Daredevil: il Diavolo Custode di casa Marvel

Daredevil: come un ragazzino cieco di Hell's Kitchen divenne il primo degli urban heroes di Marvel Comics, tra aule di tribunale e tetti di New York

Immagine di Daredevil: il Diavolo Custode di casa Marvel
Autore: Manuel Enrico ,

Avvocato, giustiziere, eroe metropolitano capace di finire più volte a terra ma sempre pronto a rialzarsi. Che si trovi ad affrontare signori della malavita, infallibili assassini o entità semidivine, Matt Murdock non si è mai arreso, sia nella foga con cui perora le sue cause in aula che nella sua seconda identità, quella di Daredevil

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Personaggio nato nei primi anni della nascita di Marvel Comics, il Diavolo Custode non è stato uno degli eroi più amati della Casa delle Idee nella sua prima vita editoriale. Oggi siamo portati a vedere nel Cornetto uno degli eroi per eccellenza del pantheon marveliano grazie alla serie dell’epoca Marvel/Netflix, ora disponibile su Disney+, e al ritorno di Charlie Cox nei panni di Murdock all’interno di She-Hulk: Attorney at Law

Anche nel mondo fumettistico Daredevil sembra avere ripreso un posto di primo piano, grazie ad eventi come Devil’s Reign e la recente run realizzata da Chip Zdarsky. Un’ascesa frutto di anni di attenta costruzione del più complesso degli urban heroes marveliani, che sembra profondamente lontano dai primi anni delle sue storie. 

Golden Age: il primo Daredevil

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Non è un mistero che i primi anni della Marvel Comics non sia stati animati solamente da una vena creativa particolarmente florida. Pur riconoscendo a Stan Lee e soci l’aver creato le basi del moderno Marvel Universe, nella fretta di dare vita al proprio mondo supereroico, i primi anni della Silver Age della Casa delle Idee furono spesso animati da recuperi eccellenti e da rielaborazioni di figure storiche del mondo dei comics supereroici

La nascita di Matt Murdock fa parte di questa prassi, tanto che per parlare delle origini del Cornetto dobbiamo tornare in piena Golden Age, nel 1940. In Europa sta si sta già combattendo la Seconda Guerra Mondiale, mentre l’America il dibattito è divisa sulla propria posizione, tra interventisti e chi invece vorrebbe evitare un coinvolgimento diretto. 

Tuttavia, il mondo dei comics è in piena vitalità, ancora animato da quella Golden Age che sta portando alla nascita di numerosi supereroi. A questo slancio creativo partecipa anche la Ley Gleason Publishing. È sotto il suo marchio che viene pubblicato una popolare serie di successo, Silver Streak. Nel settembre del 1940, sul sesto numero di Silver Streak si presenta una situazione inconsueta: avanzano delle pagine e non ci sono storie! A salvare la situazione è Jack Binder, che fa un piccolo miracolo ed inventa un nuovo personaggio: Daredevil.

Nato come riempitivo, Daredevil diventa in breve tempo un personaggio di grande successo, soprattutto quando viene preso in mano da Jack Cole, che decide di metterlo alla prova con Claw, uno dei nemici più spietati di Silver Streak, scrivendo un epico scontro tra i due che dura ben cinque numeri. Ed è dopo questo improvviso apprezzamento dei lettori che Daredevil viene ulteriormente sviluppato.

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Barth Hill è un giovane che assiste alla morte violenta dei propri genitori, un evento da cui rimane marchiato anche fisicamente. Una tragedia che ha un risvolto importante anche per il mondo dei comics: Bart dallo shock diventa muto. Si tratta del primo supereroe affetto da una disabilità, anche se questo elemento viene eliminato a partire già dal secondo numero della sua serie, quando vengono rielaborati i suoi tratti distintivi.

Se nella sua prima apparizione, Daredevil era muto ed indossava un costume diviso simmetricamente in verticale nelle due colorazioni blu scuro e giallo smorto, quando viene stabilita la versione definitiva del personaggio si decide di fare alcuni cambiamenti. Il costume cambia colore, diventando rosso scuro e blu, mentre il mutismo viene eliminato. Rimangono però la scelta della sua arma caratteristica, il boomerang (che ricorda la cicatrice rimasta dopo la tragica morte dei suoi genitori) e il suo nome, Bart Hill.

È in questa nuova definizione che Daredevil ottiene, nel marzo 1941, la sua testata. Un esordio che giusto per non far scalpore lo vede affrontare il nemico per eccellenza del periodo: Adolf Hitler! La copertina di Daredevil Battles Hitler fa scalpore, ma si inserisce all’interno di una sorta di propaganda che coinvolge il mondo dei comics, come dimostrano storie del periodo in cui anche Capitan America, eroe della Timely Comics (la futura Marvel) affronta il Fuhrer, o Superman che porta Hitler e Stalin di fronte ad un tribunale.

Da questo numero, Daredevil ebbe un buon successo di pubblico. A seguire la testata fu Charles Biro, inizialmente coinvolto nella stesura della sceneggiatura del primo numero, ma infine coinvolto in modo assoluto dal personaggio. Biro prese a cuore Daredevil al punto, nel 1943, di riscriverne parzialmente le origini, aggiungendo dettagli come la sua infanzia presso gli aborigeni australiani, dando anche una connotazione più definita al suo passato e alla sua doppia vita.

Daredevil raggiunse vendite incredibili, toccando anche quota sei milioni di copie nel periodo bellico, ma dovette scontrarsi con la fine della Golden Age, affrontando il calo d’interesse per i supereroi. Negli anni ’50 la testata perse progressivamente gradimento, arrivando al punto di tentare una ripresa con l’introduzione di una formazione di alleati, i Little Wise Guys, che divennero la colonna portante della testata, che chiuse comunque nel 1956.

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Silver Age: il nuovo Daredevil di Marvel Comics

Con la rinascita dell’interesse nei fumetti di supereroi, si rivelò necessario creare nuovi personaggi. A guidare questa rinascita fu la Marvel Comics, casa editrice nata da una della realtà storiche del periodo della Golden Age, la Timely Comics. Nei primi anni sessanta, la Marvel aveva dato vita a serie come The Amazing Spider-Man e Fantastic Four, dando vita ad un successo che aveva spinto la casa editrice a sperimentare nuovi personaggi, come Iron Man, Thor, Ant-Man e Hulk.

All’epoca, l’editor Martin Goodman era intenzionato a sfruttare il più possibile il rinato interesse per i supereroi, compito che ricadde sulle spalle di un suo fidato collaboratore, Stanley Lieber, nome che in seguito divenne amato come Stan Lee. Lee iniziò a lavorare alacremente, portando alla nascita di una superformazione creata con un altro nome importante del nome dei comics, Jack Kirby.

Goodman era però convinto che si dovesse riprovare la strada dell’eroe solitario, basandosi sul successo di Spider-Man, e suggerì a Lee di ispirarsi al personaggio della Gleason. Tralasciando l’affetto per la Marvel, bisogna accettare che alcuni dei personaggi più amati della Casa delle Idee presero vita tramite l’ispirazione di eroi di altre case editrici non più esistenti, e i cui diritti erano divenuti liberi.

Lee coinvolse nel progetto Steve Ditko, già co-creatore di Spider-Man, che non accettò la proposta di Lee perché temeva di realizzare una semplice copia del suo Tessiragnatele. La seconda scelta di Lee fu Bill Everett, nome storico che aveva portato alla nascita di eroi storici della Golden Age, come Namor.

Everett era al momento impiegato come grafico per la Eaton Paper Corp, azienda di materiale cartaceo, per cui realizzava biglietti. Lee contattò telefonicamente Everett per presentargli l’idea di Daredevil, ed Everett accettò di incontrare il Sorridente Stan a New York.

In questa prima fase del personaggio, si erano già fissati alcuni elementi chiave della sua figura. Lee intendeva prendere l’elemento dell’handicap, caratteristica del Daredevil della Gleason, e utilizzarlo anche per il ‘suo’ Daredevil.

Il compianto Lee era un personaggio carismatico e ha fatto breccia nel cuore degli appassionati di comics, oltre che in quelli dei fan del Marvel Cinematic Universe. Ma bisogna anche accettare che nei momenti seminali della Marvel il suo approccio era spesso criticato dai suoi collaboratori (ne sapeva qualcosa il buon Kirby), soprattutto quando si trattava di stabilire la paternità di aspetti dei personaggi, o della loro stessa creazione (come accadde anche per Ghost Rider). Daredevil non fa certo eccezione, e anche l’origine del Cornetto è al centro di una delle tante leggende di casa Marvel.

Lee ha sempre sostenuto che l’idea della cecità di Matt Murdock fosse una sua decisione. In un libro del 1977, Son of Origins of Marvel Comics, Lee sostenne che l’idea della cecità di Daredevil gli venne mentre cercava un handicap per il personaggio, ispirandosi alla figura del detective cieco Duncan MacLain, creato da Baynard Kendrick.

Un’altra teoria vede nella famiglia Everett l’origine di questo handicap di Daredevil. La figlia di Everett, Wendy, era afflitta da cecità, condizione che la aveva portata a sviluppare un udito più fino. Quando seppe che il padre stava lavorando ad un nuovo personaggio e che era necessario un handicap, Wendy Everett propose al padre di utilizzare qualcosa che conoscevano bene, ossia la cecità.

Un handicap che portò anche alla definizione dell’arma tipica di Daredevil, il suo bastone. I primi studi sul billy cub erano stati fatti da Kirby, ma fu poi Everett che elaborò i dettagli di quest’arma.

Ma l’apporto della famiglia Everett alla nascita di Daredevil coinvolse anche l’altro figlio di Everett, Randy. Randy Everett era solito raccontare che nei primi tempi in cui il padre lavorava al design del costume lo spingeva a rielaborare alcuni aspetti, come le orecchie troppo grandi (divenuti poi i caratteristici ‘cornetti’), o il volto troppo massiccio, che lo rendevano una sorta di Batman. Padre e figlio si confrontarono spesso sul look di Daredevil, con Randy convinto che il colore ideale per il costume del Diavolo Custode dovesse essere un total red, mentre Everett padre decise di caratterizzare il proprio personaggio con una bicromia giallo-nero.

Tra l’altro, dall’eroe della Gleason non venne preso solo il nome, visto che in una delle sue prime storie, il Cornetto mostrò che il suo bastone era capace di diventare nientemeno che un boomerang, l’arma tipica del suo predecessore di casa Gleason

Daredevil, dalle aule ai tetti di Hell's Kitchen

Matt Murdock è un avvocato di New York, che con il suo fraterno amico Foggy Nelson cerca di assistere le fasce più povere della società. Per Matt si tratta di un rispetto dovuto alle proprie origini umili, un’esistenza vissuta negli slums di Hell’s Kitchen, quartiere popolare di New York, la parte meno nobile di Manhattan. Cresciuto dal padre Jack, pugile noto come Battlin’ Jack, Matt viene costantemente spinto dal padre a dare il meglio di sé per farsi una posizione, per non rimanere intrappolato in un’esistenza misera.

Un giorno Matt rimane vittima di un incidente. Nel tentativo di salvare un uomo prima che venga investito da un camion, entra accidentalmente in contatto con del materiale radioattivo, che lo rende cieco. Ma nel perdere la vista, Matt acquisisce sensi più acuti ed una sorta di radar che compensa in modo speciale la sua vista perduta.

Forte di questi poteri, Matt decide di utilizzarli per il bene della sua comunità, diventando il protettore di Hell’s Kitchen. Assumendo l’identità di Daredevil, diventa un simbolo della lotta al crimine nel suo quartiere, una diversa modalità di amministrare la giustizia rispetto al suo ruolo istituzionale di avvocato.

Questa dualità è da sempre uno dei caratteri fondamentali di Daredevil. Pur dovendo spesso far fronte a delle ingiustizie nelle aule a cui cerca di porre rimedio in veste di vigilante, Daredevil rimane sempre fortemente legato al rispetto delle leggi e alla giustizia come ideale, un ferreo sostenitore del sistema, non perfetto, ma comunque necessario. Lo difende anche in confronti con figure come il Punitore, ne è inizialmente parte integrante come avvocato e poi come procuratore distrettuale.

A questa sua venerazione per la giustizia si associa anche un profondo senso religioso. Da buon irlandese, vive con particolare intensità il suo esser cattolico, una fede che spesso lo porta ad interrogarsi sul suo ruolo come Daredevil. In momenti salienti della sua vita, è questo aspetto che può essere la sua ancora di salvezza o il suo punto di rottura.

Il primo nemico di Daredevil: l’uscita in edicola

All’epoca dei primi lavori su Daredevil, Everett era ancora impiegato presso la Eaton, ed era costretto a lavorare alle avventure di Matt Murdock nottetempo. Come facilmente immaginabile, questo portò ad accumulare un notevole ritardo per le consegne. All’epoca, la Marvel era vincolata a precisi accordi commerciali per il collocamento in edicola dei propri albi, e mancare una finestra d’uscita era una perdita considerevole.

La Marvel nell’estate del 1963 aveva programmato l’uscita di due testate: Daredevil e X-Men. La testata mutante era stata affidata a Jack Kirby, che non ebbe difficoltà a consegnare il suo lavoro, mentre Everett era in costante ritardo. Martin Goodman continuava a pressare il suo editor per confermare ad ogni costo l’uscita in edicola di Daredevil come pianificato, anche a costo di togliere il lavoro a Everett, ma Lee non intendeva cedere e chiese aiuto all’unica persona che poteva compire un miracolo: Jack Kirby.

Dopo aver completato il suo X-Men, Kirby venne incaricato di realizzare in tempo record il primo numero di una nuova testata, da tempo nelle idee di Goodman: un supergruppo. Kirby prese tutti gli eroi singoli pubblicati dalla Marvel (Hulk, Iron Man, Thor, Ant-Man e Wasp) e diede vita ai Vendicatori. Venne escluso da questo supergruppo Spider-Man, perché il suo carattere schivo non sarebbe stato rispettato all’interno di un supergruppo.

Risolta la paura della perdita di uno slot di pubblicazione, mancava ancora parecchio all’uscita di Daredevil. In un numero di Amazing Spider-Man, Lee raccontò che ogni possibile problema e inghippo si stava manifestando, dalla scomparsa di pagine di sceneggiatura al dover ridisegnare completamente le copertine, oltre a numerose liti in merito al costume di personaggio.

Nonostante queste traversie, il primo numero di Daredevil arrivò nelle edicole americane nel febbraio del 1964. Fu un esordio corale, visto che la copertina fu disegnata da Jack Kirby (inchiostrata poi da Everett), mentre tutto il materiale faticosamente realizzato venne completato da una squadra di salvataggio composta da Steve Ditko, George Roussos e Sol Brodsky. Furono loro ad aggiungere sfondi, personaggi, secondari e a dare completezza al lavoro di Everett.

Da Bill Everett a Wally Wood

Conscio dei propri limiti di tempo, Everett fece un passo indietro dopo l’uscita in edicola, rinunciando a proseguire il suo lavoro su Daredevil. Lee cercò subito un rimpiazzo, trovandolo in Joe Orlando.

Orlando, italo-americano, si era diplomato alla School of Industrial Art, ed ebbe subito successo. Al ritorno dalla Seconda Guerra Mondiale, era diventato un collaboratore fisso di uno dei grandi maestri del fumetto americano, Wally Wood. Orlando su Daredevil lavorò assieme a Vince Colletta (per le chine), dando alla serie quella visione che Lee avrebbe sempre voluto. In questo periodo comparvero nemesi storiche di Daredevil, come Elektro, il Gufo e Killgrave

La libertà espressiva che la Marvel garantiva in quel periodo ai disegnatori era una delle forze della casa editrice, ma al contempo era malvista da Lee, che era convinto di dover esercitare un forte controllo sui propri artisti. Convinto di questo suo ruolo, Lee si scontrò spesso con Orlando, facendo ridisegnare intere tavole, arrivando ad una rottura con il disegnatore, che lasciò la serie. E pensare che Orlando aveva inserito la presenza di un’arma assurda quale la pellicola di plastica cattura nemici, ovviamente ripieghevole per inserirla nel bastone multifunzione

La leggenda vuole che Orlando, lasciando furibondo la sede della Marvel, incrocia per strada il suo vecchio mentore, Wally Wood, a cui racconta la sua disavventura con Daredevil. Wood decide di cogliere al balzo l’occasione e si presenta in Marvel, proponendosi come disegnatore per Daredevil. Lee accetta subito questa candidatura, segnando una svolta epocale per il personaggio.

Wood, infatti, realizza storie con una maggiore dinamicità e un’atmosfera più drammatica, interpretando al meglio le idee di Lee. In particolare, Wood viene ricordato per avere modificato il costume del personaggio, inserendo inizialmente la doppia D sul petto (albo numero 5) e infine introducendo la colorazione rossa nel settimo numero, portando Daredevil alla sua forma più nota.

Da tradizione, ben presto anche Wood iniziò ad avere screzi con Lee. Visto il grande lavoro svolto su Daredevil, Wood chiese un aumento salariale, che Lee prontamente negò, offrendo in cambio di stendere la trama del decimo episodio! Trama che Wood scrisse, salvo poi vederla rimaneggiata pesantemente da Lee, motivo che portò ad un gelo tra i due, che portò Wood ad accettare dopo poco tempo un incarico alla Tower Comics, lasciando Daredevil in mano a Bob Powell

Daredevil: la rinascita con Frank Miller

Una svolta epocale per Daredevil è legata al nome di Frank Miller. Nel numero 158 di Daredevil, l’allora editor Jim Shooter annuncia l’ingresso nella squadra artistica del Cornetto di un giovane collaboratore, Frank Miller, presentandolo come una promessa del futuro dei comics. Un futuro che sembra compromesso, dato che Miller arriva su Daredevil in un momento critico, in cui le avventure del Diavolo Custode vendono poco e si medita la chiusura della serie.

Sceneggiato da Roger McEnzie e con cadenza bimestrale, Daredevil non ha un roseo futuro, ma Miller inserisce nuove idee e vuole dare un taglio più maturo e moderno a questo personaggio secondario di casa Marvel. La terapia Miller funziona benissimo. Miller introduce elementi contemporanei e costruisce una maggior definizione dell’ambiente in cui si muove Daredevil. Miller realizza un vero miracolo, rendendo Daredevil un personaggio di punta di casa Marvel, grazie alla perfetta sintonia con Klaus Janson ai disegni, portando la testata nuovamente a pubblicazione mensile.

A Miller si deve l’introduzione di una figura chiave come Elektra Nachios nel 1980, nel primo numero in cui Miller realizza anche i disegni. Inizialmente pensata come figura passeggera, Elektra diventa invece il fulcro emotivo di una manovra di retcon importante, che ha un profondo peso sullo sviluppo del personaggio, che vivrà momenti tragici come La morte di Elektra o Roulette.

È sempre Miller ad intuire l’importanza di una nemesi come il Kingpin per Daredevil. Entrambi profondamente legati alla loro territorialità, i due sono complementari, e il re del crimine newyorkese, solitamente visto come avversario dell’Arrampicamuri, diventa il villain per eccellenza di Daredevil.

La figura di Miller rimane profondamente legata al mito di Daredevil, complice anche un eccellente ritorno nella vita di Matt Murdock con quel capolavoro a fumetti che è Rinascita.

Ann Nocenti: l’anima sociale di Murdock

A completare il quadro degli autori che maggiormente hanno influenzato l’animo di Matt Murdock non può che essere Ann Nocenti. Dopo aver militato nelle serie mutanti di casa Marvel, la Nocenti arriva su Daredevil in un periodo complicato della vita di Matt. Le conseguenze di Rinascita si stanno facendo sentire, e Matt, tornato al fianco di Karen Paige, è in cerca di un nuovo equilibrio, che segue lavorando come avvocato per un’associazione no profit fondata con Karen. Ma è anche il periodo in cui Matt conosce Mary Walker, la criminale dalla doppia personalità nota come Tiphoyd Mary, con cui intreccia una relazione clandestina.

Ann Nocenti ha una sua visione precisa del personaggio, che viene calato in temi seri e particolarmente profondi, come guerra, degrado sociale e femminismo,e soprattutto la religione. È proprio il lavoro della Nocenti a dare alla fede di Murdock una definizione interiore particolarmente sentita. Nonostante inizialmente si susseguano diversi disegnatori, la Nocenti non perde di smalto e alla fine le sue storie vengono esaltate anche graficamente con l’arrivo ai disegni di John Romita Jr e alle chine di Al Williamson.

Daredevil: il primo degli urban heroes

Sin dalla sua prima apparizione, Daredevil si è mosso una dimensione prettamente urbana, quasi rionale. La sua attenzione si è sempre focalizzata sul suo quartiere, Hell’s Kitchen, portandolo a non affrontare minacce di più ampio respiro. Contrariamente ad altri eroi che erano soliti girare il mondo e vivere avventure anche in differenti dimensioni e nello spazio, Matt Murdock ha sempre avuto una vita piuttosto confinata. Non sono mancate storie in cui anche Daredevil è stato coinvolto in eventi epocali (da Infinity War sino a maxi eventi recenti come Devil's Reign), ma il cuore del personaggio è sempre stato nella sua Hell’s Kitchen.

Daredevil è il primo degli urban heroes marvel, personaggi come Cage, Iron Fist o Misty Knight che vivono le proprie avventure al margine dei grandi eventi della Casa delle Idee. Non è un caso che tra i nemici più noti di Daredevil figurino villain che sono fondamentalmente umani, privi di grandi poteri diversamente dagli avversari di altri eroi Marvel. È un ribadire un concetto di profonda umanità e concretezza del personaggio, che pur dovendo contrastare personaggi come Kingpin, Bullseye o il Gufo, rimane su un terreno sostanzialmente realistico, per quanto mutuato dalla necessaria spettacolarizzazione del medium fumetto.

Soprattutto, pur nascendo come un personaggio caratterizzato da una certa spavalderia, Daredevil è essenzialmente una figura tragica. Lo spirito ironico e quasi circense di Daredevil tipico delle prime storie viene lentamente accantonato in favore di un tono sempre più serio e drammatico. Scelta quasi obbligata, considerata non solo la natura del personaggio ma anche il contesto in cui si trova a operare. Matt Murdock è un figlio dell’America dei sobborghi, costretto a lottare per emergere, con una forte connotazione morale che viene però costantemente messa in dubbio. In realtà, sembra che Matt Murdock sia la maschera di Daredevil in diverse occasioni, vista la tendenza del Cornetto a sacrificare tutto in nome di quel senso di obbligo e impegno verso la propria missione.

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