Il Corvo: un amore tragico diventato cult

Il Corvo: dal fumetto di O'Barr al cult di Proyas, la storia di un amore trafico e di una vendetta diventati un cult segnando una generazione.

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Autore: Manuel Enrico ,

Un amore spezzato che diventa vendetta, in una città oscura e violenta che si trasforma in un microcosmo shakesperiano in cui riecheggiano musiche rock e frasi divenute cult. Era il 1994 quando Il Corvo usciva al cinema, dopo una travagliata e drammatica lavorazione che è fondamento stesso del mito con cui questo film, uno dei primi cinecomic di successo, si è imposto come un cult generazionale.

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Figlio di una cultura musicale e sociale specifica, Il Corvo eredita dalla sua origine fumettistica alcuni dei temi più struggenti e iconici del film, ma ha il merito di reinterpretarli in una grammatica differente, più vicina alle nuove generazioni che nei primi anni ’90 stanno vivendo una rivoluzione culturale, con la comparsa di nuove ispirazioni musicali e di una maggior apertura al mondo, con una condivisione di emozioni e sensazioni, spesso sofferte, più ampia.

Ed è proprio dalla sofferenza che trae vita Il Corvo.

Il dolore diventa fumetto

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Prima di arrivare al grande schermo, Il Corvo aveva conquistato il mondo del fumetto. Non una visibilità legata ai grandi nomi del settore, ma una dimensione più contenuta, che potesse accogliere la particolare tragedia creata da James O’Barr.

Dietro le origini della tragedia di Eric Draven si è speculato molto, andando a cercare quali fossero le ispirazioni per O’Barr. Alle radici di quest’opera c’era in primis la necessità dell’autore di elaborare la perdita della fidanzata, uccisa in un incidente da un autista ubriaco.

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Una tragedia che nel 1981 stava ancora tormentando O’Barr, all’epoca ventenne, che si manteneva disegnando manuali di combattimento per i Marines. Ma quella ferita, come raccontò anni dopo O’Barr, era sempre aperta:

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Provai ogni tipo di fuga, come l’abuso di droghe o andare per locali e feste ogni notte, sostanzialmente cercavo di rimanere insensibile quanto più a lungo possibile. Alla fine fui sufficientemente intelligente da capire che si trattava di un vicolo cieco, e così pensai che trasferire tutto questo su carte potesse esorcizzare questa rabbia

A dare questa idea a O’Barr fu la scoperta di una notizia su due giovani fidanzati, assassinati durante una rapina per non avere lasciato subito al criminale l’anello di fidanzamento.

Pensai fosse assurdo, un anello da trenta dollari, due viste perdute. Quello divenne l’inizio del mio punto focale, l’idea che potesse esserci un amore così forte che potesse trascendere la morte, che rifiutasse la morte, e che un’anima non potesse riposare sino a quanto non avesse raddrizzato le cose

Da quel momento, O’Barr inizia a lavorare alla sua idea, risentendo anche in parte dell’influenza de Il corvo di Poe, quantomeno per il ruolo di guida totemica assunto dal corvo stesso.

La storia de Il Corvo

The Crow è stato pubblicato per la prima volta nel 1989 tramite l'editore indipendente Caliber Press, con la serie originale che si è svolta per soli quattro numeri, scritti e disegnati da James O'Barr.

Il fumetto originale racconta la storia di Eric e della sua ragazza Shelly, che, quando la loro auto si ferma per un guasto, vengono aggrediti da una banda di criminali.

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Shelly muore sul posto, mentre Eric sopravvive seppure gravemente ferito, morendo in ospedale mentre piange la morte di Shelly.  Alla sua morte, l’uomo viene resuscitato da un corvo, un essere sovrannaturale che diventa sia guida che aguzzino di Eric, aiutandolo a vendicarsi di coloro che hanno ucciso la sua amata.

E sebbene il Corvo dia potere ad Eric e lo aiuti ad uccidere ciascuno dei quattro assassini di Shelly, lo rimprovera e lo castiga anche per fermarsi a piangere per lei anziché continuare a tutta velocità con la sua missione di vendetta, vedendo il suo dolore come una distrazione dalla sua vendetta.

La strada della vendetta di Eric è divisa in quattro tappe, una per ogni componente della banda, la cui morte viene raccontata in uno dei quattro numeri che compongono la miniserie originale: Dolore, Paura, Ironia e Disperazione.

Il Corvo diventa la guida di Eric - e in alcuni casi, il suo aguzzino - mentre cerca vendetta su coloro che hanno ucciso Shelly. Il Corvo guida Eric attraverso quattro omicidi, ognuno avvenuto in un numero diverso, ciascuno rispettivamente intitolato Dolore, Paura, Ironia e Disperazione.

E sebbene il Corvo dia potere ad Eric e lo aiuti ad uccidere ciascuno dei quattro assassini di Shelly, lo rimprovera e lo castiga anche per fermarsi a piangere per lei anziché continuare a tutta velocità con la sua missione di vendetta, vedendo il suo dolore come una distrazione dalla sua vendetta.

Dai comics al cinema

Con sorpresa dello stesso O’Barr, Il Corvo venne attenzionato da un giovane regista, intenzionato ad acquistare i diritti totali dell’opera, per realizzarne un film, già all’uscita del secondo numero, nel 1989. O’Barr era pronto ad accettare quella che sembrava un’ottima cifra, ma dietro consigli di alcuni amici, decise di consultarsi con un agente, che diede parere contrario.

L’attesa fu un bene, seppure breve, considerato che l’arrivo in fumetteria del terzo numero arrivò un’altra proposta, da parte dello scrittore John Shirley e del produttore Jeff Most, che mostrarono un sincero interesse per una trasposizione cinematografica. I due furono così convincenti che O’Barr non ebbe esitaizoni:

Il loro entusiasmo mi convinse che lo avrebbero realizzato correttamente. Anche se mi avevano offerto meno di quanto mi avevano proposto in precedenza, non stato vendendo il mio copyright, ed era la miglior occasione che il film si rivelasse qualcosa che avrei voluto vedere. Seguii il mio istinto.

Shirley e Most si misero subito al lavoro per adattare The Crow in una sceneggiatura. Fecero alcune modifiche, minimizzando l'uso di droghe da parte di Eric e portando in primo piano la storia d'amore. Inoltre, trasformarono il corvo in un animale reale—non solo una parte della psiche di Eric, come nei fumetti—che comunicava telepaticamente con Eric.

Mentre Shirley lavorava alla sceneggiatura, Most prese il trattamento e i fumetti e iniziò a proporre la sceneggiatura. Alla fine, il produttore indipendente Ed Pressman si unì per aiutare a realizzare il film e, nei due anni successivi, Shirley perfezionò la sceneggiatura.

Aggiunse un fratello maggiore per Sarah (una versione di un personaggio dei fumetti), una giovane ragazza con una madre tossicodipendente che diventa amica di Eric e Shelly, e trasformò lo Skull Cowboy, una manifestazione dell'angoscia mentale di Eric che appare tre volte nei fumetti, in una guida.

Alla fine, O'Barr ritenne che il team creativo fosse andato troppo oltre con le loro modifiche, così creò una sinossi di 10 pagine per spiegare le motivazioni dei suoi personaggi e riportarli sulla giusta strada. Poco dopo, lo scrittore horror David J. Schow (Leatherface: Texas Chainsaw Massacre III e Critters 3 e 4) si unì al progetto per riscrivere la sceneggiatura; disse a Pressman che Eric Draven doveva essere un "Terminator gotico, rock and roll".

Schow ridusse il numero di villain, diede ai rimanenti una chiara gerarchia e aggiunse la Notte del Diavolo come fattore motivante per l'attacco iniziale a Eric e Shelly, “solo per dare ai villain un'agenda più esoterica,” disse in The Crow: The Movie. Questa decisione ancorò anche il film a Detroit, una città che sperimentava regolarmente incendi e caos la notte prima di Halloween.

La scelta di Brandon Lee

Quando si arrivò a dover avviare la produzione del film, la scelta ricadde sul regista Alex Proyas, con un passato di regia nel mondo dei video musicali e della pubblicità. Questo nome girava già negli ambiente hollywoodiani, ma il regista australiano era in attesa di una proposta stimolante, e vide in Il Corvo la sua possibilità.

Complice la formazione di Proyas, inizialmente si era pensato di scritturare per il ruolo del protagonista una star musicale, ma nessuno dei nomi considerati convinceva la produzione. Dopo una serie di valutazioni, la scelta ricadde su Brandon Lee, figlio di Bruce Lee, che aveva intrapreso con un certo successo la carriera di attore.

Scelta che ripagò non solo per le doti attoriali di Lee, ma anche per il suo immediato feeling con la storia, che lo spinse ad addentrarsi nel mondo di O’Barr, al punto che, come svelò lui stesso, arrivò a proporre alcuni cambi alla sceneggiatura dopo avere letto Il Corvo:

Dopo che la sceneggiatura era stata scritta, Alex e io andammo in una fumetteria provammo a cercare quali vibrazioni della storia non erano arrivate nella sceneggiatura

Lee era particolarmente legato al progetto, aspetto che rende ancora più tragica la sua morte avvenuta quasi a lavorazione terminata.

Un set maledetto

Leggenda vuole che il set de Il Corvo fosse stato teatro di una serie di incidenti avvenuti in circostanze strane, oltre alle normali problematiche di un set. Questo emerse solo dopo la tragica morte di Brandon Lee, avvenuta nel marzo del 1993, durante la ripresa di una scena flashback in cui veniva mostrata la morte di Eric.

Durante questo ricordo, Eric veniva colpito da vicino da un colpo di pistola. Al termine della lavorazione, quando Proyas diede il ‘cut’, Lee non si rialzò e solo allora ci si accorse dell’accaduto. Secondo quanto ricostruito, per via dei pressanti tempi di lavorazione, la creazione dei proiettili di scena venne realizzata in modo non adeguato, limitandosi a togliere la polvere da sparo da proiettili veri anziché crearne di appositi.

Il risalto di quanto accaduto rischiò di fare naufragare il film. La Paramount, che inizialmente doveva distribuire Il Corvo, abbandonò il progetto, lasciando il posto alla Miramax. Dopo aver ottenuto il permesso da parte della famiglia Lee, Il Corvo venne portato a conclusione utilizzando effetti speciali e CGI per completare le parti in cui sarebbe dovuto comparire Brandon Lee.

L’impatto di questa tragedia fu tale che O’Barr decise di donare il suo compenso in beneficienza, dopo avere comprare un’auto alla madre e uno stereo per sé. A suo dire, quei soldi gli sembravano macchiati del sangue di Lee:

Ero diventato molto amico di Brandon, quei soldi mi sembravano macchiati del suo sangue. Non volevo alcun profitto a sue spese, l’ho tenuto segreto quanto più a lungo ho potuto, perché non è carità se ti prendi il merito

L’eredità de Il Corvo

Più che i non degni seguiti e una serie TV discutibile, la vera eredità de Il Corvo rimane il suo incredibile impatto sul pubblico. Sicuramente ha influito il mito della maledizione del set, con la morte di Brandon Lee, ma non si possono trascurare elementi come la colonna sonora e il tono della narrazione.

Con una soundtrack d’eccezione in cui figuravano pezzi da novanta come Cure e Stone Temple Pilots, Il Corvo si presentò come una rivelazione narrativa. L’esperienza di Proyas con il mondo dei video musicali fu centrale in questo, con scelte registiche e tempi che si discostavano dalla consuetudine, mostrando anche una maggior affinità tra racconto visivo e accompagnamento musicale. Questa sensibilità, nel periodo in cui la Generazione X si avvicinava sempre più alla musica come voce della propria interiorità, contribuì non poco al successo di un film che sembrava destinato a morire con il suo protagonista.

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A renderlo un cult fu non solo la trasposizione del cultura grunge e rock sul piano estetico, con scenografie oscure e vertiginose, ma la creazione di una mitologia romantica dark che, partendo dalla visione di fumettistica di O’Barr, ha dato vita a un anti-eroe moderno, capace di colpire con efferata violenza i suoi aguzzini o di sorprendere con momenti di rare delicatezza, con frasi divenute parte della storia del cinema, citate ancora oggi come testimonianza dell’incredibile impatto che questo sfortunato, indimenticabile film ha avuto su almeno due generazioni di spettatori.

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