Trapiantata a Parigi, la ragazza del Midwest scopre un mood, irrita i francesi e vive tutta quella poesia che la Ville Lumière trasmette solo agli stranieri. Con tutti i conflitti culturali, generazionali, morali che porta con sé l’incontro-scontro tra la visione politically correct americana e quella francese, trasgressiva e fuori dagli schemi.
Emily in Paris è stata molto criticata per la presentazione degli stereotipi della città più romantica del mondo (e dei suoi abitanti), per le leggerezze nel modo di raccontare la protagonista e per i coni d’ombra nella trama, incluso il finale, ma risulta anche una delle più viste su Netflix, tanto da far partire la lavorazione dei capitoli successivi.
Emily in Paris può essere contestata sotto diversi punti di vista, ma ha il grande merito di esprimere sul piccolo schermo quella magia che ha solo Parigi, e nessun’altra città, con il racconto a volte divertente a volte visionario di una ragazza alle prese con il marketing e i social nel 2020 in un paese straniero. Si può dire tutto su questo lavoro di Darren Star, con #Lily Collins protagonista, ma non che non sia colorato, rilassante e a tratti fiabesco.
Esistono serie come Emily in Paris? Non proprio. Emily in Paris dà vita all'idea, all'immagine che ognuno di noi ha di Parigi. È qualcosa di troppo impalpabile per trovare dei corrispettivi. Forse la cosa che più si avvicina a questa serie è #Il diavolo veste Prada, un film sempre attuale. In ogni caso, senza pretendere di ritrovare Emily e i suoi dilemmi, chi ha voglia di immergersi in un’altra serie di questo tipo, che fa l’effetto di un tuffo tra le bolle di sapone, potrebbe provare a selezionare questi titoli nel suo menu di preferenze.
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- Sex and the City
- Valeria
- Ugly Betty
- Gossip Girl
- The Bold Type
- Non ho mai…
- Younger
- Clara Sheller
- The Carrie Diaries
- Made in Italy
- Love Life
Sex and the City
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Il riferimento è d’obbligo, visto che il creatore di Emily in Paris è Darren Star, sceneggiatore della storica serie in rosa di HBO. In realtà c’è poco di Sex and the City in Emily in Paris, perché l’antenata della protagonista, Carrie Bradshaw, era un personaggio molto più profondo, più chiaroscurale, più serio. Con Emily in Paris invece sembra che l’eroina più amata delle serie al femminile si sia involuta, forse a causa di questa nuova società delle immagini, della rivoluzione social che ha fagocitato l’introspezione a favore dell’apparenza.
In realtà però, a modo suo, anche Emily – che non si autoanalizza ossessivamente come Carrie – ha delle idee brillanti, per quanto molto più immediate e sintetiche. In ogni caso i due personaggi vivono due sfere diverse: Carrie quella delle relazioni, Emily quella del lavoro all’estero. Ecco perché la sua storia l’avvicina più ad Andy de Il diavolo veste Prada che alle single rampanti di Sex and the City.
E poi Emily scopre una città mentre Carrie la racconta, perché la conosce già fin troppo bene, dal punto di vista dell’immaginario e della realtà.
Benvenuti nell'era dell'anti-innocenza, nessuno fa colazione da Tiffany.
Emily in Paris può far rimpiangere Sex and the City, ma solo se ci mettiamo a confrontarla con Sex and the City.
Valeria
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Qualcuno l’aveva definita “la Sex and the City alla sangria” ma anche qui i punti di contatto sono pochi. Ambientata in Europa, come Emily in Paris, ma stavolta a Madrid, racconta di quattro amiche tra cui la scrittrice protagonista, Valeria, che in una torrida estate cerca di portare a termine il suo primo romanzo e fare luce nell’evoluzione (o meglio, nell’involuzione) del suo matrimonio grazie anche a un affascinante new entry.
Come Emily in Paris ci sono le ragazze e la grande metropoli, ma manca la dimensione dello scambio culturale. Valeria è la versione più letteratura-oriented di Emily in Paris, perché il tema è Valeria stessa, la sua vita sentimental-sessuale e la sua ricerca dell’ispirazione, in base a tutto quello che le succede e la fa cambiare.
Ugly Betty
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Nata come reboot patinato di Betty la fea, che originariamente era una telenovela colombiana, questa serie di metà anni Duemila racconta della poco avvenente Betty, con l’apparecchio e poco gusto nel vestire ma acuta e intelligente, che finisce a lavorare in una prestigiosa rivista di moda, a contatto con il suo capo bello, frivolo e playboy.
Dal Queens a Manhattan, Betty dimostrerà che non serve la bellezza per avere successo, neppure in un campo così “estetico” come quello della moda.
Cinque mesi fa credevi che Cavalli fosse un tipo di pasta.
Con Emily in Paris, Ugly Betty ha in comune l’argomento lavoro, e in particolare l'idea di lavorare nella moda, con tutto quello che comporta. Come Emily, Betty è intelligente, ha tante buone idee ma deve confrontarsi con la diffidenza iniziale e con i pregiudizi, la prima in quanto americana e “saputella”, la seconda in quanto… poco fashion e attraente.
E, come nella serie Netflix di Darren Star, il tema è molto leggero e il ritmo è quello di una comedy trascinante.
Gossip Girl
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Chi ama Emily in Paris e si fosse perso Gossip Girl deve assolutamente recuperare questo caposaldo degli anni Duemila perché è dichiaratamente uno dei principali riferimenti della protagonista, che conquista così il burbero stilista Monsieur Cadeult, troppo attaccato a una visione tradizionale e pura della moda per volersi contaminare con i nuovi brand streetwear. Per lo stesso motivo della sua responsabile Sylvie, l'uomo sembra disprezzare la ragazza.
Vedendo il portachiavi kitsch di Emily con la Tour Eiffel (super turistico e poco chic), l'uomo inorridisce perché è una ringarde, che potremmo tradurre con "provinciale" o "overdressed" o "poco elegante". Ma lei gli risponde citando la sua serie preferita.
Pensa che non rispettiamo gli stilisti? Li veneriamo a tal punto che abbiamo speso tutti i risparmi per uno stupido accessorio solo per sentirci sulla passerella. Rida pure di noi, ma la verità è che ha bisogno di noi. Senza ringarde come me, voi non fareste tendenza. Io e le mie amiche guardavamo Gossip Girl e sognavamo di avere quelle cose.
Questo è un motivo più che valido per recuperarsi i vecchi episodi della serie e soprattutto le mise di Blair Waldorf, che sembrano la diretta ispirazione dei look di Emily. Attenzione però: conquistato dal riferimento pop, lo stilista spoilera il finale!
The Bold Type
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Dramedy nata nel 2017, The Bold Type racconta di tre Millennial che lavorano presso la rivista Scarlet, a New York. Creata da Sarah Watson, la serie (che in Italia è nota anche come Ragazze audaci) narra di nuove amicizie nate in una grande città, proprio come Emily in Paris: Sutton, Kat e Jane vivono a New York City e condividono il lavoro e la vita privata, tra cui cercano di destreggiarsi.
I media sono quindi protagonisti anche in questa storia, anche se in una chiave più "vintage" di Emily in Paris, che invece macina il linguaggio del web marketing, dei social, del sottobosco delle influencer.
Non ho mai…
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La serie Netflix creata da Mindy Kaling e Lang Fisher alterna momenti divertenti e drammatici nel parlare di una quindicenne alla ricerca della sua identità. Qual è il suo punto in comune con Emily in Paris? Devi sta affrontando il suo coming of age, per cui è lontana dall’età di Emily, giovane professionista in una grande città, ma entrambe si trovano ad affrontare un conflitto interculturale.
Devi ha origini indiane ed è divisa tra integrazione e tradizioni, per trovare una "terza via" solo nel finale. Emily è americana e deve regolarsi sul rapporto tra l’idea che aveva di Parigi e come Parigi la vede e l’ha accolta: la diffidenza di Sylvie, le avance dei clienti, il suo guardaroba troppo ispirato dai film che ha visto e poco sofisticato, troppo lontano dall’eleganza sobria del suo capo.
Quando due culture si incontrano il conflitto può non essere bypassabile, ma l’importante è tuffarcisi dentro, accogliere le contraddizioni e gli spunti, e provare a imparare qualcosa, a crescere, cosa che si può fare all’età di Devi come a quella di Emily.
Ho trovato un film di Bollywood su una principessa che si innamora di un umile spazzino. Dura solo sette ore.
Younger
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Creata sempre da Darren Star, Younger è una sit-com su una madre quarantenne single, Liza, che vorrebbe cambiare vita. Dopo essersi separata cerca un lavoro e modifica il suo aspetto in modo da sembrare una 25enne e poter mentire sulla sua età. La sua idea è vivere una serie di avventure che si è persa nel suo passato, coltivando la carriera in una casa editrice e continuando intanto a fare la madre perfetta dei quartieri suburbani.
Anche Younger, come Emily in Paris, racconta uno scontro tra mondi, non quello americano e quello francese, in questo caso, ma tra due generazioni: quella delle ragazze neolaureate all’inizio del mondo del lavoro e quello tra madri over-40, che si sentono inutili e perdute. Tornare ad avere 25 anni sarà una seconda vita o una fonte di problemi?
Clara Sheller
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Serie francese del 2005 creata da Nicolas Mercier, è ambientata a Parigi e racconta della giornalista Clara Sheller che cerca l’amore parallelamente al suo migliore amico gay, JP. I due, entrambi sulla trentina, sognano di trovare l’anima gemella, ma poi però si innamorano della stessa persona, un sexy vicino di casa.
Della serie sono state realizzate due stagioni, tradotte in lingua italiana.
The Carrie Diaries
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Anche The Carrie Diaries (in Italia è conosciuto anche come Il diario di Carrie) ha un punto di tangenza con Emily in Paris, in quanto è la serie prequel di Sex and the City, che racconta l’adolescenza di Carrie e il suo primo incontro con “il suo grande amore”, New York. Ambientata negli anni ’80, The Carrie Diaries divide la giovane protagonista tra i temi della provincia sonnolenta e l’eccitazione della grande città, che la accoglie appena sedicenne per il suo primo stage.
La metropoli, come in Emily in Paris e Sex and the City, è fondamentale, è praticamente uno dei personaggi, e interagisce con il percorso di crescita e maturazione di Carrie, desiderosa di vivere grandi avventure.
Tratta da un romanzo di Candace Bushnell, la serie non ha avuto neanche il riflesso del successo di Sex and the City, ma può essere comunque piacevole e rilassante.
Made in Italy
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Siamo negli anni ’70 a Milano: la studentessa di Storia dell’Arte Irene Mastrangelo per caso trova un lavoro ad Appeal, una rivista di moda, e scopre la sua strada: il giornalismo. Un po’ come ne Il diavolo veste Prada, Irene entra in un mondo di cui non sa nulla, quello della moda; come in Emily in Paris, si sente un po’ Alice nel paese delle meraviglie tra look da sogno e incontri con gli stilisti.
Se il tema della serie di Darren Star è rappresentato dal marketing 2.0 e dallo scontro culturale – e la moda rimane un agente onnipresente ma non oggetto di analisi - quello di Made in Italy è lo stesso fashion design.
In entrambi i casi però assistiamo a un percorso particolare di crescita, che passa dalla liberalizzazione dello stile di vita, sempre condito da gag e momenti leggeri e a tratti divertenti.
Love Life
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Serie antologica che racconta alcune persone dal loro primo al loro ultimo amore. La prima protagonista è Darby Carter, interpretata da Anna Kendrick.
Appuntamenti fallimentari e situazioni imbarazzanti rappresentano la quotidianità di Darby, e la portano in momenti assurdi e paradossali simili a Emily in Paris.
In altre parole, Emily in Paris - criticata, amata e tanto cliccata, è unica nel suo genere. Ma il mood leggero e rilassante di questa storia si può trovare in altre "gemelle" tutte al femminile.
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