Oggi usciva Avatar: riscopriamo l'importanza dietro il film di James Cameron

Leggi per ripercorrere tutti i punti più importanti dietro la storia del film colossal Avatar, diretto da James Cameron.

Autore: Elisa Erriu ,

La pluripremiata saga cinematografica di Avatar creata da James Cameron è riuscita a far sognare il pubblico attraverso il meraviglioso regno di Pandora che, nonostante la tematica fantasy, è molto più simile al nostro mondo di quanto non si pensi. Complice anche il particolare rapporto da sempre avuto tra lo stesso Cameron e l'acqua, un elemento essenziale per il regista che è stato in un certo qual modo la musa ispiratrice dei suoi più grandi successi.

Per rendere meglio l'idea della speciale connessione tra James Cameron è l'acqua, si può fare riferimento a una delle indimenticabili perle di saggezza di Bruce Lee che riportiamo di seguito:

Sii senza limiti, amico mio, come l’acqua. Se metti dell’acqua in una tazza, l’acqua diventa tazza. L’acqua può fluire o può distruggere. Può muoversi rapidamente o lentamente, ma il suo obiettivo è inesorabile, il suo destino segnato. Sii come l’acqua, che si fa strada attraverso le fessure.

Con queste parole, il Dragone ha insegnato alla storia e al mondo una filosofia che è diventata prima uno stile di vita e successivamente una disciplina marziale. Si potrebbero scrivere numerosi articoli per documentare il rapporto di James Cameron con tale elemento, poiché il regista in più occasioni si è dimostrato essere simile all'acqua e alle sue qualità tanto elogiate da Bruce Lee. Cameron, infatti, ha modellato la sua carriera su flessibilità e determinazione senza limitarsi, ma adattandosi "attraverso le fessure" per raggiungere i suoi obiettivi.

La saga di Avatar è in qualche modo l'apoteosi di questo concetto e racchiude al meglio l'essenza dell'ideologia di James Cameron, attraverso delle pellicole che rappresentano molto di più di quanto non traspare sullo stesso schermo.

Le origini di Avatar

20th Century Studios
Avatar: La Via dell’Acqua, poster del film con protagonisti

James Cameron decide di dedicarsi al cinema dopo essersi appassionato a Star Wars. I vasti universi inesplorati, paragonabili a profondi e oscuri abissi, sono sempre stati il suo principale interesse sin dall'inizio della sua carriera. Se è vero che James Cameron guarda dentro l'abisso, è altrettanto vero come l'abisso ha guardato dentro James Cameron. E proprio in questo periodo, il regista afferma di aver sognato il suo primo grande successo: Terminator.

Ma nella lunga carriera di Cameron di quel periodo, ricca di mondi futuristici, lontani e alieni, si staglia sopra l'orizzonte la sagoma del Titanic. È proprio il fascino dell'oceano a spingere il regista ad avventurarsi in un genere insolito per lui, abituato fino a quel momento a film caratterizzati da azione e fantasia extraterrestre. E il tempo, un altro famoso maestro di fluidità e scorrimento, gli ha dato ragione: nel 1997 Titanic è stato il film più costoso mai realizzato fino ad allora, diventando inoltre la pellicola di maggior successo nella storia del cinema di quel momento, nonché vincitrice di undici Oscar.

Dopo un simile traguardo James Cameron acquisisce popolarità e ciò gli consente di dedicarsi alla sua grande passione, le spedizioni subacquee. Cameron non dimentica, però, i suoi amati "alieni" e insieme a un gruppo di scienziati della NASA, abbandona la storia e si dedica di nuovo alla fantasia. Realizza così un documentario, in cui mostra l'esplorazione di una catena montuosa sottomarina e la scoperta di alcune delle forme viventi più rare del pianeta. È anche grazie a queste scoperte che James Cameron riprende a fantasticare, a voler tornare al suo cinema "alieno" e in quel contesto si ricorda di un sogno fatto a 19 anni, in cui compariva una foresta bioluminescente: Avatar.

Il successo di Avatar

20th Century Studios
Avatar: La Via dell’Acqua, poster con la famiglia Sully

Per il primo film di Avatar uscito al cinema nel 2009, James Cameron ha speso più di dieci anni della sua vita per lo sviluppo, la sceneggiatura e la produzione della pellicola. Per elaborare "l’Avatar" come lo voleva realizzare, secondo le sue stime, sarebbero serviti a quel tempo un budget e una tecnologia che nemmeno lui riusciva a immaginare. Visionario e futuristico, James Cameron si spinge ancora una volta oltre e rimodella il cinema, come fa un sasso con la corrente di un fiume. Ci vogliono sei anni di sviluppo solo per portare la tecnologia del tempo ai livelli che il regista già aveva previsto. Come ci riesce? Spinge tutto sulla Fusion Camera 3D, un tipo di cinepresa digitale ad alta definizione che sfrutta il tridimensionale.

Avatar diventa il primo film a essere girato con questo tipo di tecnologia ad alte prestazioni, tracciando una via inesplorata che porta lo stesso cinema a cambiare. Cameron batte Cameron superando il precedente record di Titanic, confermando Avatar come il film con più incassi nella storia del cinema. E gran parte del merito, è proprio dovuto dalla tecnologia usata per il film. Non a caso James Cameron ha più volte dichiarato che per avere un’esperienza più completa durante la visione di Avatar, occorre guardarlo con gli occhialetti per il 3D in quanto il lungometraggio è stato proprio concepito in tale ottica. Per quanto sia vero e giusto che uno spettatore abbia il diritto di scegliere come visionare un film, in casi del genere bisogna anche tenere conto della scelta del regista. Altrimenti si corre il rischio di avere un'esperienza di visione limitata.

Dopo aver superato lui stesso i limiti del cinema con il primo Avatar, James Cameron rivoluziona il mondo cinematografico una seconda volta. Con il secondo film il regista introduce una tecnologia che ha sconfinato in un altro ambito, in un altro elemento, quello dell’acqua. La produzione del sequel di Avatar ha dovuto navigare tra le insidie delle riprese subacquee in quanto il motion capture, che registra il movimento delle telecamere, fatica a funzionare correttamente con i riflessi dell'acqua.

James Cameron ha dovuto investire altri anni per far avanzare la tecnologia fino a quando, Pawel Achtel, addetto alla squadra tecnica del film di Avatar: La Via dell'Acqua, ha sviluppato un sistema di telecamere subacquee estremamente specifiche, chiamato DeepX 3D. Tali macchine permettono di immergere le telecamere e fare riprese in una definizione eccellente, superando il problema del riverbero della luce sott'acqua. Nel 2017, pertanto, il futuro è arrivato e Cameron ha potuto iniziare le riprese per il suo sequel.

Il significato dietro Avatar

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Avatar: La Via dell’Acqua, Jake accarezza un Tulkun

All’inizio del film Avatar: La Via dell’Acqua viene rivelato che il tempo terrestre è trascorso analogo anche su Pandora. Sono passati circa 15 anni dagli eventi del primo Avatar, durante i quali Jake e Neytiri hanno messo su famiglia. Ma dopo questo lungo periodo di pace, "gli alieni" umani che fanno parte della RDA (Resources Development Administration) ritornano su Pandora con l’intento di colonizzarla, di nuovo. Sono spinti dalla disperazione poiché il pianeta Terra sta morendo e le risorse che Pandora invece offre, sono un pretesto per cercare di salvare l’umanità.

Attraverso un elaborato gioco di luci sopra la superficie dell’acqua, gli alieni diventano “uomini” e gli uomini si trasformano in creature "aliene". I Na’vi hanno lo scopo di rappresentare un regno primordiale, originario e originale, un mondo "puro", una specie che è connessa alla propria terra. La sente, la vive, la vede. Nel corso del film, sono innumerevoli i casi in cui i Na’vi risultano essere una metafora dei Nativi Americani: entrambi hanno un legame intimo con la loro casa e le creature che chiamano "fratelli e sorelle", entrambi hanno comportamenti, usanze, modo di parlare e di cacciare simili, entrambi concepiscono la vita e la morte in maniera quasi analoga, vivono e muoiono senza morire davvero.

Per Avatar: La Via dell’Acqua, James Cameron ha affermato che è stato direttamente influenzato dalla cultura delle piccole civiltà pacifiche della Micronesia, tra cui i grandi viaggiatori nautici polinesiani. Il clan Metkayina, il gruppo di Na’vi che ha un ruolo principale nel sequel, è infatti "strettamente" basato sulla cultura micronesiana. A contribuire a questo immaginario, è stata la permanenza di Cameron durante la preparazione per la sua immersione nella Fossa delle Marianne. 

Dopo che il primo Avatar aveva lasciato il suo pianeta e invaso la terra con orde di fan e critici, James Cameron ha messo mano più volte al suo seguito. Ridefinendolo e ampliandolo, col tempo il regista ha deciso che da un sequel era necessario elaborare un intero franchise. Già nel 2015 il regista aveva dichiarato che considerando la complessità del regno di Pandora, era necessario realizzare almeno altri cinque capitoli. Il popolo degli oceani di Avatar: La Via dell’Acqua è dunque solo una minima parte di un progetto molto più grande.

L'importanza di film come Avatar

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Avatar: La Via dell’Acqua, Jack e Neytiri cavalcano due Ikran

Avatar è una delle esperienze visive più disarmanti degli ultimi anni perché se è vero che la trama è "semplice", ancora una volta occorre dare il giusto peso alle parole. Semplice non risulta sempre essere solo l’opposto di complesso. James Cameron non ha creato un film e basta, ha creato un intero mondo. Letteralmente. Dal più piccolo germoglio fino alla lingua dei Na’vi, ogni aspetto del film non è lasciato al caso, bensì proviene da uno studio e da una ricerca che danno vita a un oceano di complessità. Anche i personaggi seguono un’evoluzione coerente e corretta alla trama, una linea che molti potrebbero ritenere semplice anche stavolta intesa come un sinonimo di "banalità".

La verità è di nuovo nella prospettiva poiché non si tratta di semplicità, ma di linearità. I personaggi corrispondono dall’inizio alla fine alla premessa con cui sono stati scritti. Le loro azioni sono coerenti e credibili pure se ambientate in un pianeta alieno. Gli antagonisti non sono mossi da grandi ideali ma da "semplici" istinti umani, dal potere e dalla sete di vendetta. 

Ci vuole davvero poco, a volte, per rendere umano anche un alieno. Basta uno sguardo velato dalle lacrime, proprio come il pianto che è stato una delle icone più celebri del 20esimo secolo. Risale a una pubblicità del 1971 e richiama un’intera generazione di attivisti contro l’inquinamento. James Cameron osanna la cultura indigena attraverso un intero universo di colori e vita, contro un esercito di uomini che rappresentano le più miserabili bassezze della nostra società. É attraverso "l’Avatar", quell’ibrido "demoniaco" creato in laboratorio con geni umani e geni Na’vi, che sia in Avatar e sia nel suo sequel, i protagonisti riscoprono il genuino significato di "essere umani".

Avatar: La Via dell’Acqua è un film che supera il suo predecessore indubbiamente per quanto riguarda il comparto tecnico, ma ha anche il coraggio di spingerlo là, dove nessuno se l’aspettava, oltre un mare di critiche. È un film che non ha l’ambizione di introdurre la novità, eppure porta nuova vita. È un film che vuole ricordare il senso della meraviglia di cui era fatto il cinema agli esordi, quando bastavano immagini in movimento, sguardi e mimica a ricreare un intero senso di sensazioni ed emozioni. È infine un film che non vuole conquistare, ma accogliere. Questo sequel di Avatar non fa chiasso, non sconvolge. Scorre. Perché l’acqua oltre a trovare sempre la sua via, spesso ha anche un’altra importante funzione: rinfresca.

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Immagini di copertina e di questo articolo tratte dal film Avatar - La Via dell'Acqua. Crediti: 20th Century Studios, Lightstorm Entertainment, TSG Entertainment II

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