M. Il figlio del secolo: 7 film antifascisti da vedere dopo la serie SKY

Partendo dalla critica importante della serie tv M. Il figlio del secolo, abbiamo voluto raccogliere e consigliare 7 film antifascisti obbligatori.

Autore: Nicholas Massa ,

La serie tv M. Il figlio del secolo, disponibile dall 10 gennaio in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW, tratta dal bestseller di Antonio Scurati, ha riportato sotto i riflettori uno dei capitoli più complessi e cupi della storia italiana, applicandovi una critica sicuramente interessante. Non potevamo esimerci dal consigliarvi alcuni lungometraggi che si muovono sulla stessa china, nell’eventualità in cui abbiate apprezzato il lavoro seriale in questione. Il fascismo, infatti, con le sue derive autoritarie e le ferite profonde che ha lasciato nel tessuto sociale e culturale, non è solo oggetto di analisi accademica o di romanzi storici: il cinema si è spesso confrontato con questo tema, costruendo opere che denunciano, riflettono e stimolano un senso critico verso il passato e, di riflesso, verso il presente.[

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Per chi ha amato il libro di Scurati, e in seguito la serie tv di M. Il figlio del secolo, e desidera proseguire questo percorso di riflessione attraverso un altro linguaggio narrativo, il cinema offre una selezione di pellicole imperdibili, capaci di illuminare ulteriori sfumature di quegli anni bui. Dai capolavori che decostruiscono i miti di un regime che si proclamava invincibile, ai racconti più intimi e dolorosi delle vite spezzate dal totalitarismo, questi film diventano sia una lezione di storia fondamentale, che un appello alla memoria collettiva. Un viaggio che invita a non dimenticare e a riconoscere i segnali di un passato che, per quanto lontano, sa trovare preoccupanti echi nel nostro presente.

Una giornata particolare di Ettore Scola

Parlando di antifascismo e di denuncia, Una giornata particolare di Ettore Scola diventa un consiglio obbligatorio se si è apprezzato lo stile di M. Il figlio del secolo. Ambientato il 6 maggio 1938, giorno della visita di Adolf Hitler a Roma e della grande parata organizzata dal regime fascista, il film concentra la sua attenzione su due personaggi marginali, Gabriele (Marcello Mastroianni) e Antonietta (Sophia Loren), che si incontrano per caso in un condominio deserto, mentre la città si riversa nelle celebrazioni di propaganda. Gabriele è un ex conduttore radiofonico omosessuale, perseguitato dal regime per la sua identità, mentre Antonietta è una casalinga sommersa dal peso di un matrimonio oppressivo e di una vita dedicata alla famiglia, sotto l'egida del patriarcato fascista. 

La regia di Scola è fondamentale nel costruire una narrazione indelebile, muovendosi con delicatezza tra gli spazi angusti dell'appartamento e i cortili del palazzo, catturando il senso di isolamento e il contrasto tra il vuoto della vita privata e il fragore della retorica di regime che riecheggia dai megafoni. Attraverso dialoghi intimi e una messa in scena sobria ma evocativa, Una giornata particolare esplora temi universali come la solitudine, l’oppressione politica e sociale, e la ricerca di connessioni autentiche in un mondo che marginalizza chi non si conforma.

Le interpretazioni di Mastroianni e Loren, praticamente iconiche e lontaniedai ruoli glamour del passato, conferisce un’umanità disarmante ai loro personaggi, rendendo palpabile il senso di fragilità e resistenza che li accomuna. Gabriele e Antonietta, nonostante le profonde differenze, trovano nel loro incontro una parentesi di autenticità e comprensione reciproca che sfida il conformismo e le imposizioni ideologiche dell’epoca. Il tutto arricchito da una colonna sonora minimale e da una fotografia che esalta i toni spenti e desaturati, sottolineando l’angoscia esistenziale e il grigiore di un periodo storico cupo. 

Una giornata particolare mette, quindi, al suo centro l’incontro di due anime ferite, mostrandosi pure come ritratto impietoso di un’Italia piegata sotto il peso del fascismo e delle sue rigide gerarchie, e ponendosi quale opera potente e ancora attuale, che invita a riflettere sull’importanza di riconoscere e rispettare l’umanità altrui, indipendentemente da pregiudizi e ideologie.

  • Dove vederlo: Disponibile tramite acquisto o noleggio su Google Play Film, CHILI, Apple TV+ e Prime Video.

Vincere di Marco Bellocchio

Sempre in tema antifascismo al cinema, nel 2009, Marco Bellocchio ha firmato un'opera che non solo analizzava una delle pagine più oscure della storia italiana, restituendo al cinema una riflessione potente sulla dinamica tra amore, potere e identità. Vincere racconta la storia di Ida Dalser, una donna che visse un amore travolgente con Benito Mussolini e che, a seguito della sua ascesa al potere, si ritrovò protagonista di un dramma personale e politico. 

Interpretata da Giovanna Mezzogiorno, Ida è una figura tragica che lotta per essere riconosciuta come la legittima compagna di Mussolini e madre di suo figlio, per poi essere brutalmente emarginata dalla sua vita e dalla storia (ci sono suoi accenni pure in M. Il figlio del secolo). Il tocco dietro la macchina da presa di Bellocchio si distingue per una particolare audacia, combinando uno stile realistico con forti elementi simbolici, che creano una tensione costante tra il privato e il pubblico. La scelta di raccontare questa vicenda attraverso il contrasto tra la salda determinazione di Ida e l’inarrestabile ascesa del fascismo, con l’uso di scene che richiamano il cinema muto e una fotografia gelida e cruda, accentua il senso di oppressione e isolamento della protagonista.

La narrazione di Vincere è una riflessione implacabile sull’abisso che si crea tra l’ambizione politica di Mussolini e la sofferenza silenziosa di Ida, che subisce non solo la distruzione del suo amore ma anche la cancellazione della sua identità. Bellocchio però, va oltre l'attenzione storica, costruendo un dramma universale che svela la brutalità di un potere che non ammette contraddizioni, e che schiaccia chi non può allinearsi alla sua visione. La pellicola non risparmia nulla: dai contorni della figura di Mussolini, il cui machiavellismo e spietatezza sono mostrati in tutta la loro crudezza, alla progressiva discesa di Ida nella follia, solitaria e disprezzata, un simbolo della sofferenza delle donne schiacciate dalla storia.

  • Dove vederlo: Disponibile tramite acquisto o noleggio su Google Play Film, Apple TV+ e Prime Video.

Il conformista di Bernardo Bertolucci

Con Il conformista, Bernardo Bertolucci ha consegnato al cinema un'indagine psicologica e politica sul potere dell'ideologia e sulla fragilità dell'individuo in un contesto storico opprimente, riallacciandosi ad alcuni ragionamenti presenti anche in M. Il figlio del secolo. Il film, tratto dal romanzo di Alberto Moravia, racconta la storia di Marcello Clerici (Jean-Louis Trintignant), un uomo che, nel contesto del fascismo italiano degli anni '30, si adatta e conforma alle leggi della società per sfuggire al suo passato tormentato e alla propria insicurezza. 

La regia di Bertolucci, affiancata dalla fotografia di Vittorio Storaro, crea un'atmosfera di crescente angoscia esistenziale, dove il conformismo di Marcello diventa una trappola che lo imprigiona non solo politicamente, ma anche emotivamente. La sua ricerca di una normalità che lo faccia sentire parte del sistema lo porta a collaborare con il regime fascista, mentre la coscienza è progressivamente consumata da conflitti interiori e dalla necessità di negare se stesso. La trama si sviluppa attraverso una serie di incontri e confronti con altre figure, tra cui la misteriosa e seducente Giulia (Stefania Sandrelli), il cui fascino rappresenta un ulteriore tentativo di evasione per lui, ma anche un ulteriore passo verso la dissociazione dal mondo reale.

Il conformista si distingue non solo per la sua struttura narrativa studiata e sofisticata (caratteristica cardine anche della serie tv di M. Il figlio del secolo), che alterna presente e passato attraverso un gioco di flashback, ma anche per la sua capacità di esplorare le contraddizioni del fascismo e del conformismo. Il regime diventa metafora di un ordine sociale e morale che schiaccia ogni forma di dissenso, ma anche di ogni autenticità umana, con Marcello che, nel suo percorso di adattamento, si trasforma in simbolo di un'umanità disposta ad abdicare n alla propria libertà individuale e alla propria umanità per sopravvivere.

  • Dove vederlo: Disponibile in streaming su RaiPlay e tramite acquisto o noleggio su Prime Video, Apple TV+, TIM Vision, You Tube e Google Play Film.

Roma città aperta di Roberto Rossellini

Il Roma città aperta di Roberto Rossellini, uscito nel 1945, non solo si pose quale uno dei capolavori assoluti del cinema italiano, ma inaugurò anche la stagione del neorealismo, destinata a cambiare per sempre la storia del cinema. Ambientato nella Roma occupata dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, il film racconta la resistenza del popolo italiano attraverso le vicende di Pina (Anna Magnani), vedova di un operaio e simbolo di dignità popolare, e di Don Pietro (Aldo Fabrizi), un parroco che collabora con i partigiani, dando spunti su un Italia frutto delle scelte precedenti rappresentate in M. Il figlio del secolo. 

La trama intreccia dramma personale e corale, con un realismo crudo che rispecchia le difficoltà del tempo. Girato immediatamente dopo la liberazione, Roma città aperta utilizza set autentici, luci naturali e attori in parte non professionisti, costruendo un racconto che mescola la verità documentaria con un pathos straordinario. Rossellini esplora la sofferenza, il coraggio e il sacrificio dei personaggi, rivelando una Roma devastata ma ancora vitale, dove il tessuto sociale è lacerato, ma non del tutto distrutto.

Tutta l’indelebile potenza di Roma città aperta risiede nella sua capacità di trasformare una narrazione locale in un messaggio universale di resistenza e speranza, ancora oggi attualissimo nella forma e nelle modalità artistiche. Il personaggio di Pina, immortalato in una delle sequenze più iconiche del cinema – la corsa disperata verso il marito mentre viene arrestato – rappresenta il cuore pulsante di una pellicola che non può non far riflettere (specialmente dopo la visione di M. Il figlio del secolo), un grido contro la brutalità della guerra e l’oppressione.

In tutto ciò la regia di Rossellini è essenziale e diretta, eppure capace di momenti di lirismo che amplificano l’impatto emotivo della storia. Ecco che Roma città aperta diventa più di un semplice film, un vero e proprio documento storico e una testimonianza vibrante della capacità del cinema di farsi voce delle sofferenze e delle aspirazioni di un intero popolo. Stiamo parlando di una pietra miliare che continua a ispirare e a commuovere, ricordandoci l’importanza di mantenere viva la memoria di chi ha lottato per la libertà e la dignità umana. Un contraltare intellettuale perfetto agli eventi nella serie su Sky.

  • Disponibile tramite acquisto o noleggio su NOW e CHILI.

La marcia su Roma di Dino Risi

Quando Dino Risi portò al cinema La marcia su Roma, impresse sul grande schermo un’opera che, sotto forma di commedia amara, offriva un ritratto lucido e dissacrante degli eventi che condussero all’ascesa del fascismo in Italia (lo stesso M. Il figlio del secolo copre lo stesso momento storico, spingendosi oltre a livello temporale). Ambientato durante gli anni cruciali della crisi politica del primo dopoguerra, la pellicola segue le vicende di due reduci della Grande Guerra, il cinico e opportunista Domenico Rocchetti (Ugo Tognazzi) e l’ingenuo e idealista Umberto Gavazza (Vittorio Gassman), che si uniscono ai fasci di combattimento nella speranza di trovare una nuova direzione per le proprie vite.

Attraverso il viaggio dei due protagonisti verso Roma, dove parteciperanno alla celebre marcia del 1922, Risi costruisce una narrazione ironica e pungente che smaschera i meccanismi di manipolazione, il conformismo di massa e le ambizioni personali che alimentano i regimi autoritari. La sceneggiatura, firmata da Ettore Scola, Ruggero Maccari, Agenore Incrocci, Furio Scarpelli, Sandro Continenza e Ghigo De Chiara, mescola momenti di farsa con passaggi di profonda amarezza, tracciando un racconto che, pur nella leggerezza del tono, affronta tematiche di grande rilevanza storica e sociale.

La marcia su Roma si distingue per il suo sguardo critico e la capacità di intrecciare la comicità con una riflessione seria sul fascismo e sulle debolezze umane che ne favorirono l’affermazione. Grazie alle interpretazioni memorabili di Tognazzi e Gassman, i personaggi di Domenico e Umberto rappresentano due volti dell’Italia del tempo: da un lato, l’opportunista che cavalca il cambiamento per interesse personale, e dall’altro, l’illuso che si lascia travolgere da un’ideologia senza comprenderne le conseguenze. In tutto ciò si pone la regia di Risi, sobria ma incisiva, sempre al servizio del racconto con un ritmo che alterna momenti leggeri a scene più riflessive, lasciando emergere un’amara consapevolezza della tragicità del passato. 

Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini

Salò o le 120 giornate di Sodoma è senza dubbio uno dei film più controversi e disturbanti della storia del cinema. Liberamente ispirato all’omonima opera del marchese de Sade, il lungometraggio di Pier Paolo Pasolini ambienta le sue atrocità nella Repubblica di Salò, ultimo baluardo del fascismo italiano tra il 1943 e il 1945. Diviso in quattro parti (Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda, Girone del Sangue), questo segue le vicende di un gruppo di giovani rapiti e sottoposti a torture fisiche e psicologiche da quattro potenti rappresentanti dell’autorità: un Duca, un Vescovo, un Presidente e un Magistrato.

Attraverso una messa in scena glaciale e spietata, Pasolini costruisce una parabola estrema sul potere e sulla sua capacità di annientare l’umanità, riducendo le vittime a semplici oggetti da manipolare e distruggere (tornando al fascismo di M. Il figlio del secolo, e ai totalitarismi, ma anche al consumo moderno e alla sua presa sulle coscienze). Ogni sequenza è costruita per colpire lo spettatore, con la crudezza delle immagini e con la loro composizione estetica, in un contrasto che amplifica il senso di orrore e di denuncia.

Salò è quindi una riflessione profonda sull’idea di potere assoluto e sulle sue degenerazioni. Pasolini, utilizzando il fascismo come metafora, denuncia il consumismo e la modernità, visti come forme contemporanee di oppressione e alienazione. Le figure dei carnefici incarnano le istituzioni autoritarie che non solo esercitano il controllo sui corpi, ma mirano a distruggere ogni forma di libertà, individualità e resistenza. Con la sua provocatoria e radicale rappresentazione della crudeltà, il regista, scrittore e saggista costringe il pubblico a confrontarsi con i lati più oscuri della società e della natura umana.

Il delitto Matteotti di Florestano Vancini

Uscito nel 1973, Il delitto Matteotti è un’opera che si addentra con profondità in uno degli eventi più drammatici e significativi della storia politica italiana: l’assassinio di Giacomo Matteotti (evento preso in esame e centrale pure nel racconto seriale di M. Il figlio del secolo). Il film ricostruisce, con precisione e intensità drammatica, i mesi che precedettero e seguirono il rapimento e l’uccisione del deputato socialista, avvenuti il 10 giugno 1924 per mano di una squadra fascista. 

Matteotti, interpretato da Franco Nero, appare come un uomo di grande coraggio e integrità, che sfida apertamente Benito Mussolini e denuncia i brogli elettorali e le violenze del regime fascista. Servendosi di una narrazione incalzante, Vancini indaga le dinamiche di potere e le complicità che resero possibile il consolidamento della dittatura. La sua regia sobria ma incisiva e la sceneggiatura, offrono la rappresentazione di un’Italia divisa tra il coraggio della resistenza morale e l’inerzia di fronte all’ascesa del totalitarismo.

Il delitto Matteotti è importante per la sua capacità di coniugare il dramma personale e la dimensione collettiva, trasformando la vicenda in una riflessione a tutto tondo sulle responsabilità individuali e politiche. La figura di Mussolini, interpretata da Mario Adorf, viene tratteggiata con ambiguità: da un lato come stratega spietato, dall’altro come un uomo consapevole delle fragilità del suo potere. Un atto di denuncia che interroga anche lo spettatore contemporaneo sul rischio della passività e sull’importanza della difesa delle istituzioni democratiche, proprio come avviene in M. Il figlio del secolo.

  • Disponibile tramite acquisto o noleggio su Prime Video.

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