In occasione dell’uscita di M. Il figlio del secolo, dal 10 gennaio in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW, la nuova serie tv in otto episodi diretta da Joe Wright, con al centro Luca Marinelli nei panni di Benito Mussolini, tratta dall’omonimo romanzo scritto da Antonio Scurati, vincitore del Premio Strega nel 2019, e scritta da Stefano Bises e Davide Serino, il cast, gli autori e i produttori hanno presentato il progetto a Roma, in conferenza stampa. La serie M. Il figlio del Secolo è stata realizzata da Sky Studios e Lorenzo Mieli per The Apartment, parte del gruppo Fremantle. La produzione vede la partecipazione di Pathé, Small Forward Productions e la collaborazione di Fremantle e CINECITTÀ S.p.A.
M. Il Figlio del Secolo esplora l’ascesa politica di Benito Mussolini e la nascita del fascismo, raccontando come un movimento si trasformò in partito, conducendo Mussolini al potere e alla sovversione della democrazia italiana per instaurare la dittatura. Servendosi di un linguaggio moderno, la serie rompe la quarta parete, dando voce allo stesso Mussolini, che condivide pensieri segreti e commenta i momenti chiave della storia. Tra sfumature “pop”, umorismo nero e spunti di riflessione, emerge il ritratto dell’uomo e ombra pesantissima e amarissima che ha conquistato un’Italia problematica, servendosi delle sue fragilità.
La conferenza stampa di M. Il figlio del secolo
Alla conferenza stampa romana di presentazione di M. Il figlio del secolo hanno partecipato, fra gli altri: il regista Joe Wright, Luca Marinelli, Francesco Russo, Barbara Chichiarelli, Benedetta Cimatti dal cast, gli sceneggiatori Stefano Biseste e Davide Serino, Antonio Scurati, Nils Hartmann (Vice Presidente Esecutivo di Sky Studios Italia) e Lorenzo Mieli (produttore Freemantle).
La prima domanda è stata rivolta a Nils Hartmann: Con le produzioni Sky Studios raccontate una molteplicità di storie… c’è un prima e un dopo rispetto a M. Il figlio del secolo?
Abbiamo sempre detto che c’è stato un prima e un dopo Gomorra in qualche maniera, e penso che oggi siamo arrivati a un altro punto di svolta perché… con contenuti assolutamente diversi ovviamente, un progetto così ambizioso e così diverso nell’affrontare un genere come il pure drama non si è mai visto. A titolo personale, un dramma storico così contemporaneo nello stile, nella musica, nel montaggio, nel visivo che pur essendo un period drama è così drammaticamente contemporaneo, beh, penso sia in questo momento una cosa molto necessaria.
Parlando con Lorenzo Mieli, invece, gli è stato chiesto qual è stato il suo “primo impulso nel dare vita a M, che cosa hai chiesto ai realizzatori” e se c’è qualcosa che lo ha sorpreso del risultato finito:
Il primo impulso è stato Antonio, che mi ha dato la possibilità, facendomi leggere prima della pubblicazione il manoscritto di M, e quello è stato un impulso immediato. Al di là del fatto che il tema mi interessava, quando ho letto il suo romanzo storico ho capito che lui aveva inteso per primo, sicuramente prima di me, che cos’era quello che tutti noi chiamiamo oggi populismo, e la radice dov’era insieme al luogo in cui è stato inventato. Questo ha innescato subito il desiderio, la volontà e la voglia di provare a imbarcarmi in questa avventura. Era il 2017, oggi siamo nel 2025, io ho fatto 3 società nel frattempo… Da lì è cominciato un lavoro lunghissimo, febbrile da una parte, ma lunghissimo. Quello che sicuramente mi è capitato di chiedere per primi a Stefano e Davide, a Luca, a Joe, nel coinvolgerli e nel coinvolgersi ognuno, era riuscire a fare una serie altrettanto pericolosa della materia che voleva raccontare. Quindi, da un lato riuscire a essere emotivamente travolgenti e coinvolgenti tanto da rischiare di essere empatici, e dall’altra di creare ogni volta il distanziamento razionale e intellettuale rispetto alla materia trattata. Questo è stato un lavoro che veramente è passato di testimone tra la scrittura, la regia, l’interpretazione, per cui diciamo che tutti i livelli che si vedono in questa opera sono tenuti insieme costantemente da questo doppio binario, cioè l’essere travolti e allo stesso tempo l’essere ogni volta spinti via e distanziati.
Parlando, poi, dei registi coinvolti nei suoi precedenti progetti, e della mano dietro a M. Il figlio del secolo ha detto:
Credo che la genialità di Joe Wright sia stata quella di portare tutto il suo cinema dentro quest’opera. Questa cosa mi ha davvero sorpreso. Dal mio punto di vista personale questa è la cosa più bella che abbia mai prodotto.
Al regista Joe Wright, invece, è stato chiesto: “qual è stata la sfida più grande nel dare non solo visione ma anche visionarietà a questa storia così drammatica, e se il fatto di non essere italiano ti ha in qualche modo ti ha in qualche modo aiutato anche a trovare la giusta distanza rispetto alla storia, alla figura del Duce?”
Penso che il mio essere inglese mi ha permesso un certo tipo di distacco, che è stato importante. Non sento che ci sono delle enormi differenze culturali fra l’Inghilterra e l’Italia, ho trovato più differenze fra la Gran Bretagna e l’America, rispetto che con l’Italia, al di là della lingua. Penso che una delle più grandi sfide per tutti noi è stato nel tono del racconto. Era importante il fatto di non far diventare Mussolini un clown, era importante il fatto di prenderlo sul serio e allo stesso tempo rendere lo show intrattenente. Quindi, penso che trovare il giusto tono è stato importante, per poi vederlo cambiare col proseguire degli episodi, e diventare sempre più oscuro e serio.
Successivamente il regista ha rivelato che con M. Il figlio del secolo è stato importante il riflettere anche su “quanto ci avviciniamo a Mussolini” e alla sua capacità di sedurre le masse, senza però perdere mai il punto su quelle che erano le sue reali intenzioni e su chi fosse in realtà.
Luca Marinelli è stato, invece, interrogato sul suo ruolo di protagonista in M. Il figlio del secolo: “Da dove sei partito e come hai costruito questa straordinaria interpretazione?”
Mi serviva sicuramente, dal punto di vista fisico, di sentirmi più pesante, più presente. Non so se quella è stata la maniera. Banalmente ti direi che in qualche modo dovevo avvicinarmi fisicamente, perché adesso il cinema sta prendendo un po’ questa dimensione che il teatro non ha. In teatro sarebbe bastato meno, nel cinema c’è questa ricerca ossessiva che però aiuta in una qualche maniera, si trasforma in un’esperienza fisica ed emotiva. Per me è stato importantissimo il piano fisico, ma anche il piano intellettuale ed emotivo, che era quello che mi spaventava di più, perché, come ho detto tante volte da anti-fascista il fatto di aver dovuto sospendere il giudizio per 10 ore al giorno, gli orari del set diciamo, e per 7 mesi, è stato per me dal punto di vista umano devastante. Fortunatamente dal punto di vista artistico è stata una delle cose più belle che io abbia fatto nella mia vita, anche grazie e soprattutto alla guida di Joe e al lavoro che abbiamo fatto tutti quanti insieme. Perché siamo stati una squadra meravigliosa.
Per poi continuare:
Però, ecco, questo dovermi necessariamente avvicinare è stato, come dicevo, devastante dal punto di vista umano e necessario dal punto di vista artistico. Ho tentato di togliere, abbiamo pensato con Joe di togliere tutte quelle definizioni come ad esempio ‘cattivo’, ‘mostro’, ‘il diavolo’, che sono definizioni, secondo me, che non fanno altro che giustificare una nostra posizione e allontanare questa figura, metterlo quasi su un altro pianeta, invece era un essere umano che coscientemente ha scelto quello che ha fatto e ha imboccato questa via criminale che ha portato se stesso e il paese alla distruzione totale.
Barbara Chichiarelli ha poi parlato della sua Margherita Sarfatti:
Sicuramente Margherita Sarfatti, almeno io personalmente non conoscevo così bene la sua vita, è una donna che ha avuto un’esistenza complessa, una donna poco conosciuta ancora in Italia… io ho avuto modo di leggere i suoi libri, di approfondire, insomma, la sua figura e a proposito di questa dinamica di seduzione e abbandono che lei ha vissuto… c’è un altro aspetto. Lei non solo viene abbandonata ma viene anche tradita in quanto ebrea.
Successivamente Barbara accenna a un libro scritto dal suo personaggio: My Fault: Mussolini As I Knew Him, prendendolo ad esempio per descrivere una sorta di cambiamento in lei in relazione al suo rapporto con Mussolini.
Nell’affrontare la scrittura di M. Il figlio del secolo i due sceneggiatori Stefano Bises e Davide Serino hanno parlato dell’idea e da dove sono partiti per rendere in serie il libro di Scurati:
Il primo passo è stato un po’ lo sposare il libro. Nel senso che il libro si apre con la voce di Mussolini e si chiude sempre con lui, e noi abbiamo preso spunto da lì per creare questo dialogo, in qualche modo con lo spettatore. Questa intuizione originaria di dialogo che già immediatamente ti toglie dal racconto period drama classico. Poi c’erano degli elementi che hanno ispirato il tono, che questo primo Mussolini è un Mussolini perdente, è sconfitto è un arci-italiano opportunista, meschino, vile, bugiardo, e quello lo diciamo anche per una tradizione nostra di racconto si prestava a farne, a tratti, un Alberto Sordi, un Toni Soprano dopo, e questo tipo di trattamento era funzionale in qualche modo a creare quasi una simpatia per questo personaggio, una vicinanza, una comprensione almeno dei suoi sentimenti. Poi, via via che la serie diventa più crudele, più cupa nel momento in cui quest’uomo effettivamente mette i propri vizi capitali e difetti al servizio di un potere feroce, portare lo spettatore idealmente a sentirsi male per aver avuto anche dei sentimenti di comprensione per quel perdente iniziale. Si è evidentemente trattato di un lavoro che ci ha caricato di una certa responsabilità.
Ha risposto Stefano Bises.
C’è la responsabilità che abbiamo sentito noi, che abbiamo sentito tutti e che cerchiamo di restituire allo spettatore a partire, in realtà, da quello sguardo in macchina, perché poi il controcampo siamo tutti noi, no? Ed è facile sottovalutare il pericolo, ogni volta… lo facciamo sempre, lo facciamo anche adesso perché quel pericolo nasce anche da una paura che è totalmente umana e da necessità che sono umane, però… insomma noi abbiamo cercato di tenere alto il livello di guardia, pure a partire da una prima parte della serie in cui, invece, volevamo portarli a sottovalutarlo, però quel finale che Joe ha così magistralmente messo in scena e in cui Mussolini chiama tutti noi a dire una parola e nessuno la dice… per noi è un’idea chiave della serie, di questo racconto sul populismo e sui pericoli delle derive cui porta.
Ha poi risposto Davide Serino.
Parlando, invece, del progetto televisivo di M. Il figlio del secolo con Antonio Scurati, e del suo contributo ha detto:
La cosa che mi ha più sorpreso è che alla fine io abbia avuto torto. Cosa che accade molto di rado. Lo dico scherzando per dire una cosa seria, io ho fiancheggiato dall’esterno la scrittura e poi anche qualche volta la produzione. È stato per me veramente intellettualmente appassionante, avvincente, partecipare da fiancheggiatore esterno alla scrittura di questa serie con frequenti confronti di discussioni a tutto campo, soprattutto con Stefano, poi con Davide. Io ovviamente sentivo quanto gli autori la responsabilità, per alcuni aspetti forse anche di più, e ho molto dubitato a un certo punto, voglio dirlo, riguardo alcuni aspetti fondamentali, cioè il tono, come giustamente Joe per primo a detto, la ricerca del tono giusto, che era fondamentale, decisiva, per un racconto del genere, e il fatto di evitare assolutamente di dipingere e rappresentare Mussolini come un personaggio comico. Inoltre renderlo, mostrarlo in tutta la sua forza di seduzione… ecco queste erano state 3 stelle polari al contrario dalle quali io mi ero sforzato di tenermi lontano durante la scrittura del libro. Ho addirittura cercato una forma letteraria nuova per evitare di generare nel lettore empatia con il personaggio principale, non lo volevo, e mi sono proibito tutta una serie di procedure romanzesche fondamentali: dialoghi fittizi, personaggi fittizi, l’introspezione… non volevo che il lettore empatizzasse con Mussolini, non volevo che ne venisse sedotto, volevo assolutamente evitare che risultasse un personaggio da commedia, perché convinto che il fascismo sia stato una tragedia, una terribile tragedia e che continui a stendere la sua ombra tragica su di noi.
Proseguendo:
Quindi qui, confesso che a un certo punto della scrittura del copione, quando di fronte a questi aspetti di commedia bilanciati da quelli di tragedia io ho dubitato. Il mio timore, la mia paura che si scivolasse troppo in quella direzione è stato più forte dell’entusiasmo per la nuova direzione che ha preso. A un certo punto io ho detto ‘no, su questa strada non vi seguo’, voglio riconoscerlo. Però devo invece riconoscere alla fine che era la strada giusta, che avevano ragione Stefano e Davide, date quelle premesse artistiche, nell’andare fino in fondo. Avevano ragione e quando ho visto il risultato sullo schermo sono rimasto abbagliato e ammirato, e contento che le mie preoccupazioni, i miei timori magari abbiano creato qualche qualche esitazione in più a Stefano e Davide, ma non siano state motivo di ostacolo. Voglio fermarmi su questo, sull’aspetto della sfida artistica, perché si parla tanto di politica ma l’arte è politica quando è grande arte e non viceversa… e questo è un grande copione, una grande regia, una grande prova d’attore, io mi son sforzato di pensare nella storia del cinema italiano prove d’attore, da mattatore che stiano al passo con queste e non ce ne sono moltissime.
Vi ricordiamo nuovamente che M. Il figlio del secolo sarà disponibile dal 10 gennaio in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.
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