La storia della Disney è costellata da eventi e pellicole memorabili, così come da esperimenti interessanti e meno avvincenti. Il lungo percorso, originatosi dalla volontà di Walt Disney di dimostrare qualcosa sia al pubblico mondiale che alla critica di settore e al proprio cinema di appartenenza, ha generato una serie di capolavori nell'ambito dell'animazione. Questi non solo hanno saputo rielaborare e costruire le basi scolastiche e storiche di un approccio cinematografico specifico, ma si sono anche evoluti di pari passo con il progresso tecnologico e artistico mondiale.
Wish, il 62° Classico Disney diretto da Chris Buck e Fawn Veerasunthorn, ufficialmente nella sale italiane da oggi 21 dicembre, sviluppa il proprio potenziale creativo da questa particolare dinamica, cercando di guardare a un passato iconico e iconografico per poi rielaborarlo in una storia che tiene in estrema considerazione il percorso che ha condotto al nostro presente.
Partendo, quindi, da una serie di elementi narrativi e artistici di matrice piuttosto classica, questo lungometraggio animato non si fa alcuno scrupolo nel rielaborarne le possibilità in un ibrido sia riconoscibile che piuttosto contemporaneo, sublimando i modelli della Disney più storica e famosa in un esperimento dalle potenzialità paradigmatiche e al tempo stresso curiosamente fresche. Il valore simbolico-storico, con Wish, assume un peso non indifferente nelle scelte artistiche che si trascina dietro, plasmandone il peso storico a favore di un linguaggio che parla direttamente alle generazioni attuali e agli appassionati di vecchia data.
Di cosa parla Wish?
Come anticipato, la storia di Wish è estremamente classica nel suo complesso, presentando fin da subito un contesto prevalentemente fiabesco in cui i fan storici della Disney non faranno fatica a identificare tantissimi richiami ai classici animati di più vecchio stampo. In una cittadina immaginaria dalle fattezze medioevali, posizionata sull'isola di Rosas, un re e potentissimo mago guida il proprio popolo con la promessa inviolabile di custodire e realizzare i loro sogni all'occorrenza. L'amore e l'ammirazione nei suoi confronti, infatti, sono smodate, frutto di una guida che negli anni si è sempre dimostrata benevola e saggia in questo senso.
Tutto cambia quando Asha (doppiata in italiano da Gaia Gozzi) ha la possibilità di avere un colloquio diretto con lui, con l'obiettivo di diventare la sua apprendista. L'incontro, però, rivelerà alla giovane l'oscura verità dietro all'attuale regno di Re Magnifico (in italiano doppiato da Michele Riondino), e una particolare ossessione e paranoia che da sempre muove le sue personali ragioni governative. Con l'aiuto di Valentino (la cui voce italiana è quella di Amadeus), la sua fida capretta, e una improbabile banda amici, la giovane sceglierà di tirar fuori la propria voce chiedendo aiuto anche alle stelle nel cielo.
Wish: una fiaba inevitabilmente familiare
Tutti coloro che amano follemente i classici Disney non avranno alcuna fatica a riconoscere, in Wish, un film che strizza continuamente l'occhiolino a una classicità animata di stampo riconoscibilissimo, specialmente dal punto di vista formale. Gli omaggi alla storia dello studio sono tantissimi, così come le pellicole più conosciute richiamate proprio in questo senso. Trattandosi di un lungometraggio che vuole celebrare il 100esimo anniversario dei Walt Disney Animation Studios, non stupisce affatto un approccio del genere; anzi, diventa un valore aggiunto e quasi ludico, ad incrementare le possibilità espressive della stessa storia sul grande schermo.
Lo stesso impianto narrativo è a tutti gli effetti derivativo del periodo d'oro e d'argento della Disney, presentando una fiaba che si sviluppa da una storia semplice, servendosi sia della ricercatezza tecnica generale che del potere del musical e della colonna sonora, ancora una volta parte integrante e fondamentale all'interno della narrazione. Alla base di Wish, però, resta saldamente preponderante un certo dualismo che spacca in due l'anima della storia sfilante davanti ai nostri occhi, figlia sia del passato che del presente, immersa in un tempo imprecisato che ispira sensazioni contrastanti, déjà-vu e una curiosità che forse, data la stessa natura del progetto cinematografico in questione, non potrà mai essere saziata del tutto.
La grande mole di rimandi alle origini e al percorso dello studio, infatti, impreziosiscono il racconto puramente disneyano, senza però lasciarlo mai del tutto decollare, o comunque trovare una strada oltre gli eventi principali. Il messaggio di Wish resta più chiaro che mai, ma la leggerezza generale del contesto blocca ogni approfondimento di sorta in questo senso, limitandone purtroppo le possibilità di lettura. Un approccio del genere inficia, inevitabilmente, sugli stessi personaggi di sfondo che, oltre a divertire, non rompono mai veramente il grande schermo, non comunicano mai direttamente col pubblico in sala, restando ancorati a un ritmo narrativo e a un'identità formale che non dà loro modo di emergere.
L'intero gioco emotivo di Wish, quindi, si sviluppa principalmente attraverso i personaggi di Asha e Re Magnifico, gli unici dotati di una caratterizzazione abbastanza sfaccettata da poter restare impressi in qualche modo. Se nella prima è facile scorgere tantissimi modelli direttamente dalle principesse Disney precedenti, col secondo ci troviamo davanti a un antagonista sia stereotipato (corrotto dal proprio potere) che in qualche modo fragile. La sua fragilità, anche se non troppo approfondita, deriva dal passato difficile e da un profondo trauma che si trascina dietro, portandolo alle scelte che vediamo. Il confronto fra bene e male, quindi, è nuovamente la costante di un percorso pseudo-politico in cui alcuni messaggi di matrice proletaria fanno capolino timidamente nel marasma di colori e svolte principalmente affabulanti.
Wish e quella tecnica sia nostalgica che moderna
Fiore all'occhiello di Wish, comunque, resta l'impianto tecnico e visivo, in grado di offrire un'esperienza capace di equilibrare i nuovi approcci all'animazione con gli elementi più classici in questo senso. Il risultato si sviluppa in una vera e propria commistione creativa in cui l'animazione bidimensionale delle origini disneyane si muove a pari passo coi progressi tecnologici e artistici avvenuti nel corso degli anni (se n'è parlato anche durante la conferenza stampa in cui cast e registi hanno presentato Wish alla stampa).
L'intento artistico alla base del lungometraggio è più palese che mai, come il grande impegno nel caratterizzare la pellicola cercando di plasmare un'identità espressiva sia derivativa che fortemente moderna verso i modelli contemporanei. Il tutto incorniciato da uno studio sonoro e canoro che riesce ad imprimere un'impronta distintiva e diegetica con lo stesso racconto in atto (buono anche il doppiaggio italiano), valorizzandone la potenza emotiva e la qualità generale. Il progresso è quindi una costante creativa nell'intera narrazione, con un attentissimo occhio di riguardo al passato e alle proprie origini in questo senso, capace di stregare con fondali dettagliati e un singolare studio estetico in grado di ammaliare come solamente la magia Disney è capace di fare.
Commento
Voto di Cpop
75Pro
- Lo stile e la commistione delle varie tecniche d'animazione restituiscono un'esperienza magica sul grande schermo.
- I richiami alla Disney più classica non possono non toccare i fan storici dello studio.
- L'attenzione in termini di colonna sonora e scrittura canora.
Contro
- Un maggiore approfondimento oltre la dimensione fiabesca, di alcuni personaggi, non avrebbe guastato.
- La semplicità di alcune svolte ne rende fin troppo sbrigativo lo sviluppo.
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