No Time To Die, le pagelle: cosa funziona (e cosa no) nell'ultimo James Bond di Daniel Craig

Autore: Elisa Giudici ,

Con No Time To Die si chiude un’era della saga di James Bond, sotto molti punti di vista. Oltre all’addio a un interprete amatissimo come Daniel Craig, il venticinquesimo - travagliatissimo - titolo del franchise di James Bond segna la fine della storica collaborazione con lo studio MGM. Amazon Studios ha acquisito il celebre studio “con il leone ruggente” e il prossimo film di 007 potrebbe non aprirsi con questo iconico logo. 

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Che prima o poi vedremo il ventiseiesimo film di 007 è fuori di dubbio: la solita scritta “James Bond tornerà” alla fine dei titoli di coda rassicura in merito. Quel che è certo è che con l’addio di Daniel Craig si è davvero chiusa un’era per uno dei più prolifici e longevi franchise cinematografici di sempre. È inevitabile quindi tracciare un bilancio di questo film spartiacque: No Time To Die è un buon film di Bond? Come pellicola è all’altezza di chiudere un’era rivelatasi così cruciale per le sorti dell’agente segreto cinematografico più famoso di sempre? Ora che è trascorso qualche tempo dall’uscita (e abbiamo scoperto come si è chiusa l’avventura di Craig nei panni di Bond) è ora di tracciare un bilancio. 

Prima di cominciare, un’avvertenza: non proseguite la lettura se non avete visto No Time To Die perché le pagelle conterranno anticipazioni importanti dalla trama del film. 

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No Time To Die: promossi e bocciati 

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Daniel Craig 

Promosso, senza riserve. Vedendo su grande schermo concentrato e commosso è difficile immaginare quanto sia stato recalcitrante a rivestire i panni di Bond per la quinta volta. Dopo mesi di corteggiamento e suppliche, convinto da un cachet stratosferico, Craig si è dedicato anima e corpo al film, nonostante infortuni e pandemie abbiano reso difficile la lavorazione e la promozione di questa pellicola.

Nei momenti di stanca, No Time To Die si regge completamente sulla sua performance e sul legame che il pubblico ha sviluppato con la sua versione di Bond, capace persino di regge il confronto con la storica incarnazione di Sean Connery. No Time To Die è nei fatti un’enorme festa di pensionamento di Craig dal ruolo, che può giocare la carta dell’emozione e della commozione perché Craig ha la statura attoriale per consentire questa mossa. 

Universal
Un primo piano di Craig in No Time To Die
Daniel Craig è il cuore emozionale del film

Show hidden content Il finale lo porta laddove nessun interprete di Bond era riuscito ad arrivare: la morte del suo Bond probabilmente è una clausola per evitare ripensamenti dal parte della produzione, ma anche un attestato dell’enorme impatto che il suo James ha avuto sull’immaginario collettivo. 

Cary Fukunaga

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Promosso, con riserva. Il vero innovatore dell’era Daniel Craig dal punto di vista registico è stato Sam Mendes. Prima della sua discesa il campo (e dello splendido Skyfall) il dubbio che i film di 007 potessero essere buoni film tout-court aveva sfiorato il pubblico poche volte. In epoca recente, Mendes è stato l’unico grande regista di levatura autoriale ad accettare la sfida con un franchise tanto commerciale, non “abbassando” il livello del proprio lavoro, ma alzando la qualità generale e l’ambizione del prodotto finale. 

Dopo il suo addio non si poteva tornare a un onesto mestierante, specie con un Daniel Craig così scettico da convincere. Cary Fukunaga ha confermato quindi il suo ruolo di supplente di lusso dei grandi registi in progetti scomodi. Sviluppato in condizioni tutt’altro che favorevoli, il suo No Time To Die presenta un’ottima regia, con una fotografia elegantissima e soluzioni stilistiche di alto profilo. 

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Cary Fukunaga e Rami Malek sul set di No Time To Die
Cary Fukunaga è un

A Cary Fukunaga però continua a mancare un elemento cruciale: la personalità. Il suo stile, mimetico e sobrio, è perfetto per subentrare ad altri, ma fa davvero poco per lanciare la sua carriera e le sue ambizioni. In questo Bond fa tutto bene, tranne farsi un po’ di pubblicità e farsi riconoscere e amare dal pubblico. 

Le Bond Girl 

Due bocciate e una promossa a pieni voti. La Madeleine Swann di Léa Seydoux parte dal presupposto erroneo che il pubblico si sia affezionato a lei nel precedente, caotico Spectre. Da parte degli spettatori è difficile capire perché Bond sia disposto a rischiare tanto per una donna così algida e a tratti incolore, che l’attrice francese sembra sempre interpretare col broncio. Il confronto diretto con il fantasma della Vesper di Eva Green è impietoso.

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Lashana Lynch è Nomi in No Time To Die
Difficile entusiasmarsi per un personaggio privo d'ironia e difetti come Nomi

Difficile entusiasmarsi anche per Lashana Lynch nei panni di Nomi, la nuova 007 all’interno del MI6. Come personaggio soffre di un limite riscontrato più volte in ruoli “riparativi” in cui una donna non caucasica va a misurarsi con un precedente maschile e bianco. Nomi è efficiente, infallibile, senza macchia e senza ironia. Una serie senza fine di pregi che la rendono mortalmente noiosa. 

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Chi invece ha saputo sfruttare al meglio un personaggio autenticamente bondiano e freschissimo è Ana De Armas con la sua Paloma. Appare per una manciata di minuti nel film ma è tutto quello che lo spettatore di Bond vuole: una donna tanto bella quanto ironica, brillante ma con le sue debolezze, che mostra un’ottima chimica con l’agente doppio zero e non si prende troppo sul serio. Chi chiede a gran voce uno spin-off a lei dedicato non ha tutti i torti.

I cattivi 

Un disastro: il vero punto debole di questo venticinquesimo Bond. Per quanto Christoph Waltz si sforzi, il suo Ernst Stavro Blofeld è un personaggio dalle pretese assurde (unire film slegati tra loro in un’unica, grande cospirazione) e che al suo interprete non fornisce granché con cui lavorare. Almeno No Time To Die riconosce questo passo falso e si affretta a chiudere questa parentesi. 

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Rami Malek nei panni del perfido Safin
Rami Malek in No Time To Die dà una delle sue interpretazioni peggiori

Non ci sono invece scusanti per il Lyutsifer Safin di Rami Malek. Il suo arco narrativo in No Time To Die è pieno di falle e incongruenze (chi non è rimasto stupito nel vederlo lasciare andare Mathilde dopo averla rapita senza alcun motivo in particolare?) e l’interprete lo incarna in maniera artificiosa e melodrammatica, eccessiva anche per un contesto sopra le righe come un film bondiano. 

I personaggi del MI6

Squadra che vince non si cambia. Tanner, Moneypenny, M e soprattutto Q ormai vanno con il pilota automatico, capaci di essere incisivi e divertenti anche con un pugno di battute e qualche minuto di scene a disposizione.  Tutti promossi, ma Ben Wishaw con una nota di merito: nella seconda parte è la sua chimica con Craig e la sua verve ad aiutare il film ad uscire a testa alta dalle tante lungaggini di trama.

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Q in No Time To Die
Ben Wishaw è stato per cinque film la spalla perfetta per Daniel Craig

Gli interpreti legati ai ruoli del MI6 come gruppo sono un grande traguardo dell’era bondiana di Daniel Craig. Tanto che c’è chi spera che non vengano pensionati nel capitolo successivo del franchise. 

Le location 

Curiosa la scelta di questo venticinquesimo film di 007 di non includere una scritta in sovrimpressione per presentare allo spettatore le location in giro per il globo in cui si sviluppa la trama di No Time To Die. Forse la volontà era quella di non "esoticizzare" gli scenari da sogno in cui si muovono Bond, Madeleine e gli altri? In qualche caso però (vedi la splendida distesa innevata norvegese della sequenza iniziale) qualche riferimento in più avrebbe fatto piacere. 

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Matera in No Time To Die
Matera esce da No Time To Die come una delle location più affascinanti e carismatiche

Campanilismo a parte, ad uscirne vincitrice è soprattutto Matera, la città dei sassi dove si svolge l'attentato a James Bond. L'approccio è quello un po' stereotipato tipico degli scenari italiani della saga, con tanto di processione per le vie del paese e gregge di pecore. L'effetto cartolina è insomma assicurato, ma il Bond di Craig ha rivelato una predilezione per il Bel Paese. Matera è una cittadina molto utilizzata in ambito cinematografico, ma raramente con l'allure glamour e pericolosa di questo Bond. È anche una location sorprendente ma efficace per le riprese action più adrenaliniche di questo capitolo. 

La canzone No Time To Die

Con il brano dei titoli di testa di questo Bond, il duo formato da Billie Eilish e dal fratello Finneas O’Connell ha dimostrato ancora una volta di avere la professionalità e il tocco da consumati veterani. No Time To Die è la perfetta canzone dallo stile e dagli eco bondiani, splendidamente inserita nel flusso creativo molto innovativo della cantante statunitense. 

Il brano è perfetto per l’atmosfera del film, ma non sa di naftalina. Promosso e a pieni voti: le interpretazioni live date dalla cantante dimostrano anche il suo grande talento sul palcoscenico. È stata un’ottima decisione affidarle il compito di musicare i titoli di testa di questo Bond. 

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