Fiorello, Fedez e Achille Lauro: come cambia, entra in crisi e si trasforma l'identità maschile a Sanremo 2021

Autore: Elisa Giudici ,

Nell'edizione della pandemia e delle poltrone vuote a entrare in crisi, oltre agli ascolti medio-alti ma non dirompenti, è l'identità maschile italiana. Sanremo è da settant'anni lo specchio dei tempi e dei costumi italiani. Anche quando lo show sembra ancorato al passato, ai margini del discorso più retorico e reazionario, laddove il campo visivo dello spettatore distratto rileva appena un movimento sfocato, è già in atto il germe del futuro. Così è stato per Achille Lauro, esploso come icona e caso mediatico nel 2020 con il brano Me ne frego e i relativi look griffati Gucci che spingevano verso un'immagine maschile più fluida, capace di trasformare accenti e attributi femminili da simbolo di supposta debolezza a status di potere, regalità e forza. I più sensibili a questo tipo di vibrazioni avevano già notato Lauro nel 2019, con una partecipazione molto più "tradizionale" alla gara con il brano Rolls Royce. La sua prima presenza all'Ariston conteneva in germe già tutti gli elementi che avevano portato quanti hanno la vista più lunga ad accostarlo ora a Vasco Rossi, ora a Renato Zero; due figure di rottura della musica italiana. 

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Era meno prevedibile era che il 2021 avrebbe visto la risposta sulla difensiva del pubblico messo in crisi da uno show che i più intransigenti hanno bollato come "così rivoluzionario da riproporre all'Ariston cose che si facevano anche in Rai negli anni della contestazione". Qualcosa di simile l'ha detta anche Renato Zero e, una punta di risentimento artistico a parte, ha delle solide basi argomentative per farlo. Il memo però non è arrivato a Fiorello, che ha aperto la prima serata di Sanremo (il momento cruciale per instradare l'edizione e avviare la curva degli ascolti) con una parodia di Achille Lauro e una cover rock di Grazie dei fiori.

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Passabile, non memorabile, come stacco comico. A sorprendere però è l'insistenza con cui il comico siciliano abbia sottolineato a più riprese il disagio di essere truccato con un rossetto nero o portare uno smalto scuro sulle unghie, attributi cosmetici di cui dichiara di volersi disfare al più presto, cosa che poi fa. Un Fiorello con le unghie smaltate per cinque ore di diretta avrebbe compromesso la serata? No di certo, ma è una spia importante del disagio che ancora oggi suscita in una certa fascia di spettatori e addetti ai lavori un maschile che incorpori e sdogani elementi considerati prerogativa femminile. 

Sanremo 2021 e cosa significa "essere uomo"

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Allarmante, considerando che buona parte degli interventi comici di Fiorello per la prima serata sono basati su giochi di parole a sfondo (omo)sessuale degni dell'intervallo ricreativo in una classe di scuola secondaria in un periodo particolarmente ormonale. Quella fase della vita ineludibile e a posteriori imbarazzante in cui quando l'insegnante utilizza parole con vaghe assonanze ai nomi dei genitali o a parti del corpo specifiche, scatta subito la risata. Che dire dei cinque minuti spesi a convincere Amadeus a dire "culo" in diretta? O degli strusciamenti corpo a corpo tra lui e Amadeus interrotti con stizza da Fiorello quando il conduttore (un po' spaesato) si convince a prestarsi davvero allo sketch dell'amico, che sostiene sempre incondizionatamente? Quando poi si presentano sul palco i Måneskin - che a trucco e parrucco non rinunciano mai nelle loro uscite ufficiali - si scatena l'imbarazzo. Persino in una cornice tradizionale come l'Ariston ormai l'uomo truccato non fa più notizia. 

Il momento tanto atteso (così atteso da far saltare lo streaming) arriva: Achille Lauro presenta il suo primo quadro, a tema glam rock. Capelli turchini, outifit che sembra un cosplay di David Bowie con influenze dai Cavalieri dello Zodiaco. Impressione brutale? Troppo costruito, troppo pensato, troppo di tutto. Le lacrime di sangue? Vengono allo spettatore ripensando alla spontaneità e al ritmo perfetto con cui presentò i suoi outfit l'anno passato. Sotto sotto, c'è anche un po' di stanchezza: Achille Lauro si presenta come artista rivoluzionario e totale, ma è a un bivio. Da lui ci aspettiamo una performance la cui forza stia nell'originalità, non nel ripetere e rielaborare ciò che è stato rivoluzionario nella musica inglese degli anni '70 o nelle esibizioni di Renato Zero su mamma Rai negli stessi anni. 

L'effetto "shock" è comunque assicurato. Questo perché, per quanto parte del rituale sanremese sia lamentarsi in famiglia o sui social dell'arretratezza culturale nostrana di cui il Festival diventa talvolta scomodo vessillo, un uomo truccato che veste abiti "da donna" fa ancora notizia. Che barba l'Italia che si scandalizza per Achille Lauro vestito da regina, come siamo indietro rispetto al mondo anglosassone, almeno fino a quando scoppia il finimondo per le foto di Vogue di Harry Styles che indossa un abito lungo da sera, una gonna, dieci mesi dopo il Festival di Sanremo 2020, "facendo le sue regole", come recita lo strillo. 

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L'impressione è che qualcosa stia cambiando, stavolta per davvero, ma ogni azione scatena una reazione. Quando qualcuno strappa in avanti, un altro tenta di spingere indietro: nel complesso e nel breve periodo il messaggio si fa confuso e contraddittorio, in attesa di capire chi la spunterà sul lungo periodo, in che direzione ci si stia davvero muovendo. Dentro e fuori dall'Ariston. 

Fedez e la tranquilla rivoluzione emozionale

In questo senso forse il momento più rivoluzionario è stato quello di Fedez sul palco dell'Ariston, in coppia con Francesca Michielin. Un'esibizione attesissima, una coppia che vocalmente non pare nemmeno particolarmente ben assortita, tanto che sul palco si crea una divisione nettissima. Da una parte Francesca Michielin con un look grintoso, un trucco e un piglio aggressivo, una padronanza assoluta della scena. Si muove come una veterana (lo è), guarda dritta in camera, è carica di grinta, forse di un pizzico di rabbia. 

Al suo fianco la osserva ammirato, spaesato e palesemente impaurito Fedez, che così come Elettra Lamborghini si ritrova catapultato su un palco che gioca brutti scherzi a tutti, dove la pressione è asfissiante, in più col scomodo ruolo di esordiente super star. Glielo si legge in faccia il timore, il panico. Non tenta di nasconderlo, guarda dritto Francesca in cerca di sostegno e rassicurazioni, forse ne trova, forse no, fa la sua parte, in qualche modo "la porta a casa". Alla fine si abbracciano, Fedez è commosso, piange, sostenuto dalla partner del duetto. Nel dietro le quinte scattano foto, sono felici. 

Fedez che da super star attesissima non si fa problemi a mostrare l'emozione e la debolezza è l'esempio involontario di maschile più bello visto ieri a Sanremo. A ben rifletterci non è una sorpresa che arrivi da lui: uno che non si fa problemi a smaltarsi le unghie, a mostrarsi commosso sui social, a indossare con fierezza l'etichetta di "marito di", senza dover ribadire la propria centralità e superiorità. Non significa che sia un modello in assoluto positivo, ma piacerebbe vedere più spesso figure maschili all'Ariston che vivano con normalità le lacrime, lo smalto, il trucco, le debolezze di ciascuno, momenti così normali -per ogni essere umano - da non essere più soggetto di battute o sketch comici.

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L'Ariston merita una maschilità fluida non performata con strati di trucco e complicati costumi, ma che si mostra sul viso, spontaneamente, senza essere nascosta o chiedere scusa. 

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