Il potere delle parole in Shogun: cos'è il Kotodama

Scopri con noi la dottrina giapponese del Kotodama, il potere del linguaggio, l'idea che le parole racchiudano un mistico potere

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Autore: Federica Polino ,

Shogun, si sa, non è di certo un'opera "semplice": ogni gesto, ogni dettaglio, ogni parola contiene un significato nascosto, invisibile ad un occhio disattento, proprio come Mariko-sama ci ha tenuto a specificare nel corso del quarto episodio della serie TV in esclusiva su Disney Plus.

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Attenzione: l'articolo contiene SPOILER sull'episodio 5 di Shogun

Il discorso del recinto in 8 parti, in particolare, ha acceso nei cuori di spettatori e protagonisti una luce di speranza: Blackthorne sente di poter comprendere, anche se con difficoltà, in parte le abitudini del popolo di Ajiro, scrostando la superficie colma di rituali e tradizione tanto care agli abitanti.

Un quinto episodio drammatico

Il quinto episodio, pertanto, ci offre un quadro raffigurante la quotidianità dell'anjin, un uomo che osserva il nuovo mondo con gli occhi di un bambino.

Assaggia nuovi sapori, si ferma ad annusare il profumo dell'erba tagliata, si sofferma a conoscere la sua servitù, stringe un ottimo rapporto con il giardiniere Uejiro, mettendosi in gioco: è giunta l'ora, per John, di importare un po' di usanze britanniche lì nella sua casa nella prefettura di Izu.

Così, ricevuto in dono un fagiano, decide di farlo essiccare: il fetore di putrefazione e morte è insopportabile per gli abitanti, tant'è che tentano più volte di liberarsene, ma Blackthorne non ne sembra contento.

La barriera linguistica insormontabile aumenta le difficoltà, finché le parole pronunciate con leggerezza dall'hatamoto non risulteranno fatali:

Chi lo prende [il fagiano], sarà ucciso. E' proibito!

Cos'avete che non va?

Di ritorno da una sessione d'addestramento, l'anjin deve fare i conti con l'amara e terrificante realtà dei fatti: il suo fagiano è scomparso, ma anche il fidato giardiniere. 

Confuso, John chiama a gran voce il nome di Uejiro, ma ad accoglierlo troverà una trafelata quanto addolorata Fuji che, con candida schiettezza, gli riferirà che l'anziano non è più tra loro: pressato dalle critiche del villaggio al suo padrone, l'uomo si è liberato del fagiano, contravvenendo ai suoi ordini. Pertanto, è stato ucciso.

In preda al panico, disgustato dall'infimo rispetto per la vita che i giapponesi nutrono per i loro stessi compatrioti, Blackthorne si rende conto di essere stato la causa della morte di un servitore fedele: viene assalito da un senso di colpa misto ad impotenza, esordendo tra urla strazianti con:

Cos'avete che non va?!

Kotodama, il potere delle parole

La reazione degli abitanti poggia le basi sul concetto di Kotodama (言霊, tradotto in potere del linguaggio o, addirittura, parola magica): l'idea condivisa che le parole, in realtà, abbiano un'anima e che pronunciarle influisca magicamente su persone, oggetti e ambiente circostante.

Le parole, di riflesso, legano colui che le pronuncia e coloro che ascoltano, quasi come se racchiudessero in loro un potere soprannaturale: quello di dominare sugli astanti, configurandosi quasi come un patto indissolubile, un giuramento stretto tra le parti.

La nozione di kotodama ha plasmato la società giapponese sin dai tempi antichi: le parole sono importanti, perché racchiudono intenti e potere, a maggior ragione se pronunciate con ferrea convinzione

Un esempio semplice per comprendere del tutto l'importanza del kotodama nella cultura nipponica è la radicata tendenza del popolo a non proferire il Nome della persona, preferendo appellarsi a lei con il Cognome: conoscere e pronunciare il nome di battesimo richiama all'idea che questo ci dia potere su quella persona, controllandola e dominandone il possessore.

Immagine in evidenza Shogun, credits Disney Plus

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