Lo spazio ha un potere strano sugli esseri umani: per secoli è stato depositario delle paure e delle speranze più irrazionali. Ospitava divinità, dispensava profezie, proteggeva con la luce delle stelle e dei pianeti e intimoriva con la minaccia di strane luci di cui l'uomo poco o nulla sapeva. Poi gli occhi degli esseri umani hanno iniziato a guardare il vuoto siderale in modo diverso, con una curiosità sempre più priva di timore.
Scienziati e scrittori di fantascienza sono stati i primi a violare l'intoccabile gelo delle stelle, poi il fantastico immaginario collettivo ha fatto il resto.
Jules Verne e Herbert George Wells sono tra i padri indiscussi del genere fantascientifico letterario, hanno tracciato il sentiero di questo nobile genere a partire dalla seconda metà del 1800 e la settima arte, il cinema, sin dalla fine del diciannovesimo secolo ha sperimentato il racconto di storie fantastiche. Sono passati più di 120 anni da allora e oggi possiamo azzardare un bilancio, tentare di individuare le coordinate che definiscono il mito dello spazio tra cinema e serie TV. Per farlo, abbiamo identificato tre approcci, tre filosofie differenti che vedono interagire l'uomo con il mistero dello spazio.
Esplorazione, stupore, conoscenza
Spazio vuol dire pericolo e il pericolo, lo insegnano gli antichi coloni della storia terrestre, deve essere affrontato. Nel 1965 la penna (e i dollari) di Irwin Allen diedero vita a Lost in Space, una serie televisiva che raccontava le avventure della famiglia Robinson, perduta nella spazio a causa di un malfunzionamento della loro astronave.
L'universo immaginato da Allen era piuttosto ostile e i Robinson (insieme al fido robot B-9) cercavano di sfuggire ai pericoli incontrati durante il loro viaggio. A suo modo Lost in Space (da cui è stato tratto un film nel 1998 e una nuova serie TV nel 2018) ha trasformato lo spazio in un territorio di conquista, anche se il vero capostipite di questo tipo di fantascienza arriverà un anno dopo.
Spazio vuol dire anche mistero e il mistero, in tutte le sue forme, può e deve essere esplorato. In questo senso il massimo esponente della fantascienza esplorativa è Star Trek, serie televisiva iniziata nel lontano 1966 (e mai conclusa) firmata da Gene Roddenberry. Si tratta di una fantascienza illuminata che abbatte molte barriere culturali (il bacio tra James T. Kirk e Ura, un bianco e una donna di colore, nell'America degli anni '60 era pura avanguardia) e che mostra lo spazio come un caleidoscopico contenitore di civiltà, filosofie e a volte minacce.
Il mantra "alla ricerca di nuove forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là dove nessuno è mai giunto prima", principio fondante la Federazione dei Pianeti Uniti cui appartengono la Terra e altri sistemi stellari, inquadra alla perfezione il sogno di Roddenberry: l'uomo ha imparato dai suoi errori, dalle tragicità delle ere coloniali terrestri, e adesso è riuscito a maturare. L'esplorazione trekkie è pura, non aggressiva e interessata solo ed esclusivamente alla costruzione di un universo pacifico e illuminato.
Qualche anno dopo sono la Gran Bretagna e, strano ma vero, l'italiana RAI a dare il loro contributo: nel 1975 Gerry e Sylvia Anderson lanciano attraverso l'etere la prima stagione di Spazio 1999. La base lunare comandata dal mitico comandante John Koenig (Martin Landau) è vittima di una fortissima esplosione nucleare che scaglia il satellite, avamposto compreso, nello spazio più profondo. Inizia per la base Alpha un pellegrinaggio nei meandri dell'Universo, un viaggio che porterà Koenig e i suoi uomini ad affrontare misteri e minacce di uno spazio tanto vivo quanto pericoloso. Al netto di qualche ingenuità scientifica (in questo Star Trek è sempre stato molto più attento), Spazio 1999 ha dato un grande contributo all'immaginario dell'esplorazione spaziale.
E il cinema? Come si colloca all'interno di questo filone post-coloniale di viaggi spaziali? Due sono le pellicole che a modo loro, in maniere molto differenti e soprattutto in periodo storici molto distanti tracciano il sentiero dell'esplorazione spaziale sul grande schermo.
Nel 1968 (un anno prima che Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins partissero a bordo dell'Apollo 11 per raggiungere la Luna) l'indiscusso genio di Stanley Kubrik e la brillante penna di Arthur C. Clarke diedero i natali a uno dei più grandi capolavori della fantascienza contemporanea: 2001: Odissea nello Spazio. Kubrik voleva fare un film sul rapporto tra l'uomo e l'universo e in 2001 ci viene mostrato proprio questo. È vero, l'esplorazione è sotto certi aspetti un tema meno potente che nelle serie TV descritte in precedenza e si limita a una parte del Sistema Solare, ma le scoperte di questo viaggio hanno implicazioni ben più profonde di quanto i viaggi dell'Enterprise abbiano mai rivelato.
L'altra pellicola, a torto o a ragione da tanti accostata a 2001, è opera di un brillante ma decisamente più discusso regista: parliamo di Interstellar (2014), di Christopher Nolan.
Sotto molto aspetti Interstellar, seppure è decisamente l'opera più recente all'interno di questa carrellata, può essere considerato il primo tassello, il racconto da cui tutto ciò che verrà poi è nato. L'uomo è relegato nella palude terrestre, condannato a morte e privato della luce delle stelle da un revisionismo storico che ha cancellato dalla memoria collettiva tutti i viaggi spaziali. Eppure l'unica salvezza è proprio in quello spazio che gli esseri umani hanno rinnegato. Interstellar non racconta solo di esplorazioni spaziali, ma dell'amore dell'uomo verso lo spazio e della necessità di conoscerlo per salvarsi. Se dal punto di vista prettamente narrativo non c'è il vero viaggio esplorativo verso galassie lontane, da quello concettuale Interstellar è puro desiderio pionieristico.
Guerre spaziali
Da un punto di vista di causa ed effetto, questo secondo filone che rapporta l'uomo e lo spazio potrebbe discendere da quello precedente. Dopo l'esplorazione, dopo la ricerca con successo di nuove forme di vita là dove nessun uomo è mai giunto prima, è il momento del conflitto. In realtà le dipendenze tra l'esplorazione e il conflitto sono più concettuali che di fatto, ma gli scontri stellari vantano molti e vari rappresentati sia al cinema che nella televisione.
Nel 1978 Glen Larson immaginò un sistema solare lontano abitato dalla razza umana che aveva lì fondato dodici colonie su dodici differenti pianeti. Questi erano i presupposti di Galactica, serie culto che il tra il 1978 e il 1979 si sviluppò in 24 episodi. Dopo la distruzione delle colonie a opera dei terribili e robotici Cylon la nave Galactica, capitanata dal comandata Adama (Lorne Greene), fa rotta verso la Terra alla ricerca di un nuovo porto sicuro.
La serie, i cui seguiti si sono arenati a più riprese, ha conosciuto una fortunatissima rinascita quando nel 2004 Ronald D. Moore ne ha potenziato tutti gli aspetti con il meraviglioso Battlestar Galactica, che definire remake è piuttosto ingiusto e riduttivo. Anche nel progetto di Moore la battaglia spaziale tra uomini e cyloni è lo scenario nel quale l'equipaggio della Galactica si trova suo malgrado intrappolato. Certo, la serie non si sviluppa solo intorno al conflitto tra le due specie ma la guerra senza quartiere ne è un tassello fondamentale.
Il mondo delle serie TV ha prodotto un altro piccolo gioiello attingendo questa volta alla space opera letteraria di Daniel Abraham e Ty Franck: The Expanse racconta di un futuro nel quale un Sistema Solare colonizzato dagli umani è sull'orlo della guerra a causa delle tensioni tra la Terra e le colonie. The Expanse inizia con un'indagine sulla scomparsa di una cittadina terrestre ma gli intrecci narrativi arrivano a far diventare la serie una vera e propria space opera con tanto di scontri spaziali.
In tutto questo il cinema non è di certo rimasto a guardare. Pellicole di diversa portata e spessore hanno raccontato di furiose battaglie nelle galassie attribuendo al rapporto tra uomo e spazio una connotazione decisamente bellicosa. Se Star Wars (1977) fa un passo di lato rispetto a questa definizione, sia per la commistione di generi sia perché l'ambientazione "Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana..." tende a confondere le coordinate, altri franchise si identificano il conflitto come componente fondamentale dell'avventura spaziale.
Pensiamo allo storico film Giochi Stellari (1984) dove un giovane asso dei videogiochi veniva "reclutato dalla Lega Stellare per difendere la frontiera contro Xur e l'armata di Ko-dan" per poi combattere un'epica battaglia spaziale. Oppure a Starship Troopers (1997), dove la razza umana combatteva contro aracnoidi nemici capaci di bombardare la Terra con enormi asteroidi. O ancora a tutto quel filone di pellicole nella quali dallo spazio arrivava una minaccia da combattere sulla Terra (Independence Day, per citare il più chiassoso di tutti).
Lo stesso Star Trek, pur mantenendo il timone ben saldo sui valori dell'esplorazione spaziale, sconfina nel campo delle guerre stellari dando vita ad alcune battaglie semplicemente epiche.
Lo spazio profondo
"Nello spazio nessuno può sentirti urlare" è una delle più famose citazioni del primo Alien (1979), capolavoro fanta-horror di Ridley Scott.
Al netto dello scontro tra Ripley (Sigourney Weaver) e lo xenomorfo più letale del cinema, Alien esalta un'altra caratteristica dello spazio profondo: la claustrofobica sensazione di trovarsi in una dimensione diversa da tutte le altre. Il vuoto siderale non è solo terreno di conquista, non è campo di battaglia tra le civiltà ma è anche un luogo terribile nel quale l'uomo resta solo con sé stesso. Questo è il cuore pulsante del terzo e ultimo filone spaziale di cui parleremo: lo spazio come catalizzatore, come laboratorio evolutivo, come specchio introspettivo potente e terribile.
Uno dei primi rappresentanti di questo genere di fantascienza spaziale risale al 1956 quando il regista americano Fred M. Wilcox racconta la storia di un gruppo di astronauti impegnati in un'operazione di recupero sul pianeta Altair IV: la missione consiste nel rintracciare gli eventuali sopravvissuti della Bellerofonte, atterrati sul pianeta vent'anni prima. Guidati dal comandante John J. Adams (un Leslie Nielsen dagli incredibili capelli neri), gli astronauti trovano come unici superstiti il dottor Edward Morbius, la figlia Alta e il robot Robby oltre che una terribile minaccia. Il film era Il Pianeta Proibito e la minaccia scaturiva dalla mente di Morbius. Perciò lo spazio e la solitudine, oltre che l'amore viscerale per la scienza, avevano finito con il corrompere Morbius.
In Punto di Non Ritorno (fanta-horror del 1997 diretto da Paul W. S. Anderson) l'astronave Event Horizon viaggia oltre i confini noti dell'Universo e ritorna sette anni dopo portando un terribile fardello fatto di caos e distruzione. L'Universo è ordine, materia, legge e razionalità mentre tutto quello che è oltre diventa, nel vero senso del termine, l'Inferno. Lo spazio perciò diventa causa ed effetto delle più terribili paure dell'uomo, si trasforma in un portale che si apre sulle più antiche dimensioni dell'orrore mai immaginate dagli essere umani.
Padorum (2009) raccoglie una parte dell'eredità di Punto di Non Ritorno ma la declina facendo qualche passo di lato. L'astronave Elysium viaggia verso il pianeta Tanis con il suo carico di coloni. Ma qualcosa va storto e i 123 anni di viaggio previsti si trasformano in una terribile odissea. Qui lo spazio diventa oppressione e capace di portare alla follia: Pandorum è il nome comune della Sindrome Orbitale Disfunzionale, nemico principale dell'equipaggio dell'Elysium. In più è sempre la paura dello spazio a trasformare la nave stellare in un vero e proprio laboratorio evolutivo (o involutivo?) dove gli esseri umani regrediscono in terribili cannibali.
Sunshine (2007), diretto da Danny Boyle, è una visione in parte speculare di quanto offerto da Punto di Non Ritorno. L'Icarus II è la nave spaziale che ha come compito quello di salvare l'intera umanità riattivando il Sole ormai prossimo allo spegnimento dopo che già la missione precedente intrapresa dall'Icarus I era inspiegabilmente fallita. Claustrofobia, senso di predestinazione, deliri religiosi sono i principali componenti di Sunshine tanto da trasformare l'Icarus I in una versione della Event Horizon: il capitano della nave si oppone al piano di salvataggio della Terra perché convinto che l'estinzione della razza umana sia volontà di Dio.
Ci sono altre pellicole più o meno riuscite che affrontano lo spazio in questo modo (Solaris, Passengers, il glorioso Black Hole firmato Disney, il pluripremiato Gravity) mentre l'approccio più psicologico al vuoto siderale non trova sponde così affermate nel mondo delle serie TV forse perché meno spettacolare e più intimista.
Con questa analisi abbiamo cercato di dare un quadro complessivo su come lo spazio, oltre la Terra e la Luna, ha contaminato l'immaginario televisivo e cinematografico. E voi quale di questi tre filoni preferite?
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