Dog Man, recensione: l'inaspettato eroe di DreamWorks tra slapstick e avventura

Con Dog Man DreamWorks punta sull’assurdo e sul ritmo forsennato per un’avventura fuori dagli schemi, alternandola a un tocco di introspezione.

Autore: Nicholas Massa ,

In un mondo in cui tutto è possibile, il legame fra un poliziotto e il suo cane diventa più che indissolubile, dando forma a un racconto sempre sopra le righe, in cui l’assurdo più creativo, attraverso l’animazione, diventa il motivo centrale, nonché la forza di una storia che incuriosisce proprio per la sua verve scanzonata ma anche attenta in alcuni aspetti. Così, lo sviluppo più “maryshelliano” che si possa immaginare, attingendo al classico leitmotiv della letteratura dell’orrore, diventa la miccia perfetta per una storia, al contrario, coloratissima, in cui sembra che tutto possa accadere da un momento all’altro. Sono queste le sensazioni iniziali di Dog Man, il nuovo film d’animazione targato DreamWorks e distribuito da Universal Pictures.

Diretto da Peter Hastings, disponibile al cinema dal 30 gennaio 2025, e basato sull’omonima graphic novel per bambini ideata dal fumettista Dav Pilkey, qui anche sceneggiatore.

 Dog Man gioca con la dimensione animata, traendone una storia che si muove in più direzioni, in cui l’imprevedibilità del momento prende sempre e comunque il sopravvento. Partendo da una struttura narrativa estremamente classica, il film ne estremizza e di conseguenza annulla i momenti chiave in favore di un umorismo che si prende gioco delle proprie ispirazioni in modo intelligente, puntando tutto sull’assurdo e sull’esagerazione, per poi alternare gli sviluppo più eccessivi con un’attenzione ai personaggi da non sottovalutare (in lingua originale Dog Man è stato doppiato da voci note tra cui: Ricky Gervais, Stephen Root, Billy Boyd, Pete Davidson, Lil Rel Howery e Isla Fisher).

Proteggere e servire

Quando un cane e un agente di polizia si trovano coinvolti in un grave incidente sul lavoro, durante un inseguimento all’ultimo respiro, in ospedale non trovano altro modo di salvarli se non attraverso un’operazione chirurgica che li vedrà unirsi, diventando un individuo a metà fra cane ed essere umano. Da ciò nasce Dog Man, un poliziotto che continua a portare avanti il proprio lavoro con tutto il cuore, dimostrando ogni giorno alla sua città il proprio valore sul campo. Tutti amano Dog Man, tutti lo ammirano e pare proprio che sia l’eroe che stavano aspettando da tempo… se non fosse che qualcuno nell'ombra non riesce a mandarlo giù.

Universal Pictures.
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Petey the Cat è esattamente l’opposto di Dog Man. È marcio e malvagio da tempo immemore, e il suo unico obiettivo è portare caos e scompiglio in città. Dal contrasto fra cane e gatto più classico, quindi, si sviluppa una storia di bene e male, di scelte e conseguenze, ma anche e soprattutto di crescita. Nella dinamica narrativa più semplice che ci sia, si sviluppa gradualmente qualcos’altro, portando l’assurdo più libero e sregolato verso una cura generale e un’attenzione che trova la sua strada nella “tipizzazione” parziale dei propri protagonisti.

Oltre gli standard

Come anticipato, la struttura narrativa di Dog Man è estremamente classica, scegliendo però di stressare le dinamiche “eroe contro villain”, ridendoci su. Lo spirito del racconto risulta quindi, fin dall’inizio, più chiaro che mai, proiettando gli spettatori in sala in una storia piuttosto semplice e basilare, che pare voler principalmente divertire. Non è però, fortunatamente, tutto qui in Dog Man, dato che, di pari passo con la creatività visiva, si muove anche una scrittura che in alcuni momenti si ferma, rallenta il ritmo forsennato generale per riflettere un minimo sui suoi protagonisti principali.

Ecco che le tipizzazioni accennate in precedenza cominciano gradualmente a cedere il posto a una caratterizzazione più attenta, che sfiora l’emotivo, inserendo in Dog Man qualcosa su cui riflettere, in contrasto con la pura comicità alla base del progetto. Nulla di troppo impegnato, ovviamente, ma comunque interessante e ben inserito in un contesto narrativo che non bisogna dare per scontato fin dall’inizio. Resta stimolante il poter ragionare anche su ciò che i protagonisti hanno dentro, relazionandosi con tematiche quali l’abbandono, l’importanza dei legami, ma anche la genitorialità e il lascito.

Universal Pictures.
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Dog Man, quindi, colpisce innanzitutto per la sua anima scanzonata e leggera, proiettando in un mondo che alterna continuamente la propria natura figurativa, passando da un genere televisivo/cinematografico all’altro. Il lavoro per immagini resta la principale forma di stimolazione in un processo narrativo che si fa, innanzitutto, stupore estetico e divertimento, nutrendo continuamente la storia principale con gag di ogni genere e momenti no sense che funzionano, di pari passo con una comicità slapstick molto fisica e coerente con lo spirito generale del progetto.

In termini di animazione, non c’è molto da dire, dato che da tempo immemore DreamWorks continua a sfornare lavori ben ragionati, anche laddove la semplicità prende il sopravvento su tutto il resto. Nel fluire della creatività visiva, vediamo nascere momenti sempre sopra le righe, sempre sul filo di un eccesso che funziona proprio perché non rallenta quasi mai, non si frena fino alla fine, fino all’ultimo momento, mantenendosi coerente a uno spirito goliardico abbastanza “vecchio stampo”.

Universal Pictures.
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Così, è proprio la semplicità immediata a regnare in Dog Man, presentando un lavoro che diverte senza però mai lasciare troppo il segno, purtroppo, mirato a un target preciso ma comunque interessante in alcuni suoi aspetti. Niente di nuovo, quindi, anche se l’amore nel costruire un prodotto del genere si percepisce facilmente nell’attenzione formale e nella costruzione di alcuni momenti che livellano la goliardia, frenandone la versatilità in favore di una scrittura più introspettiva ed emotiva. In un gioco del genere, il film diretto da Peter Hastings funziona e intrattiene, diverte e sorprende per alcune gag, restando però sempre e comunque molto classico e piuttosto semplice nel messaggio che lascia e in quello che si potrebbe scorgere oltre “la patina del gioco”.

Commento

Voto di Cpop

70
Dog Man si veste innanzitutto di un’animazione scatenata che mescola comicità slapstick, azione e un minimo di introspezione. Pur seguendo una struttura narrativa estremamente classica, il film gioca con il contrasto tra eroe e villain in modo ironico, puntando sull’assurdo e su un ritmo forsennato che raramente rallenta. L’animazione, come da tradizione DreamWorks, è curata e vivace, enfatizzando il tono goliardico del racconto. Sebbene la pellicola sia pensata per un pubblico giovane, inserisce spunti più emotivi legati ai legami, all’abbandono e alla crescita personale. Tuttavia, nonostante l’energia e la creatività visiva, Dog Man si mantiene su binari abbastanza convenzionali, risultando un prodotto che intrattiene con efficacia ma senza lasciare un segno profondo.

Pro

  • La comicità frenetica e slapstick che rende il film divertente e coinvolgente, soprattutto per un pubblico giovane.

  • Animazione vivace e curata che enfatizza il tono esagerato e goliardico del racconto.
  • Alcuni momenti più introspettivi in termini di scrittura.

Contro

  • Struttura narrativa molto classica, che segue schemi già visti senza particolari innovazioni.
  • Il target molto specifico potrebbe escludere una fetta di pubblico.
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