Amy Adams non dovrebbe sprecare il suo tempo in film come La donna alla finestra

Amy Adams, Gary Oldman e Joe Wright sono grandi professionisti, ma hanno per le mani una storia ordinaria, che non si merita un simile sforzo produttivo. La recensione di La donna alla finestra.

Autore: Elisa Giudici ,

La donna alla finestra non è un film così brutto da essere irredimibile. Se avete voglia di un thriller costruito attorno a colpi di scena frequenti e a una protagonista inaffidabile, con la sua durata ampiamente sotto le due ore è un possibile candidato per passare una serata davanti alla TV di casa. C'è di meglio nel catalogo di Netflix in campo thriller? Certo, ma se l'incipit della storia vi incuriosisce una chance gliela si può dedicare, soprattutto se siete alla ricerca di una visione di tensione ma non troppo impegnativa, a livello narrativo ed emotivo.

Se però a renderlo interessante per voi è la presenza di un'attrice dotata come Amy Adams, di un Gary Oldman nel ruolo del presunto assassino o la regia di un cineasta raffinato come Joe Wright, desistete: la loro presenza è uno specchietto per le allodole. Il film non è in grado di sfruttare le risorse umane e finanziare che ha a disposizione, forse proprio a causa di una trama ordinaria e senza elementi sorprendenti o memorabili.

Di cosa parla La donna alla finestra

Tratto dall'omonimo romanzo best seller del 2018 di A. J. Finn, La donna alla finestra s'inserisce in un filone del genere thriller avviato dal successo - letterario e filmico - di Gone Girl. A. J. Finn però non è Gillian Flynn: la disparità qualitativa tra i due romanzi si riflette inevitabilmente sui rispettivi adattamenti, così com'era successo per il mediocre La ragazza del treno.

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La donna alla finestra di A.J. Finn

La donna alla finestra di A.J. Finn

La caratteristica principale di questi romanzi è di avere come voce narrante una donna inaffidabile, tutt'altro che rassicurante come essere umano. Un'adulta che si ritrova invischiata in un crimine di cui il lettore e lo spettatore non è sicuro sia del tutto estranea.

In La donna alla finestra Anna (Amy Adams) vive in un palazzo malmesso di sua proprietà a New York e non può lasciarlo: la donna infatti soffre di una grave forma di agorafobia, la paura paralizzante di trovarsi in spazi aperti. Anna è in cura da uno psichiatra ma non segue le sue prescrizioni, bevendo vino rosso insieme ai psicofarmaci che le vengono prescritti e stando sveglia fino a tarda notte a guardare vecchi film classici di Hollywood (un sfizioso easter egg).

Per passare il tempo spia i vicini del palazzo di fronte, godendo di un'ottima visuale dalle proprie finestre sui loro appartamenti e vite. La donna alla finestra si svolge nel corso di una settimana frenetica in cui Anna pensa di essere stata testimone di un delitto consumatosi nell'appartamento di fronte al suo, dove si sono trasferiti i Russell, i nuovi, misteriosi vicini. Dato il suo stato psicologico e la mancanza di un cadavere, nessun agente della polizia le crede.

Netflix
Anna osserva preoccupata fuori dalla finestra
È la trama del romanzo da cui è tratto il film a mancare di spunti interessanti

Anna quindi comincerà ad indagare per conto suo, facendo luce sui segreti del capofamiglia Alistair (Gary Oldman) su quelli del suo affittuario David (Wyatt Russell) e affrontando anche le zone oscure della propria vita.

La finestra di fronte: un modello irraggiungibile

Quando si parla di spioni dalla finestra di casa in campo filmico, è impossibile non pensare a La finestra di fronte di Alfred Hitchcock, un vero e proprio classico, considerato da molti un capolavoro thriller.

Il regista Joe Wright lo sa, cita sin dall'apertura quel riferimento inevitabile e tenta a modo suo di farne una versione moderna. A mancare però è la materia prima. La mia impressione è che il romanzo di A. J. Finn sia così approssimativo da impedire al film di sviluppare una qualsiasi fonte d'interesse al di là della blanda curiosità di scoprire cosa sia successo.

A New York sono vietate le tende? Non credo. Perché dunque i vicini di Anna si comportano da tendofobici e non ne utilizzano nemmeno una, ben sapendo che lei li spia costantemente? Nel classico di Hitchcock la questione viene affrontata in maniera veloce, efficace: c'è un caldo record in città e tutti sono costretti a tenere le finestre aperte per far passare l'aria. In questo film no, così come tanti altri piccoli dettagli che ne evidenziano la fattura grossolana a livello narrativo.

Netflix
Amy Adams nei panni di Anna scosta una tenda
Amy Adams dà una buona performance, ma non ha granché su cui lavorare

La donna alla finestra manca di raffinatezza nella costruzione e di qualcosa d'incisivo da dire, così come il suo predecessore La ragazza del treno. L'amore bugiardo aveva dalla sua un grande regista come David Fincher, un'ottima interprete come Rosamund Pike, ma soprattutto una storia dalla sottile carica sovversiva. Il colpo di scena era frutto della volontà di denunciare un sopruso silenzioso spacciato come una situazione normale.

Un altro riempitivo di lusso

Amy Adams in questo film e la povera Emily Blunt in La ragazza del treno si ritrovano invece alle prese con personaggi costruiti per essere inaffidabili, con la più banale delle trovate narrative: l'alcolismo. Le morti di cui sono testimoni sono prevedibili nella loro costruzione, mentre l'intera storia sa di meccanico. La vicenda si regge su un mistero che dura quel tanto che basta per tenere lo spettatore sul divano o in sala per un paio di ore. Non mira a lasciargli nulla all'uscita, né a intrattenerlo nel mentre.

Se il coinvolgimento di Joe Wright sembra dovuto a una sorta di espiazione relativa ai suoi recenti insuccessi cinematografici (Pan - Viaggio sull'isola che non c'è e Anna Karenina), Amy Adams e Gary Oldman potrebbero trovare progetti più interessanti altrove. Specialmente quest'ultimo, che nel film è poco più di una comparsa.

Amy Adams e Joe Wright sul set
Senza grandi attori gli spettatori non si interessano a progetti mediocri...ed è giusto così

Chi si impegna di più è proprio Wright, che tenta qua e là citazioni a Hitchcock, ad Argento e Fincher stesso (quello di Panic Room), osa qualche approccio da film horror di seconda fascia. Nella seconda metà della pellicola anche lui si arrende alla banalità di quel che ha per le mani, dirigendo ogni scena proprio come ci si aspetta da un thriller di seconda fascia. Progetti come questo sono un'ottima occasione per cineasti e attori che si stanno facendo le ossa, per farsi notare. Il problema è che senza il richiamo del grande nome in cartellone, è improbabile che le persone s'interessino agli stessi, a causa della loro pochezza narrativa. La donna alla finestra è dunque un riempitivo per il catalogo Netflix, l'ennesimo con un cast e un regista di lusso.

La soluzione sarebbe puntare sempre su film con un maggiore potenziale, come per esempio un I Care a Lot. Se non avete ancora visto questo thriller su Amazon Prime Video, ve lo consiglio come alternativa a La donna alla finestra, che avrebbe fatto bene a rimanere un semplice libro.

Commento

Voto di Cpop

55
Senza il traino di grandi attori e di un buon regista, film dalla trama mediocre questo come questo non verrebbero notati dal pubblico...ma è giusto sprecare tanto potenziale in meri riempitivi?

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