Freud è la serie più popolare su Netflix ma vale la visione? I pro e i contro della prima stagione

Autore: Elisa Giudici ,

Per essere una serie dedicata al padre della psicoanalisi, Freud soffre di un curioso disturbo dissociativo. Il suo protagonista putativo è infatti il giovane dottore che fonderà la psicoanalisi, figura controversa e ammirata, centrale per scrivere il destino dell'Europa e del mondo (interiore) nel Novecento. Di subconscio, totem e tabù però nella prima stagione della serie Netflix più chiacchierata di queste ore si parla raramente e in maniera così approssimativa e confusa che forse sarebbe proprio evitare proprio di farlo del tutto. Anzi, nelle sue fasi avanzate il bisogno di ricollegare qualche comodo la narrazione alla biografia ufficiale di Freud appesantisce la serie e la rende ancora più involuta di quanto già non sia. 

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Le radici di Freud vanno cercate altrove, laddove più o meno coscientemente (e colpevolmente) pesca a piena mani da successi televisivi più o meno conclamati degli anni passati per creare il suo immaginario visivo e narrativo. Il primo paragone inevitabile è quello con Penny Dreadful, coeva sia per atmosfere e costumi. Là avevamo la Londra del 1891, qui la Vienna decadente del 1886. Nelle sue fasi iniziali, quando ancora la trama orizzontale non ha preso il sopravvento e il giovane Freud affronta il caso (clinico) della settimana con l'amico Arthur Schnitzler, pesca a piene mani da L'alienista, una serie forse non popolarissima ma capace di sfruttare al meglio lo spunto iniziale e i suoi ottimi attori. Per fotografia oscura e scelte visive (vedi soprattutto la sigla introduttiva) vorrebbe essere oscura e iconica Hannibal

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Il giovane Freud nel suo studio viennese
Robert Finster interpreta un giovane Freud dai metodi ancora rozzi

Purtroppo per noi e per lui, lo showrunner e regista di tutti gli episodi di Freud Marvin Kren non è né un nuovo John Logan né un secondo Bryan Fuller. È anche in ottima compagnia: l'attore protagonista Robert Finster e la sua controparte femminile Ella Rumpf se la cavano, ma mancano del talento e del carisma di fuoriclasse come Daniel Brühl ed Eva Green. Insomma, Freud è uno show che ha l'imitazione di prodotti migliori (e con molte più risorse) come presupposto. Lo show (o forse Netflix stessa) spera che fondendo insieme parti differenti di show con la stessa atmosfera ne esca una creatura altrettanto riuscita. Il risultato finale invece, seppur con qualche momento memorabile, evidenzia la natura frammentaria e il vagare senza direzione dell'operazione. 

I dolori del giovane Freud

Al creatore e regista della serie Marvin Kren bisogna rimprovevare di aver scomodato una figura storica (e scientifica) come Sigmund Freud per catapultarla in una storia che via via prende i toni dark del sovrannaturale e del fantastico, con tanto di demoni e creature misteriose. Tuttavia è lo stesso successo di Freud a testimoniare come tirare in ballo il padre della psicoanalisi paghi (e molto). In quanti avranno cliccato "guarda" sul primo episodio attirati dal titolo della serie? A ben vedere anche lo sceneggiatore John Logan aveva seguito lo stesso esempio in Penny Dreadful. La serie scomodava personaggi classici come Dorian Grey, ma alla fine aveva come sua cardine uno studio femminile originale come la medium Vanessa Ives di Eva Green. 

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Elle Rumpf è Fleur Salomé in una scena di possessione
Elle Rumpf è Fleur Salomé, un personaggio ricalcato su quello di Eva Green in Penny Dreadful

Non si può che pensare a Vanessa di fronte alla Fleur di Ella Rumpf, forse la scopiazzatura più evidente dell'intera serie. Già piazzare una figura esoterica come una medium al fianco di Freud è un bell'azzardo (nonostante sia basato su una vera amica dello psicanalista), ma a volte sono proprio queste scelte ricche di contrasto che pagano. In Freud invece il personaggio di Fleur, giovane esule ungherese dal passato traumatico cresciuta da una contessa pronta a servirsi di lei, promette molto ma mantiene poco. Spiace in primis per l'attrice, che nelle fasi più avanzate della serie è impegnata sul set in passaggi davvero complessi, tra nudi integrali (di cui Freud è ricco, quasi in contrasto con la svolta più teen del prodotti americani di Netflix) e scene di gusto horror. 

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Proprio in queste sequenze Freud incappa nella sua debolezza più grave e duplice. Da una parte vede la scarsa resa dei passaggi legati a stregoneria ed esoterismo strettamente legata al budget risicato della serie. O forse mal utilizzato? Di certo per lo standard europeo Freud ricrea una ricostruzione storica abbastanza complessa e articolata. La fotografia oscura di Freud qua e là richiama Hannibal, una serie che ha fatto scuola con le sue visioni da incubo. Quel titolo però costava qualcosa come 1 milione di dollari ad episodio e non si superavano mai i 40 minuti di durata. Qui le puntate hanno più minutaggio e sono realizzate da uno staff tecnico che non ha l'estro (e probabilmente nemmeno l'esperienza) di un Guillermo Navarro, tanto che la svolta horror rischia spesso di scadere nel ridicolo. 

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Freud e Fleur nella vasca da bagno in una scena della serie Netflix
Freud ha dalla sua un taglio esplicito e adulto che poche serie Netflix possono vantare


La seconda grave debolezza è che la serie ha una direzione confusa. Freud infatti si apre con un piglio abbastanza realistico, persino storico. Troviamo il giovane Freud diviso tra le tradizioni ebraiche della sua famiglia che maltollera e le discriminazioni antisemite tra gli specializzandi dell'ospedale psichiatrico in cui lavora, sperimentando i rudimenti dell'ipnosi. Il fatale incontro con la medium Fleur lo metterà sulle tracce di qualcuno che sembra conoscere meglio di lui le tecniche per ipnotizzare e manipolare le persone contro la loro volontà. 

Le debolezze di Freud: psicoanalisi, esoterismo o semplice confusione

La parola chiave è Tàltos, presenza sospesa tra dissociazione della personalità e spirito demoniaco della tradizione folkloristica ungherese. La serie però non riesce a decidersi, rimanendo sospesa tra storia e paranormale, senza però esprimere con chiarezza la propria ambiguità. Non giova poi il fatto che il contenuto teorico degli studi di Freud è spiegato per lo più nella opening cangiante e nel titolo dei singoli episodi. Di conseguenza allo spettatore senza basilari nozioni freudiane il passaggio nel territorio sovrannaturale sembrerà un dato di fatto. 

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Forse avrebbe giovato alla serie mettere in chiaro fin da subito la sua natura di "versione alternativa", persa nelle pieghe del tempo della gioventù professionale del caro e vecchio Sigmund, i cui iconici sigari e flaconcini di cocaina vengono utilizzati con sin troppo entusiasmo dalla serie. In un prodotto che s'intitola Freud di Sigmund ne troviamo a conti fatti pochissimo: sia di quello ufficiale che della versione dark e alternativa. Se vi aspettate un prodotto biografico preciso, rimarrete delusi, ma anche se cercate un prodotto tra il gotico e l'horror potreste rimanere insoddisfatti. 

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L'ispettore Kiss sul campo di battaglia in una scena di Freud
Spesso sono i personaggi secondari come Kiss a rubare la scena in Freud

La serie ha comunque dei punti di forza innegabili, a partire da quel taglio europeo che consente di affrontare tematiche adulte e controverse senza addolcire i toni. Freud mette in scena alcune perversioni e feticismi da manuale senza facili moralismi e mostrandone fino in fondo i risultati diabolici. Il ritratto di una Vienna decadente e corrotta risulta abbastanza affascinante, anche se talvolta sono i personaggi comprimari a risultare più complessi e potenti, come per esempio il tormentato ispettore Alfred Kiss (interpretato da un ottimo George Friedrich, che finisce per rubare la scena a tutti). Sono a sorpresa figure storiche di contorno come il kaiser Francesco Giuseppe e il debole figlio Rodolfo a regalare alcuni del momenti migliori della serie. Invece i protagonisti putativi delal storia Freud e Fleur sono incastrati in un puzzle che deve restituire un ritratto storico senza perdere il contatto con la dimensione horror:vil risultato è che le loro storie sono confuse e spesso poco interessanti. 

Freud, tra omaggi e scompiazzature

Tutto sommato, la prima stagione di Freud si lascia guardare, con dei cali importanti di tensione e qualità nel quinto episodio (stroncato da alcune risoluzioni affrettante e incoerenti) e nel settimo, dove il momento di massima tensione della storia si ammoscia in fretta. 

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Freud tenta l'ipnosi su una donna
Un discorso interessante ma poco riuscito in Freud è come l'ipnosi sia

La curiosità di vedere come ne uscirà Freud porta alla fine della prima stagione senza troppi intoppi, ma anche un periodo di quarantena come questo, considerando il tempo richiesto per la visione, è consigliabile dare priorità a quei titoli a cui la serie austriaca attinge a piene mani: Penny Dreadful, Hannibal, L'alienista e il film Under The Skin, ormai punto di riferimento innegabile e ineludibile per il cinema e la TV che esplorano l'inconscio e il sogno. Allo spettatore genuinamente interessato alla figura di Freud consiglio piuttosto il film imperfetto ma più calzante dal punto di vista biografico intitolato A Dangerous Method, diretto da David Cronenberg. Se invece la curiosità è legata alla natura europea della produzione, anche in questo caso c'è chi ha fatto di (molto) meglio. Meglio lasciar perdere la serie austriaca e dedicarsi al prodotto dei cugini tedeschi Dark

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Se invece la vostra speranza è quella di un retelling non troppo raffinato e con qualche spunto horror della versione ufficiale, in stile Dracula Untold e Victor: La storia segreta del dottor Frankenstein, allora forse è il prodotto che fa per voi. 

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Freud è disponibile su Netflix dal 23 marzo 2020.

Commento

Voto di Cpop

55
Sospeso (e confuso) tra realtà storica e fascinazioni horror, Freud non riesce mai ad affrancarsi dai modelli televisivi a cui s'ispira scopiazzandoli: c'è del buono, ma meglio vedere altro.

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