Un uomo vero, recensione: la finanza selvaggia di Netflix

Autore: Manuel Enrico ,

Più sono odiosamente irraggiungibili, più guardano dall’alto delle loro torri di vetro e acciaio, più si pasteggia voraci sulle loro spoglie quando la torre crolla. C’è una fascinazione quasi morbosa nel godere della rovina degli dèi del dollaro, una tendenza che il pubblico americano sublima da anni, passando dalla realtà alla reinterpretazione cinematografica, muovendosi da Wall Street ai luoghi oscuri della finanza, carichi di un potere che, infine, porta alla distruzione. È quando accade a Charlie Crocker, il businessman interpretato da Jeff Daniels in Un Uomo Vero (A Man in Full), nuova miniserie di Netflix.

A un primo sguardo, sembra che il mondo dell’entertainment d’oltreoceano abbia deciso di cogliere al balzo l’anno delle presidenziali per andare a toccare alcuni personaggi coinvolti dalla corsa alla Casa Bianca. Se con Civil War Alex Garland ha puntato a mostrarci una pericolosa avvisaglia di un futuro passato in caso di felici votazioni, con Un uomo vero pare che la critica a un certo magnate dal ribelle ciuffo arancione non venga pienamente celata.

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Un uomo vero, come crollano i baroni della finanza americana

Meglio fare subito chiarezza. Le analogie tra il fastidioso, retrogrado Charlie Croker e Trump sono ridotte al solo fatto di essere incredibilmente ricchi e dall’avere un’idea abbastanza stantia del potere del denaro. Un uomo vero, infatti, ha tutt’altre mira del puntare il dito contro il chiacchierato ex (o futuro?) presidente, ma volge lo sguardo verso una società che sembra, nonostante tanti proclami, essere ancora profondamente iniqua.

Charlie Croker è uno dei baroni dell’economia di Atlanta, vertice di un impero immobiliare che lo ha reso uno degli uomini più potenti della città. Una potenza ostentata con beni di lusso, feste faraoniche e la spavalda sicurezza con cui si muove nelle stanze che contano, sicuro che nessuno oserebbe mettersi di traverso al suo cammino.

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Un uomo vero

Raggiunti i 60 anni, festeggiati come sempre con una festa senza pari, Charlie scopre tuttavia che la sua vita da king of the hill sta per giungere al termine: la banca che ha foraggiato il suo impero ha deciso di rientrare del suo investimento. O meglio, del prestito erogato, un debito di quasi un miliardo di dollari che ora costringe Charlie a intraprendere una battaglia legale ed economica che ha in palio non solo la sua società, ma la sua intera esistenza.

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Battute da businessman anni ’80, mosse spregiudicate e situazioni tese sono le armi utilizzate da Crocker e dal suo entourage, che si ritrovano non solo a fronteggiare un impiegato bancario particolarmente tenace e ostico, ma anche a dover accettare che anni di condotte piratesche e immorali stanno presentando un conto salato.

Non stupisce ritrovare dietro Un uomo vero David E. Kelley, uno dei numi della serialità americana contemporanea. Grazie al suo trascorso da legale, Kelley si è imposto come uno degli scrittori più attenti nella creazione di legal drama di successo (Ally McBeal, The Practice, Boston Legal), creando una distintiva sintesi tra la dimensione legale e lo sviluppo di trame e personaggi.

Le origini (e al fine) del denaro

Per Un uomo vero, Kelley ha lavorato sul romanzo A Man in Full di Tom Wolfe, adattandolo in modo da creare una figura di businessman senza scrupoli che fosse contemporaneo nella sua parabola discendente e specchio di una cultura socio-economico morente. Complice l’ottima interpretazione di un Jeff Daniels impagabile, Charlie Croker diventa il simbolo di un meccanismo opprimente in cui il denaro è un’arma, capace di macinare e rovinare personae e famiglia.

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Un ritratto dissacrante del money power americano tinto di sarcasmo e cinisimo, non rivolto alle fasce più basse della popolazione, bensì quasi un contrappasso narrativo che mostra la caduta di un uomo che incarna il mito venefico del self made man. Kelley non si pone sulla scia di cult come The Wolf of Wall Street o di serie del calibro di Succession e Billions, con la sua miniserie vuole mettere sotto la lente del suo sarcastico microscopio una mentalità guerrafondaia e supponente, tipica di una generazione di squali della finanza che, incapaci di comprendere il cambiamento della società, rischiano di rimanere vittime del loro stesso sistema.

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Un pericolo che si estende anche a tutti coloro che li circondano, che rimangono ammaliati dal loro potere e non esitano ad appellarsi ad esso, all’occorrenza. Un uomo vero non lesina critiche anche a queste figure di contorno, lascia che il magnetismo distruttivo di Crocker, anche quando animato da sincero affetto per i suoi sottoposti, diventi un’arma moralmente ambigua che conduce a una serie di compromessi morali difficilmente gestibili.

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Questo forsennato meccanismo di vite intrecciate e meschini giochi di potere e vendette è il vero punto a favore di una miniserie che intrattiene, poggiando principalmente sulla recitazione furiosa e stanca di un Jeff Daniels impeccabile, che pare essersi goduto ogni minuto in cui ha indossato questa maschera di urla, egocentrismo e disperazione. Charlie Crocker è il perno di un ecosistema sociale di cui si pone come vertice, scoprendo lentamente quanto la sua percezione del potere sia falsata da un ego smisurato, costretto ora ad accettare nuove regole del gioco.

Perché vedere Un uomo vero

Un uomo vero trova in questa presa di coscienza la sua essenza, muovendosi con un certo compiacimento su ironia dissacrante e sprazzi di umanità, tanto che lo spettatore rimane con il dubbio se odiare Charlie per il suo approccio ego riferito o parteggiare per l’uomo, empatizzando con il suo senso di fallimento. Una costruzione narrativa che, volendo cogliere un difetto, non premia a sufficienza il ruolo delle figure femminili, che rimangono relegate troppo spesso a ruoli di secondo piano, mancando di venire presentate come colonne a sostegno di uomini fragili mascherati da titani indistruttibili.

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Un Uomo vero non viene premiato solo dalla scrittura di Kelley, ma trova una felice interpretazione registica grazie a due nomi del calibro di Regina King, che firma i due estremi della serie, e Thomas Schlamme, che invece opera maggiormente nel cuore della serie. Due approcci stilistici diversi, che riescono comunque a creare una sinergia che rende palpabile e coesa l’epopea di Charlie Crocker.

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Il risultato è una miserie che punta a scavare in un tratto già esplorato della società americana, cercando un approccio meno glorificato e più ristretto, affrontandone le pecche da diverse prospettive. Un uomo vero intrattiene grazie essenzialmente alla caratterizzazione di Jeff Daniels, che attira lo spettatore con questa sua natura graffiante, che aiuta a mascherare alcune piccole pecche di un storia molto americana.

Commento

cpop.it

75

Un uomo vero è una miserie che punta a scavare in un tratto già esplorato della società americana, cercando un approccio meno glorificato e più ristretto, affrontandone le pecche da diverse prospettive. Un uomo vero intrattiene grazie essenzialmente alla caratterizzazione di Jeff Daniels, che attira lo spettatore con questa sua natura graffiante, che aiuta a mascherare alcune piccole pecche di un storia molto americana.

Pro

  • Trama non innovativa ma ben strutturata
  • Jeff Daniels in gran forma
  • Colonna sonora ben inserita

Contro

  • Alcuni passaggi troppo forzati
  • Poco risalto alle figure femminili
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