La Strada, recensione: la speranza alla fine del mondo

Autore: Manuel Enrico ,

Noi siamo i buoni? Una voce flebile, di bambino, rompe il silenzio di un mondo in rovina, ferale, in cui non esistono più concetti di bene e male. È questa l’atmosfera che si respira in La Strada, volume di Coconino Press, che accoglie lo stupendo adattamento a fumetti di una delle opere più intense e strazianti di Cormack McCarthy, l’omonimo racconto che ha già goduto di una trasposizione cinematografica. Tre vite differenti per la stessa storia, in tre media che per grammatica e impatto emotivo offrono diverse prospettive, ma che nella visione di Manu Larcenet sembra trovare un’intensità graffiante.

Quando parliamo di adattamenti, ci addentriamo in quella pericolosa strada in cui le critiche inevitabili sul mancato rispetto del materiale originale o la sensazione di aver perso elementi essenziali nel processo sono all’ordine del giorno. Poco importa che siano in gioco grammatiche narrative differenti, che il movimento del cinema non trovi un’immediata corrispondenza nel disegno o che la visione specifica di fumetto e grande schermo privi il fruitore della libertà di immaginare quanto raccontato in un romanzo. Eppure, termini come ‘tratto da’ o, nel nostro caso, ‘dal romanzo di Cormack McCarthy’ sono emblematiche di una necessaria libertà autoriale.

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La strada, dal racconto del McCarthy al fumetto di Larcenet

Non dimentichiamo che McCarthy non è uno scrittore qualunque, ma viene, giustamente, considerato come uno dei romanzieri contemporanei americani di maggior rilevanza. La sua Trilogia del Confine ha segnato profondamente l’immaginario statunitense, e quello mondiale quando uno dei suoi lavori, Non è un paese per vecchi, è divenuto un film di successo. Con La strada, vincitore del Pulitzer per la narrativa, McCarthy sposta completamente il suo sguardo dall’America alla dimensione emotiva di una realtà hobbesiana.

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La strada Copertina flessibile

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In La strada, McCarthy ritrae un’America post-apocalittica devastate da una non meglio definita catastrofe, attraversata da un padre e un figlio in viaggio per lasciare le fredde zone in cui vivono, cercando rifugio verso lidi più temperati. Una traversata verso sud che li porta ad attraversare un territorio selvaggio e mortale, popolato di disperati che cercano di sopravvivere e di tribù cannibali che si sono adattate al nuovo ordine cedendo alla barbarie. L’unica ricchezza di questi due viaggiatori è il loro carrello, in cui sono contenuti i beni di cui necessitano per sopravvivere, e una pistola, con pochi colpi rimasti, come unica difesa.

McCarthy realizza quello che potremo considerare più una long story, in cui condensa con stile asciutto ed ermetico l’odissea di questa coppia. Punteggiatura inesistente, ritmo incalzante e una sensazione di costante pericolo attirano il lettore in un’ambientazione il cui world building è sostanzialmente emotivo, scevro di elementi riconoscibili perché l’attenzione deve esser focalizzata interamente sul padre e il figlio. La strada è angosciante anche per via della mancanza di riferimenti visivi, un totale asservimento del racconto alla vicenda umana, che esplode nel cuore del lettore.

Non una lettura semplice, ma angosciante e disturbante, che proprio per la sua rigida e parca essenza colpisce duramente. McCarthy vuole raccontare una sorta di resistenza alla perdita della ragione e dell’umanità, contrapponendola al senso di responsabilità del padre, ma ne scaturisce anche il ruolo protettivo del figlio, che animato dalla innata bontà si pone come un rifugio per l’anima del padre, spingendolo dove possibile a rimanere ‘uno dei buoni’.

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Interpretare al fine del mondo

Se McCarthy riesce nel suo intento, il dover realizzare una trasposizione fumettistica risulta complicato da questa spartana rappresentazione del mondo. Sappiamo che un tempo era una terra viva, come la nostra, ma la sua distruzione ci viene narrata tramite la caduta dell’umanità in una dimensione ferina, in cui vige la sopravvivenza deriva dall’esser più forti e spietati degli altri. Ma queste coordinate emotive non danno indicazioni su come ritrarre il mondo, lasciando il compito interamente a Larcenet.

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L’esperienza vissuta con un’altra trasposizione letteraria, Il rapporto Brodeck, ha sicuramente aiutato Larcenet nel crearsi un modus operandi per questi lavori, ma l’asciutta scrittura di McCarthy non fornisce grandi indicazioni per il world building.  Conscio di come la ripetitività delle azioni di due protagonisti sia inserita in un mondo devastato e informe, Larcenet si concentra su questo aspetto, resistendo alla tentazione di tavole di ampio respiro, ma preferendo una compressione visiva in cui inserire claustrofobicamente i protagonisti. Una presenza costante ma impalpabile, uno scenario cangiante che passa da spazi immensi di nulla a concentrazioni di ruderi e segni di una civiltà perduta.

Scelta che consente a Larcenet un lavoro di cesello sui dettagli più minuti, dalla pelle logora ai corpi emaciati dei due viaggiatori. La disperazione e la decadenza ricoprono tutto, soprattutto espressioni e pose dei due protagonisti, appesantiti dalla fatica e da un destino che sembra accanirsi spietatamente. Come per il romanzo originale, anche questo adattamento spezza il ritmo con dei ricordi in flashback che inquadrano il passato di questa famiglia.

Dove Larcenet cambia il tono è nella peculiare relazione tra padre e figlio. Il linguaggio usato chiarisce subito come siamo davanti a due anime diverse, una che sento il peso della responsabilità a ogni costo, l’altra che fatica a comprendere le regole di questo mondo ferale, ma che al contempo tenta di preservare l’umanità di un padre oramai prossimo alla fine. Specie per l’uomo, questo viaggio è un ancorarsi a una speranza, l’ultima, non con cuore sereno ma con una straziante ostinazione, fatta di paura, violenza e disincanto.

La dinamica tra i due vive nei dialoghi, che sin dall’inizio segnano profondamente il lettore, che empatizza non con uno dei due personaggi, ma con la loro esistenza corale. E la voce del padre diventa lo specchio di un’umanità disperatamente attaccata alla vita, ma segnata da una cinica rassegnazione che diviene guida di sopravvivenza, non solo fisica, ma anche mentale:

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Pensa bene a quello che metti nella tua testa, perché ci resterà per sempre.

In alcune tavole questa tensione emerge prepotente nelle pose dell’uomo, contrapposte a quelle remissive del ragazzo. Larcenet riveste i suoi personaggi di una drammaticità palpabile, li condanna alla loro sofferenza ritraendone espressioni livide ed emaciate, le pose stanche durante la marcia, colpendo duramente il lettore con momenti strazianti, come quando il padre lascia un ultimo, saporito boccone al figlio, nascondendo un futuro che sembra essere una condanna:

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Bevilo tutto tu, così ti ricorderai bene il sapore

Perché non ne berrò mai più vero?

Perché leggere La strada

Se emotivamente il lettore viene sferzato da dialoghi di questa intensità, sul piano visivo viene catapultato in questa landa devastata. Larcenet non si limita a indugiare sulle manifestazioni più inquietanti e orripilanti del nuovo mondo, ma mostra con lucidità le vestigia cadenti della civiltà perduta, con ambientazioni iperdettagliate e facilmente riconoscibili. Il tratto fine e carico di minuziosi dettagli pasa dalla delicatezza del ritratto delle figure umane, con una corporeità concreta e percepibile, alla maggior semplicità di ambienti, impreziositi da un utilizzo della luce che risente di questa aria venefica in cui si muovono i personaggi.

Larcenet lavora sulla cromia improntandola a una cinica freddezza, lasciando che la predominanza dei grigi trovi una sprazzi di giallo, rosato e celeste, rendendoli transfer emotivi delle sensazioni dei due viaggiatori, sino a una conclusione in bicromia che lascia emergere con maggior forza la familiarità di questa impostazione visiva con la scuola sudamericana, per la sua attenzione a specifici dettagli e alla sua materialità.

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La strada Copertina rigida

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Non una lettura semplice, La Strada, come non lo era, a suo tempo, l’opera di McCarthy. Coconino Press premia il coraggio dei lettori con un’edizione di grande pregio, un cartonato di formato generoso che esalta l lavoro di Larcenet, consentendo di apprezzare al meglio il lavoro dell’artista. Una storia struggente, violenta nella visione e nell’interpretazione, ma che nella sua universalità riesce a covare un piccolo seme di speranza.

Commento

cpop.it

95

Non una lettura semplice, La Strada, come non lo era, a suo tempo, l’opera di McCarthy. Coconino Press premia il coraggio dei lettori con un’edizione di grande pregio, un cartonato di formato generoso che esalta li lavoro di Larcenet, consentendo di apprezzare al meglio il lavoro dell’artista. Una storia struggente, violenta nella visione e nell’interpretazione, ma che nella sua universalità riesce a covare un piccolo seme di speranza.

Pro

  • Disegni di grandissimo impatto
  • Dialoghi ermetici ma di grande potenza
  • Storia adatta in modo encombiabile

Contro

  • Alcune scene particolarmente crude
  • Non adatto a chi cerca una lettura leggera
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