Assassinio a Venezia, recensione: il Poirot di Kenneth Branagh in un giallo dalle tinte oscure

Assassinio a Venezia trasporta il tocco sofisticato di Kenneth Branagh in una storia dalle tinte oscure, che gioca coi propri spettatori e le loro paure.

Autore: Nicholas Massa ,

Basato sul romanzo giallo di Agatha Christie Hallowe'en Party, del 1969, l'Assassinio a Venezia di Kenneth Branagh sceglie di trarre le proprie origini da un materiale letterario carico di significato, per poi rielaborarlo in una storia cinematografica gialla dalle tinte oscure e dal fascino squisitamente noir. Diversamente dalla versione originale cartacea, qui tutto prende vita nella città di Venezia, in un contesto lagunare che parla una lingua tutta sua, parallela a quella della trama, mettendo a nudo le incertezze dei protagonisti con scorci che sembrano fermi nel tempo, dettagli profondamente lacerati dallo scorrere incessante delle ere, e un certo piglio autoriale intangibile e perfettamente coerente con quanto accade sullo schermo.

Hercule Poirot torna in scena veicolando una serie di riflessioni che, pur partendo dalla dimensione del mistero e del giallo, non faticano ad approdare fra le viscide ombre e le incertezze del noir, sfiorando senza remore l'orrore più oscuro che esista: quello del dolore umano e del trauma insuperabile, del tormento e dell'incertezza verso se stessi e verso ciò in cui si crede da sempre. In arrivo nei cinema italiani il 14 settembre 2023, Assassinio a Venezia conferma il tocco di Branagh e la sua particolare attenzione allo specifico umano, mettendo in scena una storia che non risparmia nessuno.

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Assassinio a Venezia: un mistero intriso d’occulto

L'incipit di Assassinio a Venezia è estremamente classico, presentando un Hercule Poirot (interpretato dallo stesso Kenneth Branagh) intento a godersi un pacioso ritiro dal mondo delle investigazioni e del crimine. La sua vita procede nella più totale tranquillità, incorniciata da una Venezia sia molto vicina agli spettatori che lontana, la storia infatti è ambienta alla fine degli anni 40, nel secondo dopoguerra. La routine esistenziale del leggendario investigatore, però, sta per essere stuzzicata da un mistero consegnatogli da una sua cara e vecchia amica, Ariadne Oliver (Tina Fey), interessata a far chiarezza sulle doti di una medium, Joyce Reynolds (Michelle Yeoh), che sembra stia spopolando coi suoi numeri incredibilmente reali.

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Intrigato dalle parole di Ariadne, Poirot abbandona, dubbioso, il proprio e personale esilio, per unirsi alla seduta spiritica organizzata da Rowena Drake (Kelly Reilly) in una famosa abitazione veneziana, celebre per alcuni terribili crimini avvenuti al suo interno. Sul posto con lui una manciata di personaggi tutti connessi da un sottilissimo filo rosso fatto di ricordi, dolore e un cadavere sulla coscienza a tormentarli da sempre. Quando la situazione prende una piega sanguinosa, il grande investigatore non può fare altro che tornare in azione, spinto da una curiosità radicatasi nel profondo della sua mente. Così, un caso ricco di elementi emotivamente incerti prende vita davanti agli occhi di tutti, coinvolgendo la sfera umana in quella del dubbio spirituale e personale.

Perché Assassinio a Venezia non è un semplice giallo?

Assassinio a Venezia non è affatto un film facile, impegnandosi fin dall'inizio a costruire una narrazione estremamente sfaccettata che gioca continuamente sia con gli spettatori che con i personaggi in gioco. Al centro di tutto, ancor prima del racconto, troviamo una Venezia viscerale e oscura, tenebrosamente squadrata e isolante. Kenneth Branagh si impegna fin da subito a inquadrarla al meglio, alternando immagini estremamente geometriche e dai tratti nostalgici, con movimenti di camera che accentuano, insieme al montaggio, la spaventosa freddezza artistica di alcuni decori tipici della città lagunare. Questo gioco figurativo arricchisce ulteriormente l'identità di una pellicola intenta a contaminare il genere giallo con quello del noir e dell'horror introspettivo, modellando sulla psiche dei protagonisti le stesse forme e ombre che li circondano di sequenza in sequenza.

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Il mistero di fondo è più chiaro che mai: una ragazza si è precedentemente suicidata e la madre vuole risposte sulla questione attraverso l'utilizzo di una famosa medium. Le domande, però, sono d'obbligo, specialmente quando l'occulto diventa sia un mezzo narrativo che uno strumento attraverso cui minare le certezze di tutti i protagonisti coinvolti, Poirot incluso. Ben presto, infatti, Assassinio a Venezia attinge dalla dimensione popolare e orrorifica di sfondo per costruire un caso pieno di punti interrogativi apparentemente impossibili da giustificare e risolvere. Il tutto è accentuato da una fotografia scurissima (curata da Haris Zambarloukos) e da una messa in scena umida e bagnata, quasi da sentirsela addosso.

Insieme ai fatti narrati, sono le scenografie a parlare la lingua della paura e del timore personali, accentuando ulteriormente quello che provano i personaggi e contribuendo a trasmettere un senso di claustrofobia quasi continuo, fondamentale nella stessa identità delle immagini che compongono il tutto. In questo modo Assassinio a Venezia riesce a superare i suoi stessi limiti, immergendosi in ombre e dubbi che tormentano sia lo stesso Poirot che gli spettatori concentrati a cercare di comprendere quello che sta succedendo a schermo .

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Questo è sicuramente il più grande pregio della pellicola, quello di riuscire a coinvolgere fin da subito negli eventi trattati, pur trattandosi di una storia che, almeno in apparenza, presenta una serie di modelli e stilemi molto classici. Così, da un caso apparentemente sconclusionato, ci si ritrova coinvolti in un contesto estremamente imprevedibile in cui la dimensione del terrore profondo gioca continuamente con il giallo e un mistero dai tratti complessi.

Assassinio a Venezia sorprende e procede lungo la sua strada

Diversamente dal passato, in Assassinio a Venezia Kenneth Branagh decide di costruire un caso rielaborandolo sotto l'ombra dell'occulto, e citando a più riprese lo stile di uno scrittore del calibro di Edgar Allan Poe. La commistione fra orrore indecifrabile e mistero umano e terribile sono il principale motore di un giallo cinematografico di maniera, con tinte sia classiche che psicologicamente profonde.

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Il tutto è confezionato con una regia raffinata che cerca di coinvolgere direttamente gli spettatori in sala, mettendoli nella condizione di provare quasi le stesse sensazioni dei protagonisti, lavorando sul coinvolgimento diretto in senso figurativo. Oltre alla dimensione estetica, Assassinio a Venezia si presenta innanzitutto come uno studio della sofferenza umana, del dolore profondo e nascosto che è possibile trascinare dietro e dentro di sé, celandolo agli occhi indiscreti, per poi esplodere con una violenza dispersiva e disperata, umida, alienante e profondamente selvaggia. Tutto tace nel profondo in questo film, tutto risiede nei non detti e in ciò che si preferisce nascondere e combattere senza dare troppo nell'occhio.

Commento

Voto di Cpop

80
Assassinio a Venezia è un film oscuro e dalle tinte profondamente umane. Nel narrare il dolore di una perdita coinvolge il suo pubblico in un caso in cui la reale violenza fisica arriva a superare i limiti dell'atto in sé, toccando le corde più intime dei personaggi in gioco. Kenneth Branagh confeziona una pellicola studiata dal punto di vista estetico e figurativo, alimentando costantemente un gioco di ombre e domande che travalica lo schermo cinematografico, invadendo la sala senza troppa difficoltà. Il risultato? Un giallo non solamente giallo, un mistero che si serve dei terrori dell'occulto per occultare la sua vera natura fino in fondo, fino all'ultimo istante possibile.

Pro

  • L'intero cast è perfettamente in parte.
  • La Venezia scelta come sfondo e luogo del film si presta alla perfezione, divenendo fin da subito lo specchio diretto dell'azione e del mistero in corso. Il tutto con scenografie anche meravigliose.
  • Hercule Poirot e il suo innegabile fascino ancora oggi intonso.
  • Una regia che sa perfettamente come connettersi col materiale trattato, raffinandolo.

Contro

  • Alcuni stereotipi e momenti non troppo approfonditi, ma lasciati all'interpretazione momentanea degli attori o senza alcuna risposta.
  • C'è pochissima CGI, ma quella che c'è non è molto convincente.
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