Peninsula, il "quasi sequel" di Train to Busan, non sa cosa vuole essere: la recensione dal Trieste SF+F 2020

Il regista coreano Yeon Sang-ho torna a raccontare gli zombie che abitato il mondo di Train to Busan in Peninsula: il film però è cronicamente confuso su che tipo di pellicola voglia essere. La recensione dal Trieste SF+F 2020.

Autore: Elisa Giudici ,

Il regista Yeon Sang-ho ha una certa familiarità con il mondo degli zombie: dopo Seoul Station e la hit internazionale Train to Busan, ha dimostrato di saper confezionare un prodotto d'intrattenimento ad alto livello di spettacolarità, con soluzioni narrative e produttive decisamente più fresche della routine horror statunitense. Quando però deve calibrare la magnitudo della sua nuova creatura o scegliere in che direzione far muovere il suo nuovo progetto Peninsula - che con Train to Busan condivide lo stesso universo in cui la Corea del Sud è stata contagiata - il suo approccio confuso e indeciso gli gioca un brutto tiro. 

Non che Peninsula non sia divertente da vedere, anzi: se i cinema fossero aperti, sarebbe una perfetta valvola di sfogo per il pubblico vessato da lockdown e pandemia. Anche nel film le persone temono il contagio da parte dei coreani valutando il rischio sulla semplice base della loro etnia. Anche in Peninsula la situazione drammatica costringe le persone giuste a scelte difficili per la sopravvivenza e permette a quelle malvagie di esercitare indisturbate il proprio sadismo. Il tutto però accade in un'atmosfera chiaramente fittizia, in cui il risvolto brillante di stampo comico è sempre dietro l'angolo. 

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Dentro Peninsula ci sono una marea di spunti interessanti sottosviluppati e qualche buco di trama vero e proprio. Rimane un film di solido intrattenimento che soffre il confronto con Hollywood per via delle sue limitazioni economiche. Invero è davvero frustante vedergli presentare e poi ignorare una serie di ganci narrativi che avrebbero potuto renderlo molto di più di un quasi sequel che capitalizza sulla fama di Train to Busan. Con il giusto taglio, Peninsula aveva tutte le carte in regola per riuscire anche a superare il suo precedessore in termini qualitativi. Invece il risultato è decisamente più convenzionale e meno soddisfacente del film precedente diretto da Yeon Sang-ho.

Tanto potenziale sprecato

Dopo aver visto il film viene da chiedersi perché la pellicola apra con un antefatto i cui presupposti vengono quasi ignorati dal resto del film. Nello stesso vediamo il protagonista Jung-seok (Gang Dong-won) ignorare le richieste di aiuto di una madre con la figlia piccola, dirigendosi con i propri parenti verso il porto cittadino. La Corea sta vivendo l'accelerazione del contagio narrata in Train to Busan e il militare vuole portare al sicuro la sorella, il cognato e il lor bambino su una nave diretta a Hong Kong. Sulla nave c'è ovviamente un contagiato che si trasforma in uno zombie, facendo precipitare la situazione.

Il parallelo con la tragedia della MV Sewol è abbastanza marcato ed è seguito dalle discriminazioni che Jung-seok e il cognato subiscono in quanto clandestini coreani a Hong Kong. Se si aggiunge l'affrettatissima e non contestualizzata informazione sulla Corea del Nord (a cui gli zombie molto rispettosi della JSA non sembrano interessati), si ha l'impressione di avere di fronte un film horror nel senso classico del termine. L'orrore e la violenza servono in qualche modo a raccontare il presente e criticarne le derive, quantomeno in chiave metaforica. 

Tucker Film
Seo osservato il suo covo
Alcuni personaggi positivi e negativi risultano poco sviluppati, cone dimostra la parabola del capitano Seo

Improvvisamente però il film si trasforma in un heist movie con un pizzico di Fight Club: i protagonisti torneranno in Corea superando i controlli della Guardia costiera, per cercare di contrabbandare un carico di dollari statunitensi. Come prevedibile, qualcuno è sopravvissuto a virus e si nasconde agli zombie da quattro anni in una Penisola da cui nulla sembra poter filtrare e fuggire. L'arrivo del gruppetto di fuggiaschi genererà sodalizi e scontri con quanti sono tornati sulla Penisola per il loro bottino milionario. Dopo un paio di scene, complice la pessima CGI e l'introduzione di alcuni personaggi molto giovani, il tono è quasi comico, salvo poi ripiombare in quella che sembra una brutta copia di certi inseguimenti di Mad Max: Fury Road. Peninsula non ha palesemente i mezzi e il denaro per portare a casa un risultato tanto rifinito ed iconico, ma non mette da parte quest'ambizione squilibrata rispetto alla proprie possibilità. 

Eppure la soluzione è lì a portata di mano: uno dei tanti spunti "seri" sopra elencati potrebbe essere approfondito, dando al film un taglio unico e coreano. Oppure si potrebbe puntare su un discorso universale nella sua analisi di come la psiche umana reagisca quando portata ai limiti della sopravvivenza. Invece sia Jung-seok sia gli altri comprimari sono personaggi che faticano ad evolversi oltre alle poche caratteristiche con cui ci vengono introdotti. Quel che è peggio è che nell'ignorare le sue potenzialità il film incorrere in grossolani errori, come ad esempio la mancata spiegazione di un informazione cruciale che Peninsula presenta chiaramente allo spettatore: perché un certo camion carico di soldi attira gli zombie? 

Tucker Film
Uno zombi nell'area
Persino l'idea di un Fight Club per zombie non è propriamente nuova, seppur presentata in maniera curata e accattivante in Peninsula

Per i fan di Train to Busan e gli amanti del genere (o del cinema coreano) rimane una visione consigliata, ma la sensazione più forte che Peninsula lascia dietro di sé è quella di occasione mancata. Rimane però da rilevare come, sulla base di idee precedenti mutuate dal cinema statunitense, Yeon Sang-ho riesca a costruire una storia accattivante, anche se spesso i personaggi compiono le scelte più banali. È probabile che il cerchio si chiuderà con qualche pigro sceneggiatore statunitensi che - a la Boris - scopiazzerà l'ennesima prodotto d'intrattenimento di una cinematografica che affascina sempre più anche il pubblico occidentale. Se solo si potessero evitare inserti imbarazzanti spezzoni pensati per quest'ultimo, come gli spiegoni via talk statunitensi a cui ci sottopone proprio Peninsula.

In attesa di ritrovare il film al cinema con Tucker Film - che ne ha già annunciato l'acquisizione dei diritti - la pellicola vista al Trieste SF+F 2020 si conferma spettacolare ma non troppo memorabile, a differenza di Train to Busan.

Commento

Voto di Cpop

65
Peninsula vira in territori molto più tradizionali e prevedibili del predecessore, pur avendo molto spunti da cui si potrebbe sviluppare un titolo memorabile. Si lascia comunque guardare con piacere.

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