Gli Oscar 2021 hanno già fatto la storia con queste nomination

Autore: Elisa Giudici ,

Se non proprio un'annata di rottura, quella degli Oscar 2021 verrà ricordata come una di cambiamento, almeno per quanto riguarda i film e i protagonisti approdati nelle cinquine finali delle singole categorie. Il rinnovo del parco votanti dell'Academy (formato da migliaia di professionisti del cinema, statunitensi ed internazionali) e un'annata cinematografica peculiare (e invero qualitativamente parlando un po' povera) come il 2020 hanno fornito un'incredibile chance di brillare a film solitamente messi in ombra dalle grandi produzioni degli studios.

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Rimasti al palo a causa della chiusura delle sale cinematografiche, i grandi film del 2020 aspettano ancora di uscire al cinema, mentre pellicole solitamente di nicchia o comunque meno spinte dai rispettivi produttori hanno saputo farsi notare e valere. Questo cambiamento ha influito e molto sulla selezione di titoli nominati, così come l'atmosfera politica e sociale negli Stati Uniti, entrati nell'era della presidenza Biden. È presto per dire se un cambiamento duraturo sia in atto, ma un cambio di passo e una correzione di rotta si percepiscono chiaramente nelle scelte di quest'anno dell'Academy, che portano a segnare tante prime volte e record positivi. 

The Academy
Il poster promozionale degli Oscar 2021
Il poster promozionale della notte degli Oscar numero 93

Nomadland

Dopo aver vinto il Leone d'Oro a Venezia, il film della regista Chloé Zhao si conferma un contendente importante nelle categorie maggiori di miglior film e miglior regia. Zhao è la prima donna asiatica a venire nominata come regista e la prima donna nella storia degli Oscar ad ottenere quattro candidature in una sola edizione: quelle per miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale e miglior montaggio. Certo il sostegno di un gigante come Disney alle spalle (che distribuisce il film con l'etichetta Searchlight) e il traino dell'unico grande Festival del cinema svoltosi nel 2021 pesano tantissimo, ma è comunque un traguardo storico.

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Una donna promettente

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Ancor più ardito e sbalorditivo è il percorso della collega di Zhao Emeral Fennel (e attenzione, è la prima volta che due donne si contendono un'Oscar alla regia). Nominata come sceneggiatrice e regista di Una donna promettente a soli 36 anni Fennel mette a segno una storica doppietta, portando anche la protagonista Carey Mulligan alla nomination. Un risultato davvero eccezionale, considerando che si tratta di un esordio nel mondo del cinema per lei. È la prima volta che una donna ottiene questo risultato.

Bisogna poi sottolineare che il genere a cui appartiene il film è decisamente meno tradizionale rispetto a Nomadland. L'Academy tende a puntare su drammi delicati ed emozionali (vedi in questa edizione Minari, The Father, Nomadland) mentre difficilmente dimostra entusiasmo per film dai temi duri, dai noti comici black humour e dall'alto tasso di violenza. Invece Una donna promettente ce l'ha fatta, nonostante tutto.

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Sound of Metal

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Ci si aspettava qualche nomination per questo film molto amato dalla critica, ma i riconoscimenti sono andati oltre ogni più rosea aspettativa. Il protagonista Riz Ahmed è il primo attore di discendenza pakistana ad ottenere una nomination. Non è la prima volta che i suoi ruoli attraggono l'attenzione della critica, ma in questo ritratto di una lenta, dolorosa presa di consapevolezza di un'improvvisa disabilità è riuscito a raggiungere l'ambito traguardo. Sarà anche il primo attore di fede musulmana ad essere in lizza come miglior attore protagonista.

Ancor più sorprendente la nomination di Paul Raci. Non per la qualità della sua performance - invero memorabile - ma perché il suo ritratto di un veterano della guerra in Vietnam che gestisce una sorta di casa comune per persone affette da sordità non aveva centrato né la nomination ai Golden Globe Awards né quella ai SAG, i premi dedicati agli attori.

In generale la presenza di Sound of Metal in categorie come Miglior film è un ottimo segnale, perché l'Academy in passato si è dimostrata poco attenta a film su queste tematiche che puntassero a una normalizzazione della disabilità, favorendo drammoni strappalacrime.

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The Father

Piccolo record per Anthony Hopkins: è il primo interprete ottuagenario a venir nominato come miglior attore. Il recordo precedente era deteneto da Richard Farnsworth, nominato a "soli" 78 anni.

The Father però è uno dei tanti film che porta alla candidatura professionisti europei non anglofoni, che faticano più dei colleghi inglesi a farsi spazio. Il francofono Florian Zeller, sceneggiatore e regista teatrale alla sua prima esperienza al cinema, ha conquistato una nomination per la sua sceneggiatura insieme al traduttore della stessa.

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Borat - Seguito di film cinema

Pazzesco il risultato ottenuto da Sacha Baron Cohen. Chi lo definisca immeritato forse non ricorda che quest'anno l'interprete ha ben due interpretazioni da nomination: quella nei panni del suo iconico personaggio che gli ha dato fama internazionale e quella (davvero notevole) in un altro favorito dell'annata, Il processo ai Chicago 7.

Ottenere la candidatura per sé e per la giovanissima attrice bulgara Maria Bakalova è già un risultato incredibile, ma la vera conquista è la nomination nella categoria di Miglior film. Storicamente per film di stampo comico classico è quasi impossibile riuscire ad ottenere una candidatura nella categoria più importante. Non solo: il film sta rastrellando nomination in quasi tutti gli eventi che contano, Golden Globes e PGA inclusi.

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Minari

Effetto Parasite? Difficile non pensarlo vedendo lo strepitoso successo che il film prodotto da A24 ha riscosso nella corsa agli Oscar. Arrivando a fare meglio di Parasite stesso, che è stato un fondamentale apripista, ma non è riuscito a sfondare nelle categorie attoriali. Certo la nomination alla regia di Lee Isaac Chung e della pellicola nella categoria regina sono pesantissime, ma ancor più impressionante è vedere interpreti come Stephen Yeun e Yuh-Jung Youn strappare una nomination come attore protagonista e attrice non protagonista.

Nemmeno il leggendario Song Kang-ho era riuscito a centrare l'obiettivo, pur essendo considerato uno dei grandi attori coreani di quest'era ed essendo noto anche nel circuito cinematografico occidentale per molte interpretazioni da premio. È un passaggio importante per riconoscere etnie e nazionalità differenti, ma rimane un fatto che recitare in una lingua differente dall'inglese praticamente tagli fuori anche i migliori interpreti dalla corsa alla nomination, anche a fronte di performance eccezionali. Basti pensare che Isabelle Huppert, autentica leggenda del cinema francese e protagonista di numerosi film premiati agli Oscar, ha ottenuto la sua prima nomination solo nel 2017.

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Un altro giro

La nomination come miglior film internazionale (categoria di cui quasi di certo sarà il trionfatore) era scontata, ma quella ottenuta dal danese Thomas Vinterberg per la regia è stata un fulmine a ciel sereno. È pur vero che quasi tutti gli anni c'è un contendente "black horse" (lett. il cavallo nero, ovvero un titolo non tra i favoriti di una competizione ma comunque forte, che finisce per beffare la concorrenza) e Vinterberg rientra in questa casistica. Tra l'altro anche lui parte con lo svantaggio di non presentare un film in lingua inglese.

Non è la sua prima volta agli Oscar (Sorrentino gli soffiò la vittoria come miglior film straniero quando La grande bellezza si scontrò con il suo The Hunt) ed è un affermato professionista accolto da ottime critiche lungo tutta l'annata, ma non ha certo la fama e l'influenza di alcuni esclusi eccellenti. Registi che si stanno facendo le ossa ma hanno già lo star power come Aaron Sorkin e Regina King. Peccato che nelle categorie attoriali non si sia trovato spazio per Mads Mikkelsen, inteprete di grande spessore, molto amato a Hollywood e vero cardine del film.

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Judas and the Black Messiah

In quest'annata molto peculiare un gran numero di pellicole dirette, interpretate e prodotte da professionisti afroamericani hanno combattuto per un posto in cinquina in varie categorie. La vincitrice morale sembra essere Judas and the Black Messiah. È il primo film della storia candidato alla categoria regina ad essere prodotto solo da afroamericani.

Strappa inoltre due nomination nella categoria attore non protagonista, con uno slot per Daniel Kaluuya e un altro per Lakeith Stanfield. Per evitare la concorrenza interna la produzione aveva tentato di presentare quest'ultimo nella categoria dei protagonisti. L'Academy non ci è cascata, ma ha votato comunque entrambi con numeri tali da garantire una doppia presenza.

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Ma Rainey's Black Bottom

Improbabile che qualcuno porti via l'Oscar più blindato dell'annata a Chadwick Boseman, anche se dal punto di vista squisitamente cinematografico la concorrenza in categoria è molto alta e molto variegata. Importante sottolineare come Viola Davis incassi la terza nomination della carriera, il che fa di lei la donna afroamericana più nominata di sempre. Inoltre è presente nella stessa categoria con un'altra attrice nera, Andra Day. Era dal 1972 che due attrici afroamericane non riuscivano ad entrare in nomination insieme, dai tempi di Cicely Tyson e Diana Ross. Coincidenza vuole che sia nel 1972 sia nel 2021 una delle nominate interpreti Billie Halliday.

Il film però non riesce ad ottenere un posto nella categoria principale. Un risultato inaspettato ma forse non ingiusto, dato che molti critici hanno sottolineato che questo titolo (prodotto da Denzel Washington con Netflix) sia trascinato dalla qualità recitativa e carismatica dei protagonisti più che da un'ineccepibile lato tecnico.

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