandosi così com’è, con tutte le sue fragilità, i suoi moltissimi pregi, i suoi difetti e le sue insicurezze. Fino a vincere un meritatissimo Golden Globe.
Claire Underwood (House of Cards)
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Già il fatto che a darle via sia Robin Wright, algida e bellissima qui come appassionata o disperata in tante altre interpretazioni (da La storia fantastica a Forrest Gump, She’s So Lovely e Unbreakable) fa di Claire Underwood un personaggio memorabile.
Ma prima - e ci tengo a sottolinearlo: PRIMA - che il partner nella vita e nel crimine (politico ma non solo) Frank Underwood uscisse di scena per i guai del suo interprete Kevin Spacey nell’era del metoo.
Perché un uomo come Frank non poteva non avere accanto una donna eccezionale tanto quanto lui, o anche di più.
Claire Underwood non è un esempio positivo, no. Ma è certamente un esempio riuscitissimo. Una donna capace di reinventarsi, di trovare sempre una via d’uscita, perfino dalle situazioni - e dai riflettori - più complesse. Una donna capace di dire in faccia al Presidente russo cosa pensa di lui, di diventare la prima Presidente donna degli Stati Uniti, di mantenere un equilibrio quasi impossibile fra pubblico e privato, fra razionalità e sentimento, fra traumi passati e orrori futuri.
Claire Underwood uccide, mente, tradisce, manipola, usa, getta via. Eppure, nonostante questo, non riusciamo a toglierle gli occhi di dosso. Siamo sempre lì, in attesa, sul filo di lana, per scoprire con quale incredibile trovata ci spiazzerà ancora una volta.
No, Claire Underwood non è un modello. Come non lo sono molte delle altre donne riunite qui. Claire Underwood, semplicemente, è la personificazione di quanto i personaggi femminili delle storie Netflix Originals possano essere straordinari.
Mildred Ratched (Ratched)
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Non a caso, siamo di fronte a un altro personaggio che non gode esattamente di una buona fama. Perché l’infermiera Ratched - Mildred Ratched, la sempre bravissima Sarah Paulson che Ryan Murphy ha voluto portarsi dietro da American Horror Story - non è un esempio.
La conosciamo in Qualcuno volò sul nido del cuculo (tratto dall’omonimo romanzo) con il volto di Louise Fletcher e da quel momento non possiamo più dimenticarla. La sua spietata crudeltà altro non è che disincanto professionale, ordinaria disumanità, convinzione che la scienza possa fare ciò che la psicologia non potrà mai conquistare.
Ma in Ratched, il prequel sulla storia del personaggio, Mildred non è ancora arrivata a quel punto. Ci mostra un’inaspettata umanità, una fragilità così potente da sorprenderci, un’immaturità che non le avremmo mai attribuito.
La sua storia si fonda sulla donna che diventerà, ma ci racconta anche perché andrà così. Non sappiamo (ancora) molto sul suo passato, ma impariamo a conoscerla episodio dopo episodio, con il suo segreto inconfessabile, il suo amore da nascondere, la sua disperata ricerca di un’apparente normalità che resterà, appunto, sempre e solo apparente.
Mildred Ratched è un personaggio riuscito, una donna complessa e sfaccettata, in qualche modo in grado di tenerci incollati allo schermo. Fin dalla sua prima comparsa.
E non abbiamo ancora visto niente…
Malorie (Bird Box)
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Interpretata, prodotta e sponsorizzata in ogni modo da Sandra Bullock, la protagonista della trasposizione di un capolavoro letterario (qui la recensione, se volete recuperarlo: caldamente consigliato) ha fatto di Bird Box un vero e proprio caso.
Non privo di difetti rispetto al romanzo - al link sopra potete trovare anche le differenze fra la versione letteraria e quella di Netflix - Bird Box ha comunque un grande pregio: raccontarci la storia spaventosa di un mondo che da un giorno all’altro perde ogni aspetto di sicurezza e comfort scaraventando una donna, Malorie appunto, nel mezzo di un incubo a cui pochi sopravvivono.
Malorie è incinta, quando il mondo così come lo conosciamo finisce. Deve imparare a sopravvivere, a prendersi cura di sé e a prepararsi per mettere al mondo, un mondo terrificante, una nuova vita. Una vita che proteggerà a ogni costo, inclusa la decisione di non creare un legame affettivo madre-figlio come quello che ci saremmo aspettati, perché in Bird Box un passo nella direzione sbagliata, un solo sguardo, un errore di un secondo, possono costarti tutto. La vita. O la salute mentale. O il futuro. O la speranza.
Ed ecco perché Malorie è qui, in questa selezione di personaggi femminili eccezionalmente riusciti: perché ci ricorda, con ogni movenza, ogni parola (e sono poche) e ogni decisione quanto sia duro il mondo in cui vive… E quanto una donna comune, come lei, possa diventare straordinaria.
Karen Duvall e Grace Rasmussen (Unbelievable)
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La prima, giovanissima, memorabile donna di questa miniserie - una fra le più riuscite di Netflix - è la sua protagonista, Marie (Kaitlyn Dever, L’uomo di casa). La ragazza che subisce una violenza - o forse no - e si trova improvvisamente al centro di un’attenzione che non avrebbe mai voluto.
Ma quando decide di chiedere aiuto, sul suo caso iniziano a lavorare due donne, due detective dal carattere, dal vissuto e dai metodi completamente diversi, unite però da quella sensibilità, quell’intuito e quell’intelligenza creativa femminile che solo le donne possono vantare.
La detective Karen Duvall (Merritt Wever, Nurse Jackie, The Walking Dead) e la detective Grace Rasmussen (Toni Collette, Il sesto senso, About a Boy) dovranno trovare il modo di convivere durante le indagini sul complesso caso di Marie. Perché forse la violenza c’è stata, o forse no. Forse Marie si è immaginata tutto, forse la sua è solo una richiesta d’aiuto, o forse in giro c’è un maniaco che ha già colpito altre volte.
Un uomo che odia le donne, e che solo due donne, due fra i personaggi meglio riusciti nel panorama femminile di Netflix - possono fermare. Una volta per tutte.
Kimmy Schmidt (Unbreakable Kimmy Schmidt)
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L’ho lasciata per ultima, per un motivo molto semplice: è una delle mie preferite. Ci tengo a chiudere con lei perché rappresenta, in modo ironico, imperfettamente verosimile e perfettamente umano, la prova che si può ricominciare a prescindere dalla situazione in cui ci si è trovati.
Per esempio, una setta convinta che l’apocalisse sia in arrivo come quella da cui Kimmy Schmidt (Ellie Kemper, The Office) riesce a uscire in seguito a un vero e proprio salvataggio.
E a quel punto, che fare? Quasi trent’anni, zero soldi e poche idee. Soprattutto, una scarsissima conoscenza del mondo, visto che hai passato gli ultimi 15 anni rinchiusa in un bunker da un predicatore pazzo. Ma almeno c’è una meta: New York. La città delle opportunità. Il luogo in cui Kimmy prova a reinventarsi, a lasciarsi alle spalle un’esperienza che avrebbe spezzato chiunque altro. Ma lei no, Kimmy non si spezza: è Unbreakable, appunto.
Essere come una bambina all’avventura in una società sconosciuta quando hai trent’anni non è uno scherzo. Ma Kimmy riesce comunque a farcelo vivere un po’ come se lo fosse, grazie alla sua ironia e a una scrittura - non a caso la creatrice della serie è Tina Fey, la Liz Lemon di 30 Rock - che ci porta sulle montagne russe delle emozioni.
Mettiamoci la terza donna, dopo Kimmy e la Fey, e mettiamocela negli sfavillanti panni di Jane Krakowski (Ally McBeal, 30 Rock) che interpreta Jaqueline e forma il trio ideale di personaggi femminili - davanti o dietro le quinte - che fanno di Unbreakable Kimmy Schmidt una serie da vedere. Con tutte le sue 4 stagioni.
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