Nosferatu, recensione: Robbert Eggers rilegge con stile un gigante del cinema

Il regista di The Witch e The Lighthouse rilegge il mito di Nosferatu, mescolando fascino autoriale, citazioni e rispetto per la storia del cinema.

Autore: Nicholas Massa ,

Relazionarsi con Nosferatu significa confrontarsi non solo con un film che ha scritto la storia stessa del cinema, ma anche con quella del genere horror. La pellicola del 1922, firmata da Friedrich Wilhelm Murnau, ha contribuito a innovare il mezzo cinematografico, portando sul grande schermo una serie di sperimentazioni narrative e formali rimaste praticamente immortali. Robert Eggers, ovviamente, non è il primo regista a cimentarsi con un colosso di tale portata: prima di lui ci aveva provato anche Werner Herzog, un altro grande cineasta che ha lasciato un segno profondo negli appassionati e negli studiosi.

I rischi di un remake sono evidenti, eppure Eggers ha scelto comunque di provarci, plasmando, attraverso il proprio stile, tocco e poetica, un racconto che tutti conoscono, direttamente o indirettamente. 

Il suo Nosferatu si presenta come un “rifacimento”, anche se la mano dietro la macchina da presa è diversissima, così come le ragioni insite in un progetto che non si appoggia più alla propria epoca di appartenenza, come avveniva in passato, cercando comunque di ritrovare le tematiche e i misteri che hanno reso il lungometraggio originale praticamente immortale. Il Nosferatu firmato da Robert Eggers sarà disponibile in anteprima al cinema il 31 dicembre 2024, per poi uscire ufficialmente in sala dal 1° gennaio 2025. Nel cast troviamo volti noti ma anche emergenti, tra cui Bill Skarsgård, Nicholas Hoult, Lily-Rose Depp, Emma Corrin e Willem Dafoe.

Un racconto che tutti conoscono

Come anticipato, il Nosferatu diretto da Robert Eggers rivisita il classico horror in chiave gotica, ambientandolo nella Germania del XIX secolo. Al centro della vicenda, una giovane donna tormentata (interpretata da Lily-Rose Depp) si trova invischiata nell'ossessione di un antico vampiro proveniente dalla Transilvania, la cui presenza porta con sé un'aura di terrore senza tempo. Dalle visioni incomprensibili alla tangibilità di un male che si manifesta quando il marito di lei, Thomas Hunter (Nicholas Hoult), parte per un viaggio di lavoro lontano, entrando in contatto con il tenebroso e terrificante conte Orlok (Bill Skarsgård).

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Maglietta Nosferatu (1922) Murnau

Maglietta Nosferatu (1922) Murnau

Da questo evento apparentemente normale si scatenerà tutta la brutale malvagità di una tenebra cui nessuno vorrebbe mai credere. Con uno sguardo visivamente potente e unico, Eggers esplora temi di paura, desiderio e condanna, intrecciando l'angoscia personale dei protagonisti con un orrore che supera i confini della realtà. I rimandi all’horror più classico sono quindi inevitabili, ma l’intento del regista è di riportarne gli stilemi con uno stile che rinfresca, rinnova e in qualche modo restaura.

L’occulto di un viaggio nei simbolismi storici del cinema orrorifico

Se si conosce anche solo minimamente la storia del cinema, il nome di Nosferatu e del suo regista, Murnau, è praticamente inevitabile in qualsiasi programma che si rispetti. Questo perché il film in questione ha introdotto alcune innovazioni, rimanendo impresso nella memoria di appassionati e studiosi sia per la sua verve sperimentale sia per un fascino particolarissimo, che si nutre dello stesso occulto fittizio al suo centro. 

Tutto ciò, con spirito rinnovato, torna nel Nosferatu di un Robert Eggers rigoroso nella costruzione figurativa e nella messa in scena del suo lungometraggio. Svecchiare, sì, ma con un profondo rispetto che emerge attraverso le simbologie più classiche e celebri di un racconto che, ancora una volta, si serve innanzitutto delle immagini per lasciare il segno negli spettatori in sala.

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La storia, a grandi linee, è sempre la stessa; è il tocco del regista a fare la differenza, in un processo creativo che cita ed elogia, e al contempo studia e rielabora in chiave diversa e profondamente personale. La poetica di Eggers ha così modo di esplodere in tutta la sua potenza tra ombre e sagome, ma anche attraverso momenti in cui gli elementi centrali del film diventano qualcosa di diretto nell’immaginario pittorico a schermo, trasformando la narrazione in una storia che si muove per quadri.

Complice la fotografia di Jarin Blaschke, questo Nosferatu ritrova la propria voce cinematografica attraverso la poetica stessa di un regista che non si è mai tirato indietro in termini di composizione e “scrittura per immagini”. Da ciò tutti i campi lunghi avvolgenti e pittoricamente romantici, l’attenzione al rapporto tra natura e uomo, il lavoro svolto con il montaggio alternato e l’uso delle ombre: sono soltanto alcuni degli artifici del mezzo cinematografico che tornano rinnovati in un’opera che guarda al passato senza risultare mai nostalgica o smielata. 

Di pari passo, troviamo un uso smodato e continuativo dei primissimi piani e delle inquadrature ravvicinate, capaci di creare un particolare senso di claustrofobia e disgusto, perfettamente in linea con un contesto in cui il male interviene fisicamente sulle sue vittime.

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Nosferatu, però, non è solo violenza diretta, ma anche sottile e simbolica costruzione di un nero praticamente indefinibile, primordiale e inafferrabile. Da qui derivano tutte le metafore e riflessioni sul sesso, sulla corruzione del corpo e dell’anima, e sul rapporto/conflitto tra natura ed esseri umani, in un intreccio che critica aspramente il proprio periodo storico di appartenenza. Se nel film del 1922 un approccio simile aveva un peso e un impatto diretto sugli spettatori, in questa versione il confronto e lo scontro tra magia e raziocinio diventano quasi secondari, a contatto con un pubblico molto più distante.

Nosferatu è un film sicuramente curato e disturbante, caratterizzato dalla mano di un regista che conosce molto bene il mezzo cinematografico e che riesce a bilanciare uno stile sia autoriale sia rispettoso di un gigante della storia del cinema.

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Nel tentativo di portare “la propria versione” di un mostro sacro del cinematografo, però, Eggers si dilunga eccessivamente in certi passaggi, senza risultare del tutto chiaro in alcuni intenti intellettuali che sembrano emergere dalle sue scelte complessive. Buone le prove del cast, anche se con alti e bassi, con momenti che talvolta appaiono forzati o poco convincenti (questa impressione si riscontra soprattutto con Lily-Rose Depp, la cui interpretazione risulta piuttosto altalenante).

Commento

Voto di Cpop

80
Nosferatu di Robert Eggers è un film visivamente curato e disturbante, che dimostra nuovamente la padronanza del mezzo cinematografico da parte del regista, capace di coniugare autorialità e rispetto per il classico immortale di Murnau. Tuttavia, nel tentativo di offrire una rilettura personale di un'opera iconica, Eggers si dilunga in certi passaggi, perdendo un minimo di chiarezza in alcuni degli intenti intellettuali che emergono dalle sue scelte narrative. Il cast offre performance funzionali, seppur altalenanti, con momenti meno convincenti che si riscontrano soprattutto nell'interpretazione di Lily-Rose Depp. Nonostante i suoi difetti, il film resta un esperimento ambizioso e stilisticamente affascinante, un lavoro per immagini raffinato e disturbante, fra passato e presente.

Pro

  • La regia pittorica di Robert Eggers.
  • La fotografia di Jarin Blaschke.
  • Il lavoro in termini di messa in scena e costumi.

Contro

  • La prevedibilità narrativa di un progetto del genere.
  • Le performance altalenanti del cast.
  • Alcune riflessioni non troppo chiare.
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