È il 2021. Da più di un anno l’intero pianeta Terra convive forzatamente con un virus pericoloso e l’arma più efficace per sconfiggerlo si è dimostrato essere lo stare a casa propria. L’associazione casa, divano, comfort food e serie tv è quindi diventata la prassi. Ma se i primi tre elementi sono di facile reperimento, è il quarto che in questo 2021 viene a mancare. I titoli in uscita sono scemati per via dell’effetto Covid e ormai si fatica a trovare qualcosa di valido con cui fare il binge watching giornaliero.
In questo tempo di carestia seriale c’è quindi chi si è dato al rewatching di show inguardabili dei primi anni 2000, chi alle maratone di grandi saghe cinematografiche e c’è pure chi, per disperazione, è ricorso alle repliche di Pomeriggio Cinque (poveracci). Ecco però, finalmente, arrivare all’orizzonte del 7 maggio 2021, Jupiter’s Legacy, la nuova serie supereroistica targata Netflix, tratta dall’omonima saga a fumetti di Mark Millar (creatore di Kick-Ass) e adattata per lo schermo da Steven S. DeKnight, che non è proprio l’ultimo arrivato visto che è già stato sceneggiatore di Buffy, Angel, Smallville e Daredevil. Con una premessa del genere, cosa può andare storto?
I supereroi devono essere bravi, buoni e bla bla bla (un sacco di bla)
Jupiter’s Legacy è ambientato nel 2008, anno segnato da una grande crisi economica. Fermento e rabbia popolare crescono e i capri espiatori della popolazione sono i membri dell’Unione, una lega che raccoglie i più potenti supereroi della storia e per cui spesso e volentieri si aprono le selezioni per i nuovi volti (con tanto di gente che si fa raccomandare). L’Unione è disciplinata da un rigido insieme di regole, il Codice, un mattone che nemmeno il più forbito prontuario di termini tecnici sulla pesca con la bombarda! E che prevede l’inderogabile divieto di uccidere i cattivi. Ma tanto non ci sono nemmeno più i cattivi di una volta! Sono infatti stati sostituiti dalle banche, dai politici corrotti, dagli hamburger di tofu, insomma da tutte quelle cose contro cui la vista a raggi laser e il saper volare non possono nulla.
Nonostante questo, i supereroi di Jupiter’s Legacy tengono duro (soprattutto contro il tofu), certi di incarnare ancora un’ideale di giustizia indissolubile e di difendere quel principio di libertà alla base del sogno americano. Quando però svestono i loro eroici panni colorati (che sembrano realizzati dallo stesso stilista di Elton John), a casa le cose non vanno certo meglio. I protagonisti, Utopian (Josh Duhamel) e Lady Liberty (Leslie Bibb), devono affrontare le crisi adolescenziali dei loro figli non più adolescenti: Chloe (Elena Kampouris) è diventata un’influencer/modella che ha più follower di qualsiasi superuomo in circolazione, se ne frega di salvare il mondo e della sua famiglia e l’importante per lei è, come la scuola di Ozzy Osbourne insegna, sniffare tutto quello che le capita a tiro, fossero pure formiche.
Brandon (Andrew Horton) invece, un giovane la cui foto andrebbe inserita nel vocabolario alla voce depressione, è fin troppo attaccato alla sua super eredità e fa di tutto per dimostrare di essere all’altezza del padre. Utopian dal canto suo, non lo aiuta e anzi, non fa che svilirlo e sfinirlo (sfinendo anche lo spettatore), con una serie infinita di “pipponi” su cosa voglia dire essere buoni, comportarsi bene, fare del bene, manco fosse afflitto dal complesso di Babbo Natale (tra l’altro gli assomiglia pure!)
Se con i figli l’opera di convincimento di Utopian non attacca, funziona invece con la moglie, Lady Liberty, che dà ragione al marito tre volte su due e ha sempre una buona parola per tutti tratta dal libro “1001 frasi scontate per consolare la gente”. L’unico che pare salvarsi da questo strazio è lo zio telepate Walt (Ben Daniels). È infatti lui il risolutore delle varie fratture all’interno della famiglia del fratello e quello a cui tutti si rivolgono quando hanno bisogno di un consiglio.
Ad alleggerire questo clima familiare pesante come l’ultima stagione di Don Matteo, arriva per fortuna un vero supervillain: Blackstar! Un nemico di quelli che di solito stanno nelle ultime fasi dei film Marvel. Così grosso e cattive che se incontra Thanos per strada l’unica cosa che gli fa schioccare sono le ossa! E quindi sul calare della prima puntata in un turbinio di SWISH! STUMP! SBAAAM! SPEEM! E, soprattutto, SPATAPUMMETE! Blackstar ha messo in ginocchio l’Unione e si prepara a schiacciare sotto il suo piedone pure Utopian, ma un momento prima della fine Brandon viola il codice (e da qualche parte un pescatore con la bombarda muore!). E quel che è peggio è che Brandon viola il codice proprio sotto lo sguardo del padre che cercava giusto un’altra scusa per metterlo in croce.
In una città in cui, non si capisce bene il perché, tutti sembrano avere dei superpoteri, si muovono anche le vicende del misterioso Hutch, un personaggio che per buona parte della serie se ne sta nel suo bel scantinato a fare cose. Delinea piani elaborati che finiscono sempre a schifio, salda pezzi di ferro con altri pezzi di ferro, pesta i piedi a gente a caso, salda pezzi di schifio su ferri di gente pesta, tutto però in vista di un grande disegno personale.
E quando lo spettatore sembra ormai schiacciato da un ineluttabile universo di scontatezza e dubbi ecco che la narrazione viene interrotta dai ricordi. L’appassionato di serie TV sa bene che quando si parla del passato dei personaggi c’è sempre qualcosa di interessante da scoprire. Come su Lost o The Walking Dead. In Jupiter’s Legacy però c’è solo altro sconforto, nozioni sulla metallurgia o su come preparare più di 70 uova alla coque ogni mattina mangiandone poi solo una (e non sono ironico). Nella Chicago del 1929, Sheldon Sampson (Utopian ancora senza poteri) è il figlio di un ricco industriale dell’acciaio che sta per essere colpito dal crollo della borsa e da tutto quello che ne deriva. La sua sfortuna però lo porta ad avere dei deliri che accompagnano lo spettatore in una lunga e sconclusionata caccia al tesoro sulle vere origini dei poteri dei supereroi dell’Unione.
Un minestrone di cliché
Jupiter’s Legacy sembra nata con un intento ben preciso: dotare la piattaforma di streaming Netflix di una nuova serie TV supereroistica e di impatto. Disney+ ha WandaVision o The Falcon and the Winter Soldier (oltre a tutte le serie Marvel in arrivo). Amazon ha Doom Patrol e The Boys. Era solo questione di tempo prima che Netflix proponesse un altro adattamento supereroistico (dopo i primi show Marvel e The Umbrella Academy). Mentre le altre serie citate però, e a loro volta tratte dai rispettivi fumetti, hanno ampiamente dimostrato che la classica formula degli eroi con i superpoteri può essere reinterpretata in modi diversi e originali, Jupiter’s Legacy si è adagiata nei cliché di genere. Così tanto da rendere stantia la visione già nei primi episodi.
Eppure è una serie esteticamente bella, con una buona fotografia e recitata pure bene ma purtroppo ha una sceneggiatura che fatica a decollare e dei dialoghi scontati che smontano qualsiasi intento di elevare la narrazione. Per superare le 8 puntate, che compongono questa prima stagione, ci si aggrappa ad ogni spiraglio vagamente interessante: un cattivo dal passato, un clone, un bastone per il teletrasporto, una nuova droga, le visioni di un’isola sconosciuta, persino ai capelli sempre perfettamente pettinati di Utopian… Ma poi ogni speranza crolla. Tutte le buone idee sono vanificate e amalgamate male in un brodo primordiale di noia e situazioni tenute insieme da un legante potente quanto la colla stick del LIDL. I nessi logici sono completamente assenti e la storia va avanti tanto per andare avanti. Tutti i personaggi sono piatti e fanno e dicono cose solo perché, come si suol dire, li hanno disegnati così. Un vero peccato, visto che il potenziale c'era, ma nemmeno lui alla fine è riuscito a sopravvivere agli sproloqui di Utopian.
Se quindi state ancora cercando di capire se sia meglio Jupiter's Legacy o Pomeriggio Cinque, tenete la televisione spenta che non fate male.
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